<Capitolo 11>

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Era strana la vita, lo era sempre stata.
Per quel che valeva, Remus non l'aveva mai pienamente apprezzata, perché odiava il fatto di essere vivo quando in realtà avrebbe potuto anche evitare di esistere e restare tranquillo nella beatitudine della morte eterna.

Ma chi voleva prendere in giro? Nessuno glielo avrebbe permesso, di morire tranquillo.
E seppe con certezza che la sua vita aveva preso un'altra concreta svolta quando aprì la porta della villa di James.
Non avrebbe dovuto stupirsi, eppure lo fece.
La casa era piena di cartacce sporche, festoni e addobbi colorati sparsi ovunque, anche se era certo che non fosse il compleanno di nessuno.
Sì, non dimenticava mai le date di compleanno e quello fu il motivo che lo portò allo scoprire di quell'enigma strano.
James e Peter erano in cucina, e avevano comprato una gigantesca torta alla crema di nocciole e panna, che lo attendeva tranquilla in attesa di essere divorata.

Lo sguardo pensieroso dei due ragazzi si illuminó non appena Remus entrò nella stanza.
《Rem! Hey. Sei tornato》
Lui annuì, girando la testa e ammirando il disastro che avevano fatto per preparare il dolce.

《Non credo di volermi scusare con voi per la mia stupida crisi di nervi, perché a stare con voi non si finirebbe mai, ma sono consapevole di aver esagerato per un nonnulla》 espresse il suo pensiero.
Poi continuò, fissando la torta. 《Ma cos'è tutto questo? Sembra che sia apparso un unicorno a vomitare arcobaleno》

Peter si fece avanti, cercando di nascondere l'espressione vorace che l'odore terribilmente dolce gli provocava.
《È per te. Ci dispiace di aver mangiato la tua cioccolata e anche di aver messo mani nella tua privacy》

Remus fece una strana espressione, che probabilmente suscitò qualcosa negli amici.

《Che c'è? Non ti piace?》 Domandò il ragazzo goloso, cercando di non toccare la torta.

《No...》 rispose Remus. 《No. Nessuno mi aveva mai fatto tutto ciò per me. È...》 si fermò, guardando i due e apprezzandoli per il tentativo così gentile, nonostante tutto. 《Troppo, ma grazie》 commentò, alla fine. 《È meraviglioso》

James cacciò un sospiro di sollievo.
《Basta un po' di gentilezza, con te? Anche se ho capito che nascondi qualcosa sotto la tua aria terribilmente gentile》

《Non nascondo nulla, James. Nel caso, ti mando una cartolina. Ci vuole solo tantaaaa pazienza, tutto qua》 rispose, sorridendo. Poi l'assenza di Sirius alla fine si fece notare, quando decise di tagliare quel paradiso.

"Peter sta morendo dalla voglia, poverino. Se continua così, ucciderà."
"Macché, ha già mangiato tre volte da stamattina."
"Peter!"

《Ragazzi, dov'è Sirius?》 Chiese Remus, dopo che ebbe capito che non sarebbe arrivato.

James fece spallucce, mentre mise in bocca la forchetta.《Forse è in camera sua. Prova lí...》 Poi si rivolse a Peter. 《Oddio, Pete, è squisita. Assaggiala!》

E, sorridendo, uscì dalla cucina per cercare Sirius.

***

《Come dici sempre, la luna e le stelle stanno ferme al loro posto. Forse si muovono, sai, ma le vediamo ogni volta che alziamo lo sguardo. Anche ora》

Sirius era appollaiato sul tetto spiovente, a dieci metri dal secondo, e a trenta dal terreno, seduto a gambe penzoloni e con un cestino chiaro accanto a sé, che mal si intonava al suo abbigliamento da giovane  ragazzo ribelle.
I capelli neri erano lasciati liberi a fluttuare nella mite brezza atipica di quei giorni calorosi, così particolarmente piacevole da essere troppo perfetta.

《Sirius 》 Proruppe Remus, sporgendosi dalla finestra. 《Cosa ci fai lì?》 Domandò, osservando attentamente  il ragazzo. All'occhio intravide che qualcosa era successo, e non solo per que livido particolare che sbucava dalla maglietta, ma anche dall'atteggiamento schivo che mai assumeva e soprattutto, dopo tutto quel tempo che si conoscevano, nemmeno una volta lo aveva visto così abbattuto.
Ubriaco perso, certo. Talvolta anche a livelli assurdi, e non era poco per un ragazzo che era là da poco più di sei settimane.
E quella parte malinconica di Sirius, così pieno di energie, non gli piaceva del tutto.
Remus seppe immediatamente che non avrebbe potuto lasciarlo da solo.
Scavalcó goffamente la finestra, come chi non è esperto di ciò (perché non l'aveva mai fatto) e si trascinó vicino all'amico.
La stretta tettoia li riparava dal sole accecante, agevolati anche dalla presenza onnipresente delle nuvole quasi tipiche del territorio.
Ma si riusciva comunque a notare un accenno pallido e scolorito della luna in lontananza, perché sí, il satellite si vede. E non se ne va. A Remus la luna non piaceva, al contrario del novantanove percento della popolazione mondiale.
La odiava e non sapeva il motivo.
E, ad essere onesti, gli andava bene così. Non voleva complicarsi la vita più di quanto già non fosse.

-a la Luz de la Luna- Marauders AU  [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora