29. Quel grido che parte dal cuore - Parte III

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- TERZA PARTE -

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- TERZA PARTE -

Ancora nervosa affretto il passo, diretta alla vetta; lo svedese mi segue a fatica, non deve essere facile per lui starmi dietro. Sono talmente agitata che le mie gambe hanno preso quasi a correre, sento che sta smanettando con la cartina, non voglio guardarlo, preferisco concentrarmi sulla strada ed evitare di inciampare tra le fronde. Qui la natura è completamente selvaggia, ma è impossibile non innamorarsi di questo posto. Sarebbe bello sostare per qualche oretta, mi piacerebbe raffigurare il paesaggio in un disegno, ma tanto con Adrian di fianco a me non riuscirei comunque a dedicare le mie attenzioni ad altro, lui pare rapire totalmente i miei pensieri, la mia creatività e la cosa mi spaventa, e non poco. Non dovrei pensarlo così tanto, ma mi è impossibile non farlo.

«Sei già stata in montagna in passato?» domanda, rompendo questo silenzio snervante.

Sarei tentata di restarmene zitta, ma sono un po' stufa di fare la scontrosa con lui, vorrei tanto tornare a chiacchierare come prima.

«Diverse volte, quand'ero piccola ci andavo spesso con la mia famiglia. Una volta mi sono perfino persa!» sogghigno nostalgica, ripesando a quel giorno di tanti anni fa, quando era tutto molto più semplice e non c'erano ragazzi a scombussolarmi.

«Come hai fatto a perderti?»

«È una storia lunga...» Ho davvero voglia di condividere un altro pezzo della mia vita con lui? «Quand'ero piccola ero parecchio irrequieta, non volevo mai starmene ferma, mi annoiavo facilmente, come tutti i bambini del resto. Insomma, ero una gran rompiscatole.» Esplode in una risata goffa e nonostante non ne capisca il motivo, per un secondo mi perdo a guardare il suo sorriso: le sue labbra morbide e quella dentatura perfetta... All'improvviso percepisco una scossa che mi spinge a distogliere lo sguardo. Non posso continuare a fissarlo, è sbagliato. «Che hai da ridere?» domando ironica, tornando al discorso.

«Niente, ma adesso non sei tanto diversa da quella bambina rompiscatole.»

«Cosa vorresti dire?» chiedo fingendomi offesa, ma questa volta entrambi sappiamo che non è così, lo avrà intuito anche lui, perché non smette di sorridere, mentre io, al contrario, dovrei finirla di guardare il suo viso. Sarebbe decisamente meglio.

«Che sai essere insistente quando vuoi ed è impossibile dirti di "no".» È tornato di nuovo serio e questa cosa non mi piace.

«Essere insistente è una mia dote» rispondo tagliente.

«Lo so, e probabilmente a quest'ora non sarei qui con te e con gli altri, se tu non lo fossi stata in passato.»

«È che mi sono subito affezionata a te e non potevo abbandonarti in quel campeggio di Firenze...» confesso d'impulso e me ne pento subito dopo.

«Sembra passata una vita... comunque, finisci di raccontarmi come ti sei persa, sono curioso.»

«Sì, meglio tornare al discorso di prima; quel giorno eravamo andati in montagna per trascorrere un weekend diverso. La mamma aveva portato vari panini da preparare per un picnic sul prato. Come ti dicevo, da piccola mi annoiavo facilmente e così iniziai ad allontanarmi più volte dai miei genitori. C'era sempre qualcosa che mi attirava, prima qualche uccellino, poi qualche lucertola, insomma non riuscivo a starmene ferma, così mia madre chiese a Mya di sorvegliarmi, mentre lei preparava il pranzo...»

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