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𝑨𝒏𝒅𝒓𝒐𝒎𝒆𝒅𝒂𝒆

- Quindi ecco... Non so cosa fare - disse Jungkook, con un'espressione triste a incorniciargli il bel viso.

- Fammi capire, questo tizio, Taehyung, è un pazzo superfigo che suona il violino ad orari improponibili e ti spia senza ritegno dalla sua finestra? - domandó Hoseok. L'espressione "superfigo" proveniva tutta da quello svitato dell'amico del moro, che Jungkook non avrebbe mai avuto il coraggio di esprimersi in quella maniera.

- Ehm si -

- Mi piace questo Taehyung! - esclamó tutto sorridente il rosso, prima di alzarsi con frenesia dal letto e guardare il suo amico dall'alto.

- Mi prendi in giro, vero? -

- Non sono mai stato così serio Kookie! Certo è un personaggio strano, ma non mi sembra un cattivo ragazzo. Magari è quello che ti serve per... Uscire dal guscio, no? - domandó teneramente Hoseok, avvicinandosi al suo migliore amico totalmente perso nei suoi pensieri e seduto sulla sponda del letto.

Jungkook lo guardó costernato, non sapendo cosa aggiungere per far ribaltare la situazione in suo favore.

- Kookie lo sai che tu per me sei perfetto così, ma magari conoscere qualcuno puó farti bene, non credi? E poi cosa ci sarebbe di male? - lo skater si sedette vicino a Jungkook, cercando di impiegare la sua voce nel tono più dolce e pacato possibile.

- Lo sai qual è il problema, Hobi. Sono io il problema - sussurró desolato, indicandosi con le mani.

- Kook tu non sei il problema. Sei solo diverso, ma diverso non significa meno bello e speciale - e con quelle parole si alzó per andare verso l'immenso planetario che occupava un'intera parete della stanza di Jungkook.

- Sei esattamente come loro - disse indicando le stelle - Splendente e luminoso, a modo tuo, in mezzo al buio - Hoseok incroció le braccia e con una finta espressione seria pronunció: - E ora bussa a quella dannata porta e chiedi a Taehyung di uscire per un caffè -.

~

Jimin lavorava ininterrottamente da tre ore, nella libreria della famiglia Park. Jungkook era ormai andato via da qualche ora, lasciando il povero ragazzo a sbrigare tutto il lavoro da solo.
I due ragazzi erano colleghi da quasi un anno e mezzo, ma non si conoscevano così tanto da dichiararsi amici, che il moro era restio a dire quella parola di troppo per portare la loro relazione al livello successivo.

Era strano, ma a Jimin piaceva come persona. Era tranquillo, pacato, lavorava svolgendo bene le sue mansioni ed era sempre cordiale con i clienti.

Jimin passava il pomeriggio dentro quelle quattro mura, un lavoretto part-time, che gli dava modo di guadagnare qualche spicciolo e nel frattempo aiutare suo padre nella gestione della piccola libreria.

Si sistemó la camicia di jeans, sbuffando stanco e riempiendosi le braccia di libri e volumi presi direttamente dal magazzino per sistemarli in negozio.

Riposti i libri sui vari scaffali, si passó una mano fra i capelli rosa candito, facendo tintinnare le anelle argentate che portava alle orecchie e guardó l'orologio; mancava mezz'ora e sarebbe stato libero.

Al rosa faceva piacere aiutare il padre nella loro piccola impresa, soprattutto considerando quanto quell'uomo fosse rimasto solo dopo la morte della moglie.

A distanza di dieci anni, Doyun Park, era un uomo single e vedovo, il cui unico obiettivo era mandare avanti la piccola libreria in proprio che aveva aperto oltre vent'anni prima la madre di Jimin e amare i suoi figli, un bellissimo ragazzo dai capelli rosa e Minso, la sorella maggiore.

𝘖𝘶𝘳 𝘓𝘢𝘴𝘵 𝘋𝘶𝘦𝘵 || 𝑽𝒌𝒐𝒐𝒌 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora