-Dylan? Che ci fai qui?- chiesi con il cuore a mille.
-Io...- cominciò.
Notai che era abbastanza teso.
Mi scrutò da capo a piedi, con uno sguardo che non seppi decifrare. Poi puntò gli occhi nei miei. Sembrava volesse dire qualcosa, ma forse non trovava le parole.
Sospirò, e mi baciò all'improvviso.
Sorpresa, inizialmente non reagii, ma poi mi staccai, con una fitta al petto.
-Okay, se credi di poter continuare a fare così ti sbagli di grosso- gli dissi, con una voce che quasi non riconobbi.
-Non puoi continuare a dirmi di dimenticarmi di un bacio e poi baciarmi ancora- conclusi.
-Non è quello che voglio fare infatti- disse, e poi mi accarezzò il viso con una mano.
-Non voglio che tu dimentichi nulla-
Mi guardò come fosse preoccupato che da un momento all'altro sarei scoppiata a ridere chiudendogli la porta in faccia.
Probabilmente me ne sarei pentita di grosso.
Sono una cretina, pensai.
Gli presi il viso, e lo baciai.
Lo sentii rilassarsi, e ricambiò il bacio, che non fu frenetico e brusco come gli altri due. Fu più dolce, più lento, ma allo stesso tempo fu uno di quei baci che dicono "ancora".
Entrammo nella stanza e ci chiudemmo la porta alle spalle, continuando a baciarci.
Dylan si sedette sul mio letto, e io mi sedetti sulle sue gambe.
-Posso fidarmi di te, vero?- chiesi.
Lui mi sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, e annuì.
-Ma ora non è il momento per parlare di quello che è successo a New York- disse.
-Non importa del passato, mi importa solo di quello che c'è tra di noi ora- risposi.
Era vero solo in parte, mi importava conoscere il passato, ma non quanto mi importava vivere il presente, e nel presente volevo lui al mio fianco.
Dylan poggiò di nuovo le sue labbra sulle mie. Io mi sistemai meglio sulle sue gambe e gli circondai le spalle con un braccio. Lui mi tenne stretta a se, e affondò una mano nei miei capelli.
Sentii le sue labbra distendersi in un sorriso, e mi staccai per qualche secondo, solo per poterlo guardare.
Mi ricordai una cosa riguardante quel pomeriggio all'improvviso.
-Posso farti una domanda?- chiesi.
Lui annuì, accarezzandomi delicatamente il fianco.
-Provavi qualcosa per me quando vivevamo a New York?-
Lui sorrise guardando le mie labbra, e poi i miei occhi.
-Chi non lo farebbe?- disse.
-Prima non credevo possibile che qualcuno potesse provare qualcosa per me. Ora che sono cambiata è un'ipotesi più plausibile-
-Non sei cambiata, Mil, sei sempre la stessa. Ora sei più sicura di te, e questo ti fa sembrare diversa. Ma questa parte di te c'è sempre stata, dovevi solo farla uscire-
Mi accorsi che aveva perfettamente ragione. Quel ragazzo che prima odiavo tanto, era in realtà sempre stato la persona che mi conosce meglio, che conosceva i miei difetti, e che mi voleva nonostante tutto.
Ricominciammo a baciarci, ma sentimmo la porta aprirsi, e ci staccammo di scatto. Mi ritrovai davanti Alex e Faith sconvolte, che si trattenevano appena dal sorridere.
-Hey ragazze- le salutò Dylan tranquillamente.
Loro rimasero impietrite. Scesi dalle sue gambe e andai verso di loro, che mi guardarono come se fossi un alieno.
-Ti stavamo chiamando per andare a cena- disse Faith con un tono di voce fin troppo acuto.
Mi girai verso Dylan, che si alzò e venne verso di me.
-Andiamo- disse porgedomi una mano con un sorriso dolce. Io intrecciai le mie dita nelle sue, e superammo Alex e Faith, ancora confuse. Prima di uscire dalla stanza presi la borsa e infilai la giacca per non sentire freddo a mensa.
Mi girai un secondo verso di loro solo per vederle sorridere entrambe come due idioti, e risi.
-Guarda come rimangono sconvolte- mi disse Dylan sottovoce, e poi mi baciò.
-MILEY, DOPO DOBBIAMO DECISAMENTE PARLARE- esclamò Faith, e io non seppi trattenermi dal ridere.
-Okay, che mi sono persa?- sentii la voce di Carly.
Mi girai, e vidi lei e Diana camminare verso di noi.
-Parlerete tutte più tardi, io e la mia ragazza abbiamo un appuntamento- disse Dylan lasciandomi abbastanza sorpresa, più per il fatto che mi avesse definita la sua ragazza che per l'appuntamento.
Quel ragazzo era decisamente bipolare.
-Davvero?- chiedemmo io e le ragazze contemporaneamente.
-Sì, andiamo, è tardi- rispose Dylan.
Lo presi per mano, e una volta che ci fummo allontanati gli chiesi divertita:
-Ma che fai?-
-Scappo dalle tue amiche- rispose ridendo.
-Non sono così male come sembrano- risposi.
-Lo so, ma tu sei la mia preferita- rispose lui, e io non potei fare a meno di sorridere.
-Allora, dove mi porti?-
-Lo vedrai- rispose Dylan.
Detto questo, andammo al parcheggio, e salimmo in macchina. Il tettuccio dell'abitacolo era chiuso, e una volta messo in moto, Dyaln accese i riscaldamenti e la radio.
Mi girai a guardarlo, con almeno un milione di farfalle nello stomaco.
Lui si girò un attimo verso di me, con uno sguardo dolce e un sorriso.
Chi l'avrebbe mai detto.
Dylan Cross, il mio primo ragazzo.
Accostò non molto lontano dalla scuola, davanti al Golden Gate Park.
Dylan scese dalla macchina, e prima che potessi farlo io mi aprì la portiera per farmi scendere.
-Che gentiluomo- dissi scendendo.
Mi sorrise, e mi porse una mano.
-Andiamo- mi disse, e io gliela presi.
Entrammo nel parco.
Attorno agli alberi erano appese delle lucine dorate.
-Quattro mesi che sono a San Francisco e non sono mai venuta qui-
-Fortuna che ora hai un ragazzo che ti ci porta-
-Già, come farei senza- risposi ironica.
Lui mi guardò con una finta espressione ferita.
Io risi e gli lasciai un piccolo bacio sulle labbra.
-Quindi ora state insieme- disse una voce irritante che conoscevo fin troppo bene.
Mi girai, e vidi Amanda, Claire e Aiden.
Alla vista del ragazzo, Dylan si accigliò, e mi strinse forte la mano.
-Sì, Amanda- risposi.
Lei mi squadrò da capo a piedi. Poi si rivolse a Dylan.
-Beh, contento tu. Potresti avere molto di meglio-
-Cos'è? Sei stanca di fare il terzo incomodo tra loro due?- dissi.
-Sempre meglio che accontentarmi- ribatté lei.
-Infatti non mi accontento. A quest'ora non credi che starei con te? Ora, se ci scusate, noi andiamo- concluse Dylan, superandoli con me al suo fianco.
Quando passammo accanto ad Aiden, mi strinse a sé.
-Ed io che pensavo che fosse Claire la capo stronza in carica- dissi.
-E invece è Amanda- disse Dylan.
-No, sei tu- scherzai.
Lui rise.
-Effettivamente starei bene con l'uniforme da cheerleader- continuò scherzando.
-Ti prego, toglimi quest'immagine dalla mente- risposi ridendo.
-Sì è vero, sta meglio a te- disse.
Io lo guardai con un sorrisetto.
-Lo so, lo so- risposi.
Lui mi baciò la mano che stringeva, continuando a camminare.
-Ah, ma dove mangiamo?- chiesi poi, sentendo il mio stomaco brontolare.
-Non saprei, ci dovrebbe essere un camioncino che vende hot dog qui in giro- disse.
Lo guardai confusa.
-Scherzo, ho prenotato al Beach Chalet Brewery-
Lo guardai come se fosse pazzo.
Era il ristorante più costoso del parco.
-Stai scherzando? Una cena lì costa un occhio della testa-
-Non è un problema, pago io-
Tenni a mente di mettergli in tasca dei soldi a fine serata, sapevo già che non mi avrebbe fatto pagare.
-Toglimi una curiosità. Hai prenotato per due, ma come facevi ad essere sicuro che io avrei accettato?- chiesi.
-Ho prenotato per due per non fare troppa pena. Sai, pianificavo di mangiare da solo guardando con disprezzo tutte le coppiette presenti- scherzò.
-Potevi dirmelo in dormitorio, sono vestita malissimo-
-Sei bellissima, non preoccuparti- rispose.
Arrivammo al locale, e il cameriere ci indicò il nostro tavolo.
Si trovava accanto ad una grande finestra, con vista sul mare.
-Come sapevi che mi piace stare accanto alle finestre?- gli chiesi sedendomi.
-In gita in seconda media hai litigato per almeno mezz'ora con una ragazza per poter stare accanto al finestrino sull'aereo. Ho pensato fosse meglio non rischiare- rispose, e io risi.
-Succederà anche quando tornerò a New York per Natale. Mia sorella cerca sempre di rubarmi il posto- dissi.
Dylan cambiò espressione all'improvviso.
-Tornerai a New York?- chiese con un tono di voce nervoso.
Io annuii, confusa.
-Certo, dopotutto la mia famiglia è lì. Perché quella faccia?-
Lui scosse la testa.
-Niente. Solo non pensavo saresti tornata- rispose.
Si ricompose, e mi prese la mano da sopra il tavolo.
-In ogni caso, non voglio parlare di New York ora. Voglio godermi questi momenti con te- disse.
Io gli strinsi la mano e sorrisi, ma un campanello d'allarme suonò nella mia testa.
Perché aveva reagito così? Temeva che a New York avrei scoperto qualcosa di spiacevole?
Decisi di ignorare questi pensieri.
Magari semplicemente non se lo aspettava.
Ordinammo, e una volta che ebbimo finito di cenare uscimmo dal ristorante.
-Ora dove andiamo?- chiesi a Dylan, che intanto mi circondò la vita con un braccio.
-È una sorpresa- rispose con un sorriso, continuando a camminare.
-Oddio, vuol dire che devo avere ansia?-
-Sì, ma sono sicuro che riuscirai a resistere qualche minuto-
-Almeno dammi un indizio- gli dissi guardandolo con gli occhioni da gattina.
Lui sembrò pensarci sù.
-Nah- rispose poi.
-Dai, un solo indizio!- insistetti prendendogli entrambe le mani.
Sembravo una bambina, e non riuscivo a smettere di sorridere.
-E tu dammi un bacio- disse lui.
-Niente indizio, niente bacio-
-Niente bacio, niente indizio- ribatté lui attirandomi a se.
Provai a spostarmi, e lui prese a farmi il solletico.
-Dylan!- esclamai ridendo, e alla fine cedetti e lo baciai.
-Okay, ora dammi l'indizio- gli dissi, sorridendo.
Lui indicò dietro di me.
Mi girai.
-Lo Shakespeare Garden- dissi non credendo ai miei occhi.
Avevo sempre voluto visitarlo.
-Dylan...- cominciai, ma non riuscii a trovare le parole.
-Ami la letteratura, sapevo che ti sarebbe piaciuto venire qui- disse lui.
Sorrisi, e lo baciai.
-Andiamo- gli dissi prendendolo per mano e correndo dentro.
Davanti a noi si ergeva un cancello di ferro verde, con sopra scritto il nome del giardino.
Dal cancello, partiva una stradina.
Tutto intorno a noi c'era un grande prato, con fiori, alberi e panchine di pietra.
In fondo al giardino si ergeva un muro in mattoni, davanti al quale si trovava un busto raffigurante Shakespeare.
Al muro erano attaccate alcune delle sue citazioni, incise su scudi di ferro.
Tutto era perfetto.
-Leggi questa- mi disse Dylan indicando una delle citazioni.
-Quando non sarai più parte di me ritaglierò dal tuo ricordo tante piccole stelle, allora il cielo sarà così bello che tutto il mondo si innamorerà della notte- lessi.
-Romeo e Giulietta-
Lui annuì.
-Chi si sarebbe mai immaginato che tu fossi così romantico- dissi prendendogli le mani.
-Era questa la sorpresa infatti, ma non dirlo in giro, ho una reputazione- scherzò.
Io risi, e lui mi baciò.
A guardarci, solo le stelle.
Se, come aveva detto Shakespeare, avessi dovuto ritagliare un ricordo, avrei scelto quello.
Facemmo una passeggiata nel giardino, e chiedemmo ad un passante di scattarci una foto. Dopodiché, tornammo all'accademia.
Senza rendercene conto si era fatta l'una.
Dylan mi accompagnò fino alla mia stanza, tenendomi per mano.
-Grazie per stasera- gli dissi.
Lui mi sorrise.
-Ci vediamo domani?- chiese.
Io annuii.
-Buonanotte- gli dissi.
-Buonanotte-
Mi diede un ultimo bacio, dopo di che mi sorrise e andò via, lasciandomi la mano solo quando fu troppo lontano per tenerla.
Con il cuore a mille e lo stomaco pieno di farfalle, aprii la porta.
Faith e Alex, fortunatamente, stavano già dormendo.
Mi sistemai, e prima di mettermi a dormire guardai un'ultima volta la nostra foto.
La impostai come sfondo del cellulare, dopodiché lo spensi.
Poche volte mi ero sentita così felice.
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Lost in my memory [IN REVISIONE]
Teen FictionMiley, dopo un incidente che la fa rimanere in coma per un po' e le fa perdere temporaneamente la memoria, cambia la sua vita radicalmente trasferendosi a San Francisco. Inizia a frequentare la San Francisco Academy, e tra le nuove conoscenze ritrov...