Lividi

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Mentre salgo le scale di ferro penso a Nikita. Nikita che non si lascia toccare da me. Che approfitta di me mentre sto dormendo. Penso al diario, a come tirarlo fuori dal cemento. Quando giro la chiave nella serratura, la musica, forte, mi travolge come un maremoto. I Deftones, a volume altissimo. 

Non c'è nessuno in cucina. 

Richiudo piano la porta. Cammino con passi leggeri. Non serve, la musica coprirebbe anche un carrarmato. Dalla porta socchiusa li vedo: Rebecca e Samuele, avvinghiati sul letto. Lui che la penetra. Lei con la testa buttata all'indietro, fuori dal letto. Con le mani che stringono le mie lenzuola. Li vedo brillare madidi. Non riesco ad andarmene. Resto a fissarli. Se li consumo con gli occhi magari scompaiono. Lo penso, ma non accade. C'è una bottiglia di Whisky che ha scordato Nikita, sembra chiamarmi dal ripiano alla mia sinistra. Sorseggio il liquore caldo, mentre guardo mio fratello scoparsi Rebecca. 

Sono grata all'alcool. 

Il popcorn non sarebbe stato all'altezza dello spettacolo. La mia gola che brucia come l'inferno. Quando lui si accascia sopra di lei baciandole le labbra, scompaio. Mi infilo nell'altra stanza, mi butto sul pavimento, insieme alle scatole. Come una cosa da buttare via.

Cazzo, il male che fa.

Nikita. Rebecca. Samuele.

Sembrano il nome di lividi che mi ricoprono il corpo. Tumefazioni al livello dell'anima.

Mamma. Telemaco. Papà. Nonna.

Sono sola al mondo.

A chi potrei raccontare il male che sento? Lo ripeto piano all'interno di me. Quanta differenza c'è tra ciò che si dice e ciò che si prova. Nella stanza accanto ci sono gli effetti collaterali delle parole che ho detto a Samuele. Era la cosa migliore da fare, ma fa male lo stesso. Io e la bottiglia di whisky. Una simbiosi. Immagino comparire una bocca sul collo di vetro. Una lingua alcolica e calda leccarmi la bocca. La voce di Nikita è un'eco lontana. Non ridurti così. Qualcuno finirà per approfittarsi di te.

Che cazzo di stupida sono.

Il liquore mi va di traverso. Tossisco attenuando il rumore che fa la mia gola, nella stoffa del vestito che indosso. Tossisco sui fiori dell'abito di Natacha. Vorrei soffocare nei petali rossi. L'alcool mi esce dal naso, incendia il respiro. La vista appannata. La crisi di pianto. Altro whisky. Lo lascio scendere nello stomaco vuoto. 

Cade come la pioggia, ma invece che lenire infiamma l'esofago. Bevo finché dei pensieri non resta poltiglia. Lo schifo. Il vuoto. Vorrei dimenarmi in una stanza di gomma. Un luogo dove non esistono i suoni. Urlare senza le corde vocali. Rimbalzare sulle pareti. Smettere di sentire. Addomesticare il dolore. Avere l'anima frigida. Non sentire alcun male. 

Come quegli esseri privi della paura, incapaci di provare timore. Vorrei si rompesse qualcosa all'interno di me, impedendomi di provare tristezza. Un cuore meccanico all'interno del petto. Sentirmi tutta di metallo zincato, incapace di creare la ruggine. Mi piovono gli occhi. Ho i lampi dietro le palpebre. Non sento più l'alcool. L'hanno sostituito con l'acqua. Non brucia più niente. L'incendio si è spento. Lo ha sostituito la pioggia. Hanno sostituito il liquore con l'acqua. Portate via tutto. I colpi sul muro. La spalliera che colpisce l'intonaco. Samuele e Rebecca. Mi appoggio a quel muro, lo sento vibrare. Il loro amplesso è nel mio torace. 

Come i bassi di una traccia, li sento nello stomaco, dentro ai polmoni. 

I Deftones stuprano le mie orecchie. Samuele e Rebecca ogni altro mio senso. Avevo bisogno di trovarli seduti composti, intorno ad un tavolo. Avevo bisogno di trovarli soltanto. Sono su un altro pianeta. Dentro una bolla. Non posso nemmeno toccarli. Negli occhi ho il mio corpo che dorme. Nikita che mi tocca. Non sento più niente. Sono immagini vuote, come fogli bianchi. Forse nemmeno ci credo. Nikita che non si lascia toccare. Non capisco chi sia la persona che conosco meglio. Il mio corpo gemello, quello che ho imparato a memoria. Il corpo che volevo diventare. Quello in cui sapevo sparire.

Di cosa è composto quel corpo?

Sotto la pelle che sembra di marmo. Dietro tutto il suo bianco.

L'amore è qualcosa di diverso.

È la malattia peggiore che ci affligge.

Phantom Bride.

Phantom Bride.

Comincia piano. È dolce. Spezza il cuore.

You spend your life trapped in this void where you will stay always.

Intrappolata nel vuoto. Cammino nel vuoto. Su passi che non hanno ancoraggio. Muovo un corpo che non ha peso. Dentro di me il mostro, il delirio. Intorno alla stanza, ondeggiando. Sbattendo il mio corpo contro la musica. L'aria pullulante di suoni. Le parole sono bestie vive che affollano l'aria. Le note ossessioni. Pianti lontani di una me che non riesco a vedere. Mi cerco dietro le tende, addolorata e piangente. Quasi potessi trovarmi davvero. Sul cellulare compaiono parole, diventano doppie. Un "Ti amo" sdoppiato.

L'acquario dove dormivamo è lontano. Quella stanza dove sembravano passare i pesci rossi. Un minuscolo oceano a due posti.

Non c'è niente di puro.

Siamo fatti di ossessioni e deliri. Siamo violenti e crudeli. Deboli e stupidi. Respiriamo bugie che ci annientano quando le leggiamo al contrario. Diventano formule magiche, rivelazioni inquietanti. Incantesimi rotti.

Gli avrei lasciato fare qualsiasi cosa volesse. Invece ha voluto rubarla. Prendersi tutto, come se il corpo non fosse più il mio.

Era questo che stavamo facendo?

Smettere d'esistere?

Essere una cosa soltanto. No, non è vero. Io non l'ho mai fatto. Non mi sono mai presa qualcosa che lui non volesse darmi.

Fuori. Oltre la porta. Voglio solo crollare. Un grattacielo bombardato. Macerie sul letto. Mi schianto, accanto ai loro corpi nudi. Il letto crea onde, come se fosse il mare. Li vedo parlarmi, ma non sento le loro voci. "Rubicon" riecheggia tutto intorno a noi. E sembra che tutti stiano cantando. Resto in silenzio. La mia mano è una carezza sul volto di Rebecca. 

Le tolgo i capelli dalla fronte sudata, mandandoli indietro. Chissà se l'aveva mai immaginato, all'interno dei suoi sogni deviati. Scoparsi mio fratello mentre io la guardavo. Mi chiedo se capiti agli altri. Alle vite di tutti. O se invece, le persone normali respirino all'interno di esistenze lineari. Se amano in un modo diverso. 

Un modo più consono. 

Rebecca mi sfila di mano la bottiglia che stringo tra le dita. Sorseggia il liquido che è rimasto sul fondo. Vorrei dirle che è acqua, che qualcuno deve avercela messa. Nemmeno ci provo a sovrastare la musica. Samuele svanisce dietro un lenzuolo. 

Vorrei dirgli che ho già visto ogni cosa di lui. Non serve si copra. Non importa, va bene. Torno a guardare Rebecca. È in ginocchio sul letto. I suoi minuscoli seni, il suo pube. La osservo dal basso. La percorro con gli occhi. Chiudo le palpebre. Affogo nel buio. Il corpo di Rebecca mi schiaccia. Le sue labbra sulle mie palpebre sono monete d'argento, lasciate per attraversare l'inferno. C'è l'odore di Samuele addosso a lei. Non importa, va bene. È quello che volevo. Che lei se ne andasse. Eppure rimane. Mi schiaccia con tutto il suo peso. Mi bacia le guance, la bocca. Vorrei urlare a Samuele riprendila, vorrei soltanto dormire. Marcire nel letto. Questa stanza è il lato oscuro della Luna, quello che il sole non tocca neppure per sbaglio. Cerco la mano di Samuele sotto al lenzuolo, la stringo. Ho gli occhi che piangono chiusi. I singhiozzi li ingoia la musica. Samuele mi bacia la fronte, mi asciuga le lacrime. Ci teniamo stretti, fino a dissolverci. Il sonno ci spettina i capelli, intrecciandoli. Sono i fili del nostro destino. Garbugli. Indivisibili parti del tutto.

Mimesi (Bianco caldo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora