10- Rispetto il tema della casa

3.9K 117 25
                                    

«Bambini del cazzo, brutti bastardi, figli di una...»
«Cosa hai detto Diane?»

Mi volto di scatto, spostando con il piede i cocci dell'ennesimo vaso rotto.
Aidan mi guarda con un sopracciglio alzato.
Non lo vedo da due giorni a dire il vero.
È rimasto chiuso nel suo studio a parlare in francese e tedesco per ore e ore.
E lo dico perché si sentiva da fuori, non perché abbia cercato di estorcere informazioni a Langdon.

«Ehm...io? Io nulla, davvero nulla. Tu...tu hai detto qualcosa?» replico abbozzando un sorriso da psicopatica.
«Che hai fumato stamattina? Sembri strana.»
«Nulla, non ho fumato nulla. Cioè un po' di marijuana mentre mescolavo il latte ad Anastasia e-»
«Molto divertente Diane, potresti vendere la tua simpatia a colui che ti riduce in questo stato? Sembri appena uscita da un film horror.»
«Beh, rispetto il tema della casa.» borbotto infastidita. «Se mi per,etti di presentare a tuo figlio la parcella dei danni morali poi-»
«Serve a qualcosa ricordarti che ti posso licenziare quando voglio?»
«No, non c'è bisogno. Ti serve qualcosa? Perché sennò io vado eh-»
« Vestiti per uscire, mi servi per una cosa.»
«Va bene, un secondo e-»
«E raccogli i cocci del vaso cinese Diane.» mi interrompe lui scendendo le scale.

Cazzo
Se n'è accorto

                                   ***

«Dove hai detto che andiamo?» chiedo cercando di non rimanere indietro.
È troppo alto, decisamente troppo alto.
E cammina troppo veloce.

Perché madre natura non mi ha donato una decina di centimetri in più?

Aidan intanto infila una sigaretta in bocca, la accende e continua a camminare velocemente per le strade deserte di cemento.

Ma perché ho messo un vestito stamattina? Non si corre con i vestiti.

«Mi potresti rispondere?» chiedo infastidita, saltellando per tenere il ritmo.
Lui ovviamente, invece di rispondere a me, risponde al cellulare.
«Cosa vuoi? No, non ancora. E io che cazzo posso farci? Ma ti senti quando parli? Ah beh, allora va bene, certo, io sono il tuo zerbino vero? Quindici minuti testa di cazzo, puoi resistere per quindici minuti. Non farla allontanare se c'è la fai.» chiude la chiamata digrignando i denti e infila il cellulare in tasca. 
Io intanto inciampo e gli finisco addosso aggrappandomi alla camicia.

Ma perché sono nata storta?
Adesso mi fa fuori. Tira fuori una pistola e mi uccide. E non ci vedrà mai nessuno e nessuno troverà mai il mio cadavere.

«Mi dispiace. Non capiterà più. Spero. Colpa del sasso.» sorrido in modo patetico e mi tiro in piedi sulle mie gambe, mentre Aidan mi fissa trattenendosi dall'urlare parolacce.
Probabilmente in francese.

Riprende a camminare di fretta e qualche minuto dopo si ferma davanti a un garage dalla serranda sporca e grigia.

Minchia che allegria.

Lui tira fuori dalla tasca un telecomando e preme un bottoncino rosso, mentre io osservo la serracinesca alzarsi.
Aidan butta a terra la sigaretta, la spegna con la suola della scarpa e poi entra nel garage.
«Vieni Diane.» mi fa mentre recupera delle chiavi da un mobiletto di ferro arrugginito.

Si avvicina a una sagoma scura coperta da un telo nero, e quando lo scosta intravedo una moto rossa.
«Non ti facevo tipo da moto.» commento mentre lui tira fuori due caschi.

Aspetta cosa?
Due caschi?

«Non vorrai-»
«Salta sù Diane, sono di fretta.» mi incita salendo sulla moto, mentre spinge da parte il cavalletto e si avvicina all'uscita.
«Io non ci salgo su quella cosa.»
«Ci sali invece, o rimani a piedi.»
«Ho un vestito.»
«Non devi stare in piedi, puoi sederti.»
«Esilarante. Moriremo entrambi. Io non mi fido di te.» piagnucolo battendo un piede a terra.
«Andiamo bene.» sospira lui. «Bene Diane, ci vediamo quando arrivi.» replica infilando il casco. Sta per partire quando agito le braccia per farlo fermare.
«Allora sali?» mi chiede tirando su la visiera.
«Dammi il casco.» borbotto prima di salire dietro di lui.
Intreccio le mani sul suo torace e osservo i suoi movimenti.
E poi ovviamente il sangue gli va alla testa e tira fuori il telecomando.

«Aidan siamo ancora dentro il garage non so se te lo ricordi... cosa cazzo stai-»
«Reggiti e abbassa la testa.» replica mentre spinge il bottoncino e gli ingranaggi si azionano.
Stringo le braccia attorno a Aidan che parte accelerando sempre di più.
Abbassa di scatto la testa quando passa sotto la serranda che si chiude.

Morirò.
Adesso muoio.
Io lo sapevo.

Appena mi accorgo di essere ancora viva alzo la testa e urlo.
«Ma che cazzo fai?! Mi volevi uccidere?!» strillo mentre lui ride sfrecciando per le strade deserte.

Urlo per buona parte del viaggio, mentre lui continua a ignorarmi, prima di frenare di scatto davanti a un'edificio completamente bianco. Scende dalla moto prima di me e si toglie il casco scuotendo i capelli castani.

Io intanto cerco di non ammazzarmi cadendo mentre mi tolgo il casco e scendo dalla moto contemporaneamente.

Sistemo il vestitino a fiori e lo guardo mentre sistema i caschi nel baule.
«Andiamo.» dice camminando verso l'edificio bianco. Lo seguo in silenzio osservando le punte delle mie scarpe.

Evidentemente se guardo a terra non posso vedere le porte scorrevoli trasparenti contro la quale vado a sbattere la testa.
Sento un crack e mi porto una mano alla fronte prima di indietreggiare e cadere nel buio più completo.

Io l'avevo detto che oggi morivo.


Ehi gente
Capitolo di passaggio lo so
Spero non faccia troppo schifo
Lo so, Diane sviene di continuo, i'm sorry è l'effetto di Aidan
A prestissimo con novità incandescenti
Lily

Cruel in loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora