28. Minacce

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Rilessi il bigliettino con le mani che mi tremavano, e la rabbia cominciò a montare. Tutto questo doveva finire.
-Claire!- la chiamai infuriata, vedendola arrivare dall'altra parte del corridoio. Lei mi guardò con sufficienza.
-Cosa vuoi, McCurty?- chiese.
-Devi smetterla, mi hai capito?- dissi andando da lei, e spingendola indietro.
-Sei impazzita per caso, brutta stronza?- mi chiese lei, barcollando sui tacchi.
-Questo cos'è?- le sbattei in faccia il bigliettino.
-Non ne so nulla- rispose, facendo la finta tonta.
-Ho la scritta "STUPIDA" sulla fronte per caso? Non mi prendi in giro-
-Ripeto, McCurty, questo stupido biglietto non è affar mio, ma chiunque te lo abbia scritto ha ragione. Sta volta non dimenticherai nulla- disse in tono acido, per poi girare sui tacchi e provare ad andare via. Prima che potesse farlo, la mia mano scattò, e le tirai uno schiaffo dritto in faccia. Le sue amiche mi guardarono a bocca aperta. Lei si giro verso di me, infuriata.
-VUOI LA GUERRA, STRONZA? ECCOTI ACCONTENTATA- gridò, e mi si scaraventò contro. Intorno a noi si radunò una folla, intenta a fare il tifo.
Lei provò a tirarmi i i capelli, ma io le strappai via la mano affondando le unghie. Con l'altra, lei ricambiò lo schiaffo, e io la feci cadere a terra facendole uno sgambetto. Tentai di abbassarmi per colpirla ancora, ma qualcuno mi bloccò.
-LASCIAMI SUBITO!- gridai, divincolandomi. Il ragazzo strinse la presa.
-Non ne vale la pena, Mil- mi disse all'orecchio. Non appena riconobbi la voce di Dylan, cominciai a calmarmi. Intanto, le amiche di Claire stavano aiutando la ragazza a rialzarsi.
-NON FINISCE QUA, TE LO GIURO- gridò, e poi le ragazze la portarono via. Tutt'intorno sentii mormorii.
-Cosa avete da guardare? Lo spettacolo è finito, tornatevene in classe- disse Dylan, e poi mi portò via tirandomi per un braccio. Entrammo in una classe vuota, e il ragazzo chiuse la porta alle sue spalle.
-Ma che cazzo pensavi di fare?- mi disse, arrabbiato. Io non risposi, mi limitai a mostrargli il biglietto.
-Deve smetterla. Dopo Halloween non permetterò più che faccia così- dissi, ancora infuriata.
-Devi solo ignorarla. Se ogni volta che ti provoca dai di matto stai semplicemente al suo gioco. È questo che vuole lei- disse lui, avvicinandosi a me e guardandomi negli occhi.
-Non mi importa cosa vuole lei! Sa qualcosa che io non so, e devo scoprire cosa!- continuai, reggendo il suo sguardo.
-Miley, cazzo, sei così tanto ossessionata da quell'incidente da non accorgerti di tutto il resto. Te ne rendi conto? E non farmi il solito discorso, so benissimo di non poter capire ciò che hai provato e così via, ma se continui a pensare al passato non riuscirai mai a goderti il presente. Ormai l'incidente è avvenuto, non puoi fare niente per cambiare tutto questo. Puoi andare avanti ignorando Claire, non permetterle di avere tutto questo potere su di te- disse, avvicinandosi ancora di più.
Improvvisamente, l'elettricità nell'aria si poteva quasi toccare.
Succedeva fin troppo spesso in quegli ultimi giorni.
Senza distogliere il suo sguardo dal mio, mi prese il bigliettino dalle mani e lo strappò.
-Non è facile lasciar perdere se la gente è sempre pronta a ricordarmi tutto- dissi, con una nota di tristezza nella voce.
-Lo so, ma devi lasciar perdere e fregartene, è l'unico modo- dissse dolcemente, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Io andai verso di lui e lo abbracciai. Lui mi strinse forte, e io seppellii il viso sulla sua spalla, chiudendo gli occhi e respirando a fondo per calmarmi del tutto. Aspirai il suo profumo, e rimasi ad ascoltare il battito del suo cuore mentre lui mi accarezzava dolcemente la schiena.
-È tutto ok, stai tranquilla- sussurrò vicino al mio orecchio, passando una mano tra i miei capelli. Mi sentii subito meglio. Rimanemmo abbracciati in silenzio per un po', finché non sentimmo qualcuno aprire la porta. Ci staccammo di scatto, e vidi Paul e Alice sulla soglia.
-Questo posto è già occupato da noi, andate a fottere da qualche altra parte- disse Paul con una punta di sarcasmo. Alice, invece, ci guardò con gli occhi che brillavano.
-Non stavamo facendo niente, idiota- disse Dylan guardandolo male. Uscimmo dalla classe, e poi dalla scuola, diretti al bar. Dylan andò al bancone per ordinare due cioccolate calde, io mi sedetti, e ascoltai la canzone che andava in onda alla radio.

Lost in my memory [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora