Neutral - Prologo

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NEUTRAL

Molti umani credono, altri dubitano, alla maggior parte non frega nulla.

Sono davvero pochi quelli che sanno.

Questo mondo nato da una particella ha sviluppato una complessità che nessuno può cogliere fino in fondo, nemmeno chi per primo è riuscito a razionalizzarlo. Il riflesso di tale molteplicità non è altro che una scomposizione in miliardi e miliardi di ulteriori sfaccettature. Un caleidoscopio infinito di possibilità. Tanti inizi e tanti finali e mille e più ragioni da comprendere o, semplicemente, da accettare.

È un continuo divorarsi e restituirsi e noi – e loro – siamo solo un aspetto, per quanto, lo ammetto, un aspetto abbastanza significativo.

Lui è la perfezione. Lui è ciò che temo e che desidero. È il mio tormento e la mia beatitudine. Il bianco puro, la luce, lo splendore crudele che divora la mia essenza immortale.

Nei secoli dei secoli.



Il Neutral aveva luci bianche con rifrazioni violette incastrate nel soffitto alto, un bancone lucido di mogano scuro con sgabelli senza schienale e le pareti nere arabescate di cornici floreali dipinte a rilievo con stuccature dorate. Tre sale, una che doveva essere prenotata e da cui non trapelava suono, la più grande aveva tavolini e sedie nello stesso stile del bancone e alcuni sparuti divani in velluto color crema. Pochi altri arredi comprendevano una vetrina con dolci e l'enorme scaffalatura dei liquori, i recipienti di frutta, i bicchieri per il whisky, i flute per i vini, i boccali per le birre, le coppe per le bevande meno conosciute.

La musica era lieve, e tracciava sempre un ritmo pacato, pieno di note tiepide a malapena definibili, davvero gradevole.

I clienti, beh, quelli erano mutevoli e pur sempre numerosi.

Il Neutral era un locale dall'aspetto elegante e curato e in cui non era permesso litigare, al massimo si potevano lanciare occhiatacce o fare battute sarcastiche. In fin dei conti nessuno voleva davvero trasgredire quella regola, perché il Neutral era l'unico luogo dove angeli e diavoli potevano ritrovarsi, parlare, bere insieme e persino corteggiarsi.

Andras amava quel luogo, forse tanto quanto lo odiava. Prima che venisse istituito la sua esistenza era più semplice, ugualmente dolorosa, ma in qualche modo gestibile. Ora tutto era un alternarsi tra desideri tossici e fuggevoli, meravigliosi assaggi di paradiso.

A volte si chiedeva se valesse lo stesso anche per altri, non che questo cambiasse la sua situazione, ma in molti casi aveva notato sguardi eloquenti, uno sfiorarsi non troppo furtivo, la disperazione nascosta dietro i sorrisi. In fin dei conti non era poi così strano:era il perenne rincorrersi tra luce e oscurità, l'inevitabile miscelarsi del bene e del male, dove gli opposti si capovolgevano all'infinito.

Come sempre accadeva quando entrava, avvertì un leggero fremito alla nuca, come un piccolo pungolo che, per qualche istante, gli fece digrignare i denti. Dopo un paio di passi tutto tornò alla normalità e l'essenza angelica che, inevitabilmente, saturava la sala, rimase un semplice sottofondo, come un profumo stucchevole, ma al quale si faceva l'abitudine.

Prese posto al bancone, un cenno di saluto al diavolo Naberius dalla pelle d'ossidiana, seduto sullo sgabello accanto, ma il suo sguardo già vagava in cerca della figura familiare. Si accorse a malapena del bicchiere che veniva spinto verso di lui e l'aroma dolciastro del brandy appena versato.

Lo individuò praticamente subito, in linea retta sull'altro lato della sala, mollemente adagiato su una delle poltroncine alla parete,insieme ad altri della sua Cerchia, proprio sotto il grosso arabesco dorato che rappresentava un gruppo di tulipani in stile liberty,perfetta cornice per quella figura sinuosa. Era circondato da ali piumate dalle tinte acquerellate, da visi spigolosi, da lunghi capelli nelle mille sfumature auree e le pallide mani che  trattenevano flute trasparenti.

NeutralWhere stories live. Discover now