Capitolo 10

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Accelero, sterzando fino al limite il manubrio, e poi, quando tutto sembra perduto, scorgo quel verde

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Accelero, sterzando fino al limite il manubrio, e poi, quando tutto sembra perduto, scorgo quel verde. La stessa altura che mi ha accolto quando ero a pezzi e troppo giù di morale per stare con gli altri. Avevo il campo di basket e poi c'era questo magnifico posto silenzioso dove potevo gridare tutta la mia frustrazione.

Freno bruscamente, e vedo Helena scendere rapida e mettersi di fronte a me.

Trema dalla testa ai piedi ed io, in questo momento, non sono in grado di occuparmi di nessuno, persino di me stesso.

«Cosa ti è preso?» chiede, incerta della sua domanda. 

"Non chiedermi nulla, se sai che la risposta non ti piacerà." 

 Scavalco la moto e le strappo via le bottiglie dalle braccia che teneva in precario equilibrio, quando correvo come un dannato e lei, nonostante stringesse quell'alcol, mi batteva dei colpi alla schiena. Inizio a camminare seguito da lei, che non demorde. Non riesce proprio a lasciarmi andare. 

Mi accovaccio nel terreno umido e guardo le prime luci della città che si estendono in tutta la loro bellezza, anche se non sono in grado di vederla, per poterla apprezzare davvero. Sono solo luci in lontananza che non riflettono minimamente il luogo oscuro in cui mi trovo adesso. Sono proprio come il cielo che inizia a scurirsi dinanzi ai miei occhi. Inizio a stappare il tappo dalla bottiglia e la tracanno avidamente.

Privo di morale e di pensieri coerenti mi riduco ad uno straccio. Helena mi raggiunge e si siede vicino a me. Non mi tocca, non mi sfiora nemmeno ed io continuo a bere e bere. L'alcol attutirà il dolore. Mi darà la giusta attenuante per poter dimenticare tutto.

Tutto lo schifo e il casino che rappresenta la costante della mia vita. Scaglio via la bottiglia appena ingollata, facendola precipitare giù dallo strapiombo che si erge di fronte a noi. La bottiglia fa il suo percorso. Ruzzola ininterrottamente almeno fin quando, non si schianta contro un grosso sasso e si frantuma in mille pezzi.

Noi, siamo proprio come quella bottiglia di vetro. Non smettiamo mai di rotolare da quando veniamo a questo mondo. Tutto diventa una corsa inarrestabile verso il declino.

Non facciamo altro che lasciarci distruggere. L'odio per se stessi, il dolore di vivere... teniamo tutto per noi, e poi, quando arriviamo al limite ci spingiamo ad accelerare il processo delle cose. Precipitiamo cercando l'autodistruzione, sapendo che prima o poi ci schianteremo fino a ridurci in pezzi.

Guardo lo schianto, assorbendo indirettamente il dolore dell'impatto. Mi alzo malamente su, e mi scaglio contro la corteccia di un'albero.

«Fanculo! Fanculo a tutto! Dovevo ucciderlo con le mie mani solamente per quello che ci ha fatto! Doveva soffrire le pene dell'inferno quel maledetto bastardo figlio di una cagna!» Grido con voce rauca. Inizio a dar pugni immaginandomi la sua faccia. La mente scatta a ricordare mentre continuo a picchiare forte. Sento le schegge di legno che filtrano e segnano la mia pelle. 

✰03. Give Me Love ☆•A STARS TRILOGY•☆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora