-𝑫𝒆𝒏𝒆𝒃𝒐𝒍𝒂
Seokjin sapeva.
Sapeva che quella storia sarebbe finita male. Eppure, dentro di lui, pregava e implorava che la fortuna lo accompagnasse ancora per un po'.
Erano passati tre giorni da quel pomeriggio con Hwasa e da quella serata con i ragazzi.
E Seokjin per tre giorni non ci aveva decisamente capito un cazzo.
Tutte le volte che pensava a Hwasa, il suo cervello smetteva sistematicamente di funzionare.
Oppure funzionava troppo, schizzando ad una velocità stratosferica.
Ancora non aveva capito la differenza.
Certamente non era innamorato di quella donna e certamente Hwasa non era innamorata di lui. Ma gli era capitato rare, rarissime volte di instaurare una sintonia del genere.Non era amore, ma era qualcosa.
Come una profonda amicizia che si andava a perdere nei meandri del piacere del sesso, con le mani che afferravano i cuori ma con parsimonia, senza farsi concatenare a fragili promesse d'amore.
Ma ora c'era qualcosa di più importante a cui pensare in quel momento.
Seokjin bussó alla porta di fronte a lui, le mani in tasca perché non sapeva che farne, e un malcelato nervosismo a incastrargli le parole in gola.
Quando Hwasa aprì la porta, sollevó lo sguardo. Era bella, bella come sempre. Un grande sorriso aperto sulla bocca, i capelli scuri raccolti in una coda.- Ciao Seokjin, entra - mormoró la donna, scostandosi da parte per farlo passare.
- Con permesso - Seokjin non sapeva bene cosa fare, dove mettere le mani, dove posare lo sguardo. Era passato tanto tempo dall'ultima volta che era entrato nella casa di una donna che non aveva l'unica intenzione di portarsi a letto.
- Fa finta di essere a casa tua - continuó Hwasa dolcemente. Gli fece strada, mostrandogli il piccolo salotto che dava subito sull'ingresso. Le pareti color cobalto si sposavano perfettamente con l'aria vissuta e tremendamente vintage che esalava ogni oggetto della stanza. Riproduzioni delle opere di Dalì e de Chirico appese alle pareti o appoggiate per terra, centinaia di volumi accatastati sul tavolino e sulle mensole in legno e ancora, la poltroncina e il divano in pelle che avevano l'idea di essere batuffoli di nuvole tanto erano imbottiti.- Accomodati - Seokjin si sedette, sprofondando nella poltrona.
- Come stai? - le chiese, una sincera domanda che necessitava di un'altrettanta sincera risposta.
- Sto bene Seokjin, non preoccuparti. Tu piuttosto? Di cosa volevi parlare? - c'erano tante cose di cui il tatuatore aveva necessariamente bisogno di parlare. Così tante che non sapeva nemmeno da che parti farsi. Però, per il momento, doveva mettere da parte tutto ciò che non concerneva la sua povera testa e affrontare la cruda realtà.
- Voglio parlare con i miei genitori per impedire il matrimonio fra te e Tae. Ho bisogno di te, ho bisogno di averti accanto quando ne parleró con loro e giuro su Dio che gli faró cambiare idea, fosse l'ultima cosa che faccio - rispose Seokjin rammaricato. Davvero non poteva permettere che potesse succedere una cosa del genere.
- Sai che ti aiuteró Seokjin, alla fine si parla di me e tuo fratello. Nessuno qui vuole questo matrimonio -
- Non hai paura? - le domandó l'uomo, sinceramente curioso. Era pacata Hwasa, un filtro di tranquillità e serenità dolcemente posato sulla sua figura.
- Certo, ma so che riusciremo a ribaltare la situazione a nostro favore -
- Perché ne sei così sicura? -
- Perché non dovrei? Ho visto quei due insieme. Jungkook e Taehyung si amano da vivere. Non permetterei a nessuno di separarli - Hwasa prese una pausa, come per pensare a cosa dire - Domani andremo a casa dei tuoi genitori e gli parleremo. Li convinceremo. E questa storia finirà per sempre - Seokjin annuì sovrappensiero, troppo preoccupato per lasciar perdere.
- Non temere Seokjin, l'amore, alla fine dei conti, trionfa sempre -~
- Jungkook non è che mi daresti una mano in magazzino? Dobbiamo portare tutti gli scatoloni di sopra - chiese Jimin, le mani posate sui fianchi.
- Certo, arrivo subito - mancava davvero poco alla fine del turno di Jungkook, ma la libreria, come sempre, era piena zeppa di clienti.
Jimin e Jungkook si diressero di sotto, il rosa che faceva strada al più piccolo.
- Ecco dovrebbe aver scaricato qua - e come Jimin aveva predetto, una montagna di scatoloni incelofanati e timbrati erano riposti a terra gli uni sopra agli altri.
- Cavolo, dovremmo farci un bel po' di giri mi sa Kookie - Jimin si fece scappare uno sbuffo divertito nel constatare quante scale si sarebbero dovuti fare.
- Beh, mettiamoci sotto - disse il moro, già pronto a sollevare due pacchi per portarli di sopra.
- Ah aspetta! Che idiota. Eppure Yoongi me lo dice sempre che ho la memoria corta - Jimin si schiaffeggió la fronte, come se qualcosa gli fosse improvvisamente venuto in testa. Il moro lo guardó storto, aggrottando le sopracciglia palesemente confuso.
- Di che parli? -
- Te la faccio breve Kookie. La zia di Yoongi vuole dare una serata di beneficenza a casa sua, e per questo, stava cercando dei musicisti. Per questo io e Yoongi avevamo pensato a Taehyung. Magari è interessato. Potresti chiederglierlo? - Jungkook fece fatica a stare dietro a quel fiume di parole, ma recepì distintamente "serata di beneficenza", "musicisti" e "Taehyung" in mezzo a tutto quel baccano.
- E fra quanto sarebbe? - domandó.
- Fra meno di due settimane direi. Perciò, se Tae accetta, lui e Yoongi possono trovarsi per provare i pezzi un paio di volte - suggerì il rosa.
- Ti lascio il numero di Yoongi, così se è interessato può chiamarlo direttamente, ok? - Jungkook annuì, convinto che il responso del suo ragazzo sarebbe stato nient'altro che positivo.
- Grazie per aver pensato a Taehyung, sarà felicissimo -
- Lo spero, Yoongi conta molto su di lui. Dopo quella volta che hanno suonato insieme senza preparazione, siamo rimasti tutti a bocca aperta - il ragazzo sorrise nel ricordare quel particolare momento, dove tutto, per un attimo, era stato surclassato dalla potenza della musica.
- Strana e bellissima, vero? - chiese Jungkook sovrappensiero. Jimin lo guardó, non capendo esattamente dove stesse andando a parare.
- La musica Jimin, la musica -~
- Dai vieni, facciamo un giro - propose Taehyung a Jungkook.
- E dove vuoi andare? - Jungkook scoppió a ridere, scrollando la testa.
- Ma come dove? Dall'altra parte del mondo Kookie -
Dall'altra parte del mondo, per Taehyung si riferiva al piccolo parchetto proprio dietro il loro condominio.
- Beh, ci siamo spostati di molto - schernì Jungkook divertito. Era buio fuori, così buio che le stelle si vedevano chiaramente, affogate in tutto quel blu.
- Ma sta zitto - Taehyung scoppió a ridere. Jungkook lo seguì a ruota, che davvero, ogni volta che lo vedeva inarcare gli angoli della bocca non riusciva a contenersi. Gli veniva facile sorridere con Taehyung attorno. Non era nulla di premedito o architettato, solo la spontaneità lo accompagnava in quelle risate pure e cristalline.Forse era questo che significava essere felici, pensó Jungkook. Forse era così che la gente innamorata si sentiva. Così spensierata, senza pensieri, così genuinamente contenta di vivere. Di vivere quella vita assolutamente strampalata e assolutamente meravigliosa che gli era stata data.
Taehyung intanto si era seduto su una delle altalene solitarie del parco, le mani aggrappate alle catene e lo guardava sorridendo. Taehyung lo guardava sempre in quel modo. Come se fosse la cosa più bella che gli fosse mai capitata in vita sua.
Jungkook gli si avvicinó. Le mani appoggiate a poca distanza su quelle di Taehyung, mentre il suo sguardo si andava a perdere in quello del ragazzo che amava.
- È sempre così, Taehyung? -
- Di cosa stai parlando? - il castano lo guardava confuso, un piccolo sorriso di confusione dipinto sul viso.
- L'amore, Tae. È sempre così? - Taehyung lo fissó. Le labbra rosse socchiuse e gli occhi spalancati, colmi di sentimento.
Si sbilanció in avanti, stringendo Jungkook con un braccio. Alzó il volto solo per far combaciare le labbra tremanti con quelle fredde del suo ragazzo.
Se lo spinse contro, una mano ad accarezzargli la schiena, mentre l'altra gli tirava dolcemente le ciocche nere. Jungkook era in mezzo alle sue gambe, il corpo del violinista che ondeggiava per colpa dell'altalena.
- No, Jungkook. Non è mai così - sussurró felice il più grande, appoggiando la fronte a quella del suo ragazzo.
- Ti amo Taehyung -
- Ti amo anche io Jungkook -
- Grazie - Jungkook bisbiglió quella parola con estrema cura, come se fosse una piccola preghiera, un canto, una confessione.
- Per cosa devi ringraziarmi? - Taehyung allungó una mano, posandola sulla guancia gelida di Jungkook.
- Per amarmi Taehyung. Per prenderti cura di me, per accettare il deficiente impacciato che sono. Grazie per essere sempre qui, pronto a sostenermi. Grazie, perché mi hai insegnato l'amore - perché era veramente così.
Taehyung era la sua famiglia.
Il violinista si sentì morire nell'ascoltare quelle parole. Il cuore che repentinamente cessava di battere. Perché il ragazzo davanti a lui, aveva appena confessato tutto ciò che risiedeva dentro il suo cuore.
Pianse. Le lacrime che sgusciavano via, pronte a cadere sulla giacca e sull'erba.
- Dubita che le stelle siano fuoco; dubita che il sole si muova; dubita che la verità sia mentitrice: ma non dubitare mai del mio amore - bisbiglió Taehyung fra le lacrime, che incessanti, continuavano a scendere.
- Lo hai scritto tu? - Jungkook gli posó i palmi sulle guance, scacciando via le lacrime di troppo.
- Non paragonarmi a Shakespeare, Jungkook, o potrebbe rivoltarsi nella tomba. Povero Amleto - Jungkook sorrise, le dita che continuavano ad asciugare il viso bagnato di Taehyung.
- Non piangere Tae, non piangere - sussurró Jungkook con il cuore incrinato, che vederlo così tenero e indifeso, era decisamente un'arma a doppio taglio.
- È colpa tua, scemo - il violinista rise, le maniche della giacca pronte a tamponarsi le ultime lacrime.
- Allora ti diró qualcosa che ti farà smettere di piangere -
- Ovvero? - Jungkook gli raccontó tutto. Della proposta di Yoongi e della serata di beneficenza.
- Che domande! Certo che accetto. Quel Yoongi, ah. Non vedo l'ora di suonare con lui - rispose il violinista su di giri, gli occhi illuminati.
- Jimin mi ha lasciato il suo numero. Vuoi chiamarlo? -
- Assolutamente sì -
Jungkook dettava il numero mentre Taehyung componeva di fretta e furia.
Rimasero in attesa, il cellulare che squillava senza sosta.
- Ehi? Yoongi? - accennó Taehyung con un sorriso.
- Facciamolo -
Nota autriceA Manuel, tu che sei il mio deficiente e impacciato Taehyung e mi hai insegnato tanto.
Ps. Sto preparando il cartaceo e tante sorpresine, preparatevi eheh
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𝘖𝘶𝘳 𝘓𝘢𝘴𝘵 𝘋𝘶𝘦𝘵 || 𝑽𝒌𝒐𝒐𝒌
FanfictionJeon Jungkook, prodigio indiscusso della matematica, e segnato da un passato traumatizzante e difficile, vive da solo rinchiuso nella sua bolla di solitudine. Affetto dalla sindrome di Asperger, preferisce l'isolamento alla caoticità della vita mond...