11- Assassino di conigli

3.8K 123 8
                                    

«Sviene di continuo.»
«Colpa tua, sicuramente.»
«Non credo. Ma mi dà fastidio.»
«Uccidila.»
«Secondo me frequentare un sicario non ti fa bene.»
«Dici? Mi fa un sacco di sconti...»

Porca puttana
Questo non è Jamie che parla
Che sicario?
Sono sicura che Aidan mi vuole uccidere
Appena trovo la forza di alzarmi mi licenzio.
Allora
1...2...3

«Mi sembra di passare troppo tempo a terra ultimamente.» borbotto alzandomi sui gomiti sul lettino d'ospedale.
La vista sfocata non aiuta a stabilizzarmi, ma nonostante il dolore alla fronte metto a fuoco Aidan e Candice Swanepoel. Cioè, una sosia molto simile, con un camice da medico però. Dobbiamo essere in ospedale.

Perspicace, eh Diane?

«Ah, dimenticavo: mi licenzio.» dichiaro alzando un dito, mentre la mia vista si appanna di nuovo.



Ultimante svengo troppo spesso.
Davvero spesso.
Ma quella che ho davanti è davvero Candice? Bah, sarà magia...cos'è che sta dicendo?

«Dovrebbe riposare un'altro po', non puoi aspettare? Ehi, mi senti? Questa a momenti muore.» mi sussurra in faccia la modella di victoria's secret in trasferta. Sbatto le palpebre mettendo a fuoco i suoi occhi azzurri che mi fissano preoccupati.

Ok
Però allontanati un'attimo
Un mezzo centimetro eh

«Dalle un caffé molto zuccherato e si riprende.» constata Aidan apparendo nella mia visuale.
«Sto morendo?»
«Nah, non credo.» fa lui, con una smorfia indecisa.
«Non credi?!» chiedo con una leggerissima sfumatura di panico nella mia voce.
«Non penso, insomma, sei intera, parli, dici cazzate. Mi sembri viva.» continua con aria di sufficienza, facendo dondolare davanti ai miei occhi un bicchiere di caffè.

Simpatia ne abbiamo?
Questo bel medico comincia a farmi girare le scatole.

Assottiglio lo sguardo e afferro il bicchiere, tirandomi a sedere.
«Tu mi ucciderai.» sussurro prima di buttare giù un sorso di liquido marrone e magico.
«Sono Sandy. Piacere.» mi fa la  modella, tendendomi una mano. Deglutisco rumorosamente e le stringo la mano scrutandola.
«Sembri Candice Swanepoel, lo sai?» le sussurro io.

Evidentemente sono ancora un po' ricoglionita
Un po' tanto

«Grazie!» mi risponde lei con un sorriso abbagliante.

«Potresti muoverti a bere quel caffè? Vorrei andare a pranzo prima che si faccia notte.» mi dice Aidan con un sorriso acido.
«Ci tieni propio a far sembrare il mio assassinio casuale eh?»
«Certamente. Stavo giusto per chiamare il ragazzo di Sandy, è un sicario sai?»
«Almeno adesso so chi dare la colpa nella mia lettera di addio. Mi darai il tempo di scriverla vero?» chiedo con sarcasmo.
«Non se tu non mi darai il tempo di pranzare.» ribatte lui, infilando le mani in tasca.
«Va bene, addio Sandy. Dì al tuo ragazzo di non farmi troppo male. Ti ho voluto bene.» dico alzandomi mentre le mollo il bicchiere di caffè tra le mani.
Mi sistemo il vestito mentre Aidan afferra una cartella clinica e mi tiene aperta la porta mentre esco dalla stanza guardandomi attorno. Ebbene sì, siamo in un ospedale.
Gli ospedali a dire il vero mi hanno sempre messo un po' d'ansia.
Quando Jamie, o la nonna, mi ci portavano, voleva dire che era successo qualcosa di brutto, prima a papà, poi a mamma. Ancora oggi, se sento quell'odore di candeggina, mescolato alla speranza, mi si stringe il cuore.
Ho visto persone che stavano peggio di me, e ne ho viste tante, ma nonostante questo, il mio dolore rimane sempre lo stesso. Posso piegarlo e nasconderlo, ma c'è sempre.
Quando papà veniva trovato ubriaco, sul ciglio della strada, drogato, mente molestava una donna beccandosi una bottiglia in testa, oppure solo in completa depressione, circondato da fogli, con atti di pignoramento e denunce, allora l'ospedale era il luogo dove passavamo più tempo.
E così con mamma, andò avanti per troppo tempo, tra centri di riabilitazione e gruppi di sostengo, anche se, a quanto pare, non sono serviti.

Mi stringo nelle spalle mentre attraverso l'ingresso luminoso. Il suono delle mie scarpe sul pavimento lucido è sempre stato lo stesso, e anche i brividi.

«Ho fame, decisamente fame.» affermo una volta all'aria aperta scacciando i ricordi dalla mia testa.
«Beh, stiamo andando a pranzo, fai tu i conti.» mi risponde lui porgendomi un casco.

Il viaggio in moto è piuttosto piacevole, perché mentre la brezza mattutina mi sferza il viso costringendomi a pensare a quanta crema mi toccherà mettere, riesco a calmarmi e a rassicurarmi, stringendo Aidan come un bambolotto, nonostante le numerose proteste.
Quando una distesa azzurra appare ai miei occhi comprendo che siamo arrivati dall'altra parte del paese, quella che affaccia sul mare.
Il profumo del mare mi fa impazzire a dire il vero, e neanche le candele al profumo di "brezza marina" mi aiutano tanto quando esserci davvero ogni volta che posso.

Aidan si ferma davanti all'entrata di un ristorante dall'aria raffinata e si toglie il casco, scuotendo ancora una volta la chioma castana. Io invece tento di ravvivare il nido informe che ho in testa.

«Vieni Diane.» mi fa con un tono insolitamente dolce. Mi fa cenno di seguirlo su per le scale che portano a una terrazza a strapiombo sulla spiaggia. Il mare luccica sotto il sole, i gabbiani sembrano giocare sulle correnti, il vento mi costringe a spostarmi i capelli dal viso più volte.
«Non è splendido? Vado a chiedere un tavolo per due, aspettami qui.» mi fa prima di scomparire all'interno del locale dalle vetrate enormi.
Poco dopo torna con un cameriere al suo seguito.
Ci fa sedere vicino al bordo della terrazza, portandoci subito una bottiglia di vino rosso propio con l'aria di quelle che non mi potrei permettere per nulla al mondo, ma che per caso, posso assaporare.
Dopo aver ordinato Aidan si concede un sospiro e parecchi sorsi di vino.
«Hai davvero ordinato del coniglio? Non ti senti in colpa? Quel povero coniglietto, magari bianco. Vuoi vedere una foto? Dovrebbero farti pena.»
«Sei vegetariana?»
«No, ma mi rifiuto di mangiare tutte le cose carine, tipo i conigli, i cavalli, gli agnelli, tranne i polli, perché mi stanno antipatici, e i maiali, perché quando ero bambina uno mi ha aggredito.»
«Gli avrai fatto qualcosa di male.»
«No, per nulla. E non cambiare discorso, rimani sempre un assassino di poveri coniglietti.»
«Pensa al polpo che hai nel piatto Diane, una volta sguazzava felice nel mare, insieme ai suoi amici polpi.»
«Ah. Adesso mi sento ipocrita.»
«Già.»
«Beh, comunque simpatica, quella Sandy.»
«Già. Ha fatto partorire mia moglie.»
«Ah. È morta di parto?»
«No, Sandy è un'ottima ginecologa. È morta assassinata.»
«Che ne dici di rifare il gioco delle domande?»
«Mi servirà un sacco di vino.» sospira lui.
«Ne sono sicura.»





Ehilà bella gente
Sono ancora quiiiiii
Non vi libererete mai di me
Comunque
Ho provato a scrivere un bel capitolo, spero vi sia piaciuto.
Alla prossima
Lily

Cruel in loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora