Capitolo 39

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Mi torco le dita, guardando assiduamente l'orologio affisso alla parete

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Mi torco le dita, guardando assiduamente l'orologio affisso alla parete. Sono le 3.00 di notte e di lui nessuna traccia. Ho provato a chiamargli ma risponde la segreteria telefonica. Sono andata alla A Stars e nonostante voglia rimanerne fuori, constato che nessuno sa dove sia, nemmeno i suoi amici. Sono tornata indietro, cercandolo ovunque, continuando a non avere notizie di lui. Vado negli ospedali, tremando dentro da capo a piedi per le mie inesatte parvenze, che si materializzano dinanzi alla vista tremula delle figure di uomini che ritraggono una certa somiglianza d'immagine dell'uomo che amo. Mi avvicino afferrandogli il braccio con circospezione, scontrandomi con la verità che mi risolleva il morale. Mi scuso profusamente con lo sconosciuto. Il mio animo si attenua, nello scoprire con sollievo che non si tratta mai di Chad. Decido di aspettarlo da lui, magari è già lì è invece scopro con preoccupazione che non c'è. Mi giro e mi rigiro nell'appartamento. Non riuscendo più a star confinata qui dentro, vado nuovamente fuori a cercarlo, disperatamente. Prendo le chiavi e mettendomi qualcosa per coprirmi dal freddo che già, mi si ripercuote fin dentro le ossa, mi precipito fuori dalla porta. Percorro il corridoio, quando, raggiungo l'ascensore e vedo dei piedi sbucare fuori di essa. Qualcuno sta male?

Corro fino ad arrivarci e quando i miei occhi realizzano chi sia, sussulto e mi accascio preoccupata per ciò che vedo attorno e in lui. Una bottiglia di vetro rotola, tintinnando, mentre Chad con gli occhi stretti e annebbiati dall'alcol, mi guarda come per mettermi a fuoco. Realizza che forse, sono davvero io, e mi guarda come se fosse la prima volta, totalmente in adorazione per me. Lo abbraccio con trasporto, cacciando via un sospiro di sollievo. Lo sento inspirare sulla mia nuca.

«Helena?» Domanda con tono impastato di whisky, non facendo affidamento nemmeno su se stesso e dei suoi occhi offuscati. Cerca conferma nella mia voce che non si tratta di una presenza astratta, ma vuole la certezza che io sia davvero lì, reale. «Si, sono io. Che cosa ti è successo?» Sbatte le palpebre, confuso.

«Sei proprio tu?» «Si, amore mio.» Mi strattona per la mano che gli accarezza il viso e mi bacia vorace. Con l'altra mi afferra i capelli attorcigliandoli nel suo pugno, avvicinandomi al suo corpo caldo.

«Fammi dimenticare tutti i miei cazzo di problemi!» Mi tocca un seno, strizzandolo e poi, con le dita mi stimola la vulva. Gemo ma poi, riprendendomi, mi allontano. «Vieni, andiamo dentro. Ti aiuto ad alzarti.» Gli tendo le mani che lui osserva accigliato. «Perché? Non mi vuoi più?» Domanda sconvolto. Lo guardo e gli assicuro che lo desidero moltissimo ma che prima voglio occuparmi delle sue ferite, allora mi accarezza il viso dicendomi che sono buona, troppo buona per lui e che non mi merita affatto. Liquido le sue dicerie e facendomi forza gli prendo le mani tra le mie. Lo tiro su, nonostante sia troppo pesante per me e pian piano, torniamo all'appartamento zoppicando. Reggendo la chiave, apro la porta e ci catapultiamo all'interno. Lo adagio sul divano e gli raccomando di non muoversi. Il suo viso si agita. «Dove vai? Non andartene, ti prego!» Il tono agitato e convulso con cui pronuncia quelle parole, mi blocca. Sembra singhiozzare dall'agonia al solo pensarlo e leggendogli l'ansia che pervade sul suo volto così vulnerabile, mi distruggo dentro.

✰03. Give Me Love ☆•A STARS TRILOGY•☆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora