-La musica era messa ad un volume fin troppo alto, che rimbombava tra le mura della palestra. Tutti erano felici e si divertivano, perché dopo tutto quello era il ballo di fine anno, il sogno di ogni liceale che si rispetti. Io, invece, cercavo semplicemente di non inciampare nel mio vestito lilla, e allo stesso tempo cercavo di coprire le ballerine che portavo ai piedi al posto dei tacchi alti. Dovevo trovare le mie migliori amiche, Emily e Jennifer Harris, che molto probabilmente erano insieme ai loro ragazzi perfetti da qualche parte all'interno della scuola. Le due gemelle popolari e bellissime, dai lunghi capelli biondi e gli occhi azzurro ghiaccio, erano le uniche amiche che avevo all'interno di quella scuola. Continuavo a non capire perché mi avessero praticamente costretta a partecipare a quel ballo se avevano intenzione di ignorarmi completamente. Guardandomi intorno, sbattei per sbaglio contro qualcuno.
"Guarda dove vai, sfigata!" mi disse una ragazza.
"Scusa..." mormorai.
Lei si allontanò guardandomi male, e io sbuffai. Non sarei mai dovuta andare a quello stupido ballo. Sentii il telefono squillare, e lo presi dalla mia borsetta. Emily mi aveva mandato un messaggio.
"Vieni fuori, io e Jenna dobbiamo parlarti" diceva. Detto questo, andai verso l'uscita della palestra, e dopodiché uscii anche dalla scuola. Mi fermai all'inizio delle scale davanti all'ingresso, e mi guardai intorno, ma non vidi nessuno. Mi staranno raggiungendo, mi dissi. Da lì, non ricordo altro. Solo un dolore lancinante alla testa, e poi il vuoto. Quando mi sono svegliata dal coma all'ospedale, ricordavo a mala pena il mio nome- spiegai allo psicologo.
-Niente di niente?- insistette lui. Io scossi la testa.
-Queste sono le uniche cose che ricordo di quella notte- dissi.
-E per il resto? I ricordi sono tornati tutti?- chiese.
-Credo di si. Hanno cominciato a tornare verso fine luglio, e ora credo di ricordare tutto- risposi.
-Sei stata fortunata a recuperare la memoria in così poco tempo, in più dopo un coma di un mese. Molta gente impiega anni- disse lo psicologo.
-Sì, anche se molte cose preferirei non ricordarle-
-Tipo cosa?- chiese.
-Tipo il fatto che ero davvero troppo insicura, e che mi illudevo di piacere a Jennifer e ad Emily. Io le reputavo le mie migliori amiche, ma in realtà ero solo la ragazzina che gli girava continuamente intorno- spiegai.
-E come hai preso la notizia del trasferimento a San Francisco? Sei spaventata all'idea di dover lasciare New York?- chiese ancora.
-Un po' sì, ma credo che sia un'ottima opportunità per ricominciare da zero e per cambiare. Già quest'estate ho fatto molti cambiamenti. Ho cercato di uscire più spesso, anche se solo con mio cugino Simon, ho messo su qualche chilo...- spiegai.
-Non ti sentivi a tuo agio con il tuo corpo, prima?-
-Diciamo che ricevevo commenti poco carini da parte di molte ragazze a causa della mia magrezza. Ora mi sento meglio, invece-
Qualcuno bussò alla porta dello studio.
-Avanti- disse lo psicologo. La porta si aprì, ed entrò mia madre.
-Miley? È ora di andare, o perderemo l'aereo- disse.
-Arrivo- risposi, e poi mi rivolsi allo psicologo.
-Grazie di avermi aiutata in questi mesi-
-Di nulla, Miley. Buona fortuna, ti auguro di trovare il meglio a San Francisco-
-La ringrazio, dottore. Auguro il meglio anche a lei- risposi, e poi uscii dallo studio.
-Com'è andata?- chiese mia madre.
-Come al solito. Mi ha chiesto di pensare a quante più informazioni possibile sulla notte dell'incidente e poi mi ha fatto domande sul trasferimento e tutto il resto- le spiegai.
Uscimmo dall'edificio, e salimmo in macchina, dove mio padre e mia sorella Hannah mi stavano aspettando.
-Pronte?- ci chiese mio padre. Io annuii, allacciandomi la cintura. Lui mise in moto, e ci avviamo verso l'aeroporto. Misi le cuffie, e feci partire la mia canzone preferita, Photograph di Ed Sheeran.
"We keep this love in a photograph, we made these memories for ourselves, where our eyes were never closed, hearts were never broken, time's forever frozen, still"
Quanto è azzeccata, pensai.
Quando arrivammo all'aeroporto, facemmo appena in tempo a prendere l'aereo. Mi sedetti accanto a mia sorella, e una volta partiti guardai New York scorrere veloce sotto di noi, per poi scomparire. Decisi che quella doveva essere una metafora del passaggio dalla mia vecchia vita a quella nuova. Da quel momento, Miley Anne Clarisse McCurty non doveva essere più la ragazza fragile e insicura di New York, che si nascondeva dentro le felpone e che aveva perennemente un occhio coperto a causa della riga laterale dei capelli. Ebbi un'idea. Usando il telefono come specchio, passai le dita tra i miei capelli castani portandoli dietro, e poi li lasciai ricadere sulla testa in modo che la riga diventasse centrale. Sembra stupido, ma mostrare entrambi i miei occhi era un evento più unico che raro.
-Hai la faccia strana così- commentò Hannah.
-Tu ce l'hai sempre- scherzai io. Detto questo, guardai per un po' fuori dal finestrino, con gli auricolari e la musica di Ed Sheeran ad alto volume. In poco tempo, riuscii ad addormentarmi. Sognai il ballo, e rivivetti ogni singolo istante, ma quando arrivò il momento del dolore alla testa, sentii qualcuno chiamarmi. Prima la voce era confusa, poi divenne più chiara.
-Miley, svegliati o ti ritroverai ad Ibiza in meno di un'ora- disse la voce di mia sorella dal sedile accanto al mio. Aprii gli occhi, e mi accorsi che eravamo arrivati a destinazione. Mi alzai dal sedile, e mi diressi verso l'uscita insieme al resto della mia famiglia.
"Siamo arrivati a San Francisco, California. I passeggeri sono pregati di scendere dall'aereo" disse una voce dagli altoparlanti. Arrivata all'uscita, mi bloccai un attimo, con il cuore a mille. Mi riscossi quando un'anziana dietro di me mi disse:
-Signorina, hai intenzione di scendere o no?-
-Si, mi scusi- dissi, e scesi dall'aereo, mettendo per la prima volta piede a San Francisco. L'aeroporto era abbastanza affollato, e sentii la gente parlare almeno quattro lingue diverse. Riconobbi dei tedeschi -a New York avevo studiato tedesco per due anni, e lo avrei ripreso a San Francisco-, dei francesi e degli spagnoli.
-Ci sono troppe persone, che schifo- commentò mia sorella. Mia madre la guardò male.
-Hannah, aiutami a prendere i bagagli. Miley, tu e mamma cominciate ad uscire, vi raggiungiamo subito-
Io e mia madre facemmo come aveva detto, e poco dopo ci raggiunsero entrambi con i bagagli. Prendemmo un taxi, e mia madre ci porse due volantini che illustravano il liceo che avremmo frequentato, la San Francisco Academy.
Essendo fornita di dormitori per gli studenti, io e Hannah saremmo state lì -non aveva molto senso, considerando che la casa nuova era il doppio di quella che avevamo a New York-. Il tassista accompagnò prima mia madre a casa, poi me, mio padre e mia sorella a scuola. Una volta arrivati, rimasi stupita. La scuola era almeno cinque volte più grande di quella che frequentavo a New York, e questo contando solo l'edificio con le aule. L'intera struttura contava tre grandi palazzi collegati tra loro, con al centro quello scolastico, che era il più basso, e ai lati i dormitori. Tutto intorno vi era un grande prato, che continuava sul retro della scuola, dove c'erano campi di pallavolo, football, lacrosse, basket e una piscina. C'era una struttura a parte per la biblioteca, e vi era anche un bar. Entrati nella scuola da un grande portone di legno, essa sembrava essere ancora più grande. Subito una professoressa ci venne incontro. Aveva i capelli biondi raccolti in uno chignon, gli occhi di un verde brillante e un paio di occhiali a punta sul naso. Era magra e alta, vestita con una camicia bianca, una gonna nera lunga fin sopra il ginocchio, e un paio di décolleté nere.
-Buongiorno, avete bisogno di qualcosa?- disse sorridendo.
-Si, dovrei finire di compilare i moduli di iscrizione per le mie figlie, Miley e Hannah McCurty, ci siamo appena trasferiti qui da New York, è il loro primo giorno-
-McCurty... tu dovresti essere nella mia classe al terzo anno, giusto?- disse rivolta a mia sorella.
-Ehm, in realtà lei è al primo anno, sono io al terzo- intervenni imbarazzata. La professoressa passò lo sguardo da me ad Hannah, poi si ricompose e disse sorridendo:
-Perfetto allora! Faith? Faith, potresti far fare un giro alla nuova arrivata? È la tua nuova compagna di stanza, è appena arrivata qui da New York- disse rivolgendosi ad una ragazza che passava di li con una grossa valigia blu in mano.
-Certo, professoressa Martin. Piacere, io sono Faith- si presentò.
-Miley- dissi io stringendole la mano.
Faith era poco più bassa di me, aveva i capelli ricci e neri che le scendevano giù per la schiena, con una ciocca blu sul lato, e due grandi occhi castani.
-Signor McCurty, per i moduli deve rivolgersi in segreteria, mentre per te, Hannah, sta per iniziare l'orientamento per i ragazzi del primo anno qui fuori-
Detto questo, salutai mio padre e andai via con Faith.
-New York... ho sempre voluto vivere li. Come mai qui?- mi chiese.
-Mio padre ha ottenuto una cattedra all'università di San Francisco- risposi io.
-Ed è li che vuoi andare dopo il liceo?- mi chiese.
-Sarebbe l'opzione più semplice, ma sogno da sempre di andare ad Harvard. Tu invece? Rimarrai a San Francisco?-
-No, credo che andrò all'università di Washington. Ah, siamo arrivate alle stanze del terzo anno. La nostra è la 137. Tra poco dovrebbe arrivare Alex, è in stanza con noi-
Uscì dalla tasca della giacca una chiavetta, e aprì la porta della 137. Era abbastanza grande, con le pareti panna, tre letti -uno singolo e due a castello nella parete opposta- uno specchio abbastanza grande, un armadio, una cassettiera e una scrivania con sopra delle mensole. La finestra, situata dal lato opposto alla porta, era coperta da due tendine bianche e dava sul retro della scuola.
Scegli pure dove metterti, io non ho ancora sistemato nulla- disse Faith. Io scelsi il letto di sotto, e Faith si sistemò in quello sopra. Sistemai il letto con le mie lenzuola rosa glicine, e appesi al muro una bacheca di foto fatte con la polaroid di mia sorella. Sistemai i vestiti e i libri, e misi sul letto il mio cuscino a forma di emoji, quella con gli occhi a forma di cuore. Per finire, attaccai sopra il letto delle lucine a led. Intanto, in stanza era arrivata anche l'altra ragazza. Aveva gli occhi verdi, i capelli castani mossi, un paio di occhialoni e le guance rosse.
-Alex!-
Faith si alzò e salutò l'amica con un abbraccio. Io mi alzai, e mi presentai alla ragazza.
-Io sono Miley, la vostra nuova compagna di stanza-
-Piacere, Alex- disse con un sorriso timido.
Mentre Alex sistemava le sue cose, tutte e tre chiacchierammo del più e del meno, ma Alex rimase comunque molto timida nei miei confronti. La presenza di Faith, però, sembrava aiutarla. Entrambe erano molto simpatiche, e come primo giorno non stava andando affatto male. Una volta finito di sistemare, uscimmo a fare un giro della scuola. Ero certa che saremmo diventate ottime amiche.Angolo autrice
Ei popolo di wattpad, questo è il remake di una storia che avevo scritto ed eliminato circa un anno fa, spero vi piaccia perché ci sto mettendo davvero il cuore per scriverla. All'inizio può sembrare un po' cliché, ma non fermatevi alle apparenze. Detto questo, buona lettura a chi deciderà di continuare❤️
~Criss🌸
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Lost in my memory [IN REVISIONE]
JugendliteraturMiley, dopo un incidente che la fa rimanere in coma per un po' e le fa perdere temporaneamente la memoria, cambia la sua vita radicalmente trasferendosi a San Francisco. Inizia a frequentare la San Francisco Academy, e tra le nuove conoscenze ritrov...