3- Vedo tutto bianco

4.7K 131 61
                                    



Alla mattina dopo un profumo intenso di pancakes mi investe le narici, portandomi a ad alzare una mano e tirami indietro i capelli, cercando di capire dove mi trovo.
Appena i ricordi del giorno prima mi tornano alla mente mi tranquillizzo e lancio un'occhiata all'orologio che porto al posto.

Fantastico.
Sono le nove.

Mi alzo in piedi e mi stiracchio emettendo gemiti e sbadigliando.
Mi infilo i vestiti di ieri e dopo essermi sciacquata la faccia esco dalla stanza.
Percorro i corridoi fino alle scale, e comincio a scendere le scale impaziente di trovare Aidan. All'ultimo gradino un pupazzo di Alicia mi fa inciampare e prima di poter urlare o fare qualsiasi altra cosa idiota cado rovinosamente a terra, battendo la testa.
Scorgo Langdon che pulisce i vetri in salotto prima che cominci a girarmi la testa e che tutto diventi buio.

Oddio.
È tutto bianco.
Sono morta, sono in paradiso.
No ma davvero?
Vedo tutto bianco...

«Vede tutto bianco perché il soffitto è bianco, Diane.» gli occhi azzurro ghiaccio di Aidan si scontrano contro i miei, e mi scrutano in cerca di malori.
Sbatto le palpebre un paio di volte per abituarmi alla luce della stanza e aggrotto le sopracciglia.
Mi alzo reggendomi sui gomiti e scorgo Alicia e Ashton che masticano delle fette di pane tostato poco lontano.
Aidan mi aiuta ad alzarmi e mi fa sedere sul divano del salotto.
«Che è successo?» gli chiedo premendomi una mano sulla testa.
«Sei caduta.» risponde soltanto lui, versando in un bicchiere della spremuta d'arancia prima di porgermelo.

Cazzo non ci ero arrivata.
Grazie mille, davvero.

Mormoro un debole "grazie" e bevo a grandi sorsi il contenuto del bicchiere, respirando lentamente.
«Dobbiamo andare a recuperare la tua roba.» mi dice poi, sistemandosi la camicia davanti allo specchio.
«Alicia, Ashton, siete in ritardo.» ringhia poi, rivolto ai bambini.
Loro due corrono via ed io mi alzo spazzolandomi con le mani i pantaloni.
«Sei pronta?» mi chiede afferrando la sua giacca. Io annuisco e infilo una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio.
«Andiamo.» ordina prima di aprire la porta d'ingresso.
Se ieri mi ero dimenticata di quanto questo posto fosse macabro, oggi che attraverso il giardino me ne rendo conto.

Sembra una casa degli orrori vista da fuori.
Dentro migliora dai.
Ma fuori è da infarto.

«Dovreste decorare un po' il giardino, sai, fiori e tavolini.» dico gesticolando, mentre raggiungiamo la sua macchina.

Che poi questo qua che lavoro fa?
Non sarà mica uno spacciatore?
Oppure un killer.
Oddio.

Lui non mi risponde, e mi apre la portiera della macchina.
Dopo essere salito e aver messo la cintura accende macchina. Con il telecomando elettronico apre il cancello che dà sulla strada e poi io non riesco più  a trattenermi.
«Che lavoro fai?» gli chiedo torcendomi le mani.
«Sei un killer?» mi scappa prima che possa premermi le mani sulle labbra.
Lui mi lancia un'occhiataccia e continua ad ignorarmi.
«Dove devo andare?» mi chiede dopo alcuni minuti di silenzio imbarazzante, in cui lui risplendeva in tutta la sua bellezza, e io urlavo parolacce dentro la mia testa.
«A casa mia.» mormoro abbassando lo sguardo. Passano alcuni minuti di tensione in cui lo sento sbuffare e sospira prima di rallentare e chiamarmi.
«Diane?» mi chiede, voltandosi verso di me. Io alzo lo sguardo incontrando i suoi occhi azzurri già sul mio viso, e abbozzo un sorriso.
«Sì?» chiedo con voce sognante.
«Io non so dov'è casa tua.» replica lui, con una smorfia divertita.

Cristo
Perché sono nata andicappata?

«Oh cielo, scusa. Dall'altra parte dei binari, Madison street 25.» mormoro arrossendo.
Lui si dedica alla guida ed io mi mordo ripetutamente il labbro sperando di dimenticare presto questa figura di merda.

Cruel in loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora