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Jimin


Avetepresente quando da piccoli eravate in macchina ed eravate convintiche la luna vi avrebbe seguito ovunque foste andati? Io quando eropiccolo guardavo fuori dal finestrino e fissavo quel cerchiettobianco nel cielo, sapendo che ovunque fossi andato la luna sarebbestata lì. Era come una costante in una vita piena di incertezze. Sinda piccolo avevo paragonato Taehyung alla luna. Lui c'era semprestato. Era la mia di costante. Era la mia certezza. Forse l'unica cheavessi mai avuto. Quando pensavo a me e lui, ci vedevo un po' come laterra e il sole. Io lì, a girare per conto mio, e lui sempre lì,pronto ad illuminarmi e farmi compagnia. Forse la pensavo cosìperché Taehyung era sempre riuscito a farmi sentire importante. Mala realtà è che la luna non può sfuggire, il suo destino è quellodi girare sempre intorno alla terra. Allora perché Taehyung se nestava andando? Allora perché mi stava lasciando lì? Mentre Yoongimi stringeva fra le sue braccia, capii che Tae non era la luna. Luiera il sole. Lui era il centro di tutto. Ero io a dipendere da lui.Ero io a girargli intorno. Ero io che avevo più bisogno di lui, diquanto lui ne avesse di me. - mi dispiace – gli dissi prima che siallontanasse con Jungkook, ma non sapevo se lo avesse capito. Nonsapevo neanche se gli interessasse più. E come dargli torto? Gliavevo detto di volere una pausa, senza riuscire a spiegargli ilperché. Senza riuscire a dirgli che avevo bisogno di una pausa perfare le cose con ordine. Per fare le cose come avrei dovuto farle sindal principio. Che avevo bisogno di una pausa per chiudere come sideve con Yoongi, per dare un minimo di importanza e dignità a quellarelazione che mi aveva fatto crescere in tanti modi. Mentre Yoongi miprendeva la valigia e mi faceva domande sulla gita la mia mente eralontana anni e luce. Captavo le sue parole a tratti, come se stessiascoltando una stazione radio che prendeva ad intermittenza. Cercavodi sorridergli, ma non riuscivo a fare a meno di pensare a Tae che siallontanava con Jungkook, all'abbraccio di Yoongi appena ero scesodal pullman, abbraccio in cui speravo di potermi sentire di nuovo acasa, ma che mi aveva fatto sentire come un estraneo. Mi ero illuso,per tutto il viaggio, che quella sensazione di vuoto che miattanagliava il petto si sarebbe alleviata una volta che lo avessirivisto. Perché ne ero convinto? Perché l'ultima volta che mi erosentito pienamente sereno era stata con Yoongi. Era stato prima diTae. Era stato davvero tanto tempo prima, forse troppo. Mentrecamminavo la mia stanza mi sembrava essere così lontana, e io nonvedevo l'ora di arrivarci e dormire. Era da un po' che non desideravoaltro. Dormire per non pensare. Dormire per non sentire. Al mattinoquando sentivo la sveglia suonare tutto quello che volevo fare eragirarmi dall'altra parte e sprofondare di nuovo in un sonno profondo.Era come se non avessi più nessun motivo per svegliarmi. Ognimattina sapevo che aprendo gli occhi sarei stato assalito da tuttaquella merda che mi tenevo dentro. Sentimenti che non volevo provare.Sentimenti che non riuscivo più a sopportare e che sembravano farmiandare fuori di testa. Dal momento in cui avevo chiesto a Taehyunguna pausa non avevamo quasi più parlato. Mi dispiaceva? Da morire. Equesto non faceva altro che peggiorare il mio stato d'animo, perchéalla fine avevo perso il mio migliore amico, oltre il ragazzo cheamavo, era tutta colpa mia. Era colpa mia perché ero stato io abaciarlo per primo. Perché ero stato io a mettere a rischio lanostra amicizia. Perché ero stato io a distruggere poi tutto con lemie stesse mani. Quando arrivai alla porta della mia camera Yoongifece per entrare ma io lo fermai

- senti .. sono stanco, ho voglia di dormire un po'. Ti spiace se ci vediamo dopo? - Yoongi mi guardò per un attimo interdetto. Poi si limitò ad annuire

- certo ... ci vediamo dopo – si sporse verso di me per darmi un bacio sulle labbra, ma io voltai la testa, facendo così collidere la sua bocca con la mia guancia. 

- Allora a dopo – dissi tentando un sorriso e chiudendo la porta. Chiudendolo fuori. Mi dispiaceva? Bhe, ormai la conoscete la risposta. Feci scattare la chiave nelle serratura e inspirai profondamente, mentre quella sensazione di oppressione si faceva largo in ogni particella del mio corpo. Senza neanche rendermene conto mi ritrovai seduto per terra, schiena contro la porta, mani nei capelli, ginocchia al petto e tutto il corpo scosso da singhiozzi. Perché stessi piangendo? Per tutto. Per niente. Mi sembrava di aver così tanti motivi per stare male, ma allo stesso tempo mi sembrava come se nessun motivo fosse realmente abbastanza

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