Capitolo 34

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Sbadiglio assonnata mentre guardo un po' di televisione in salotto.

Non ho dormito molto, e profonde occhiaie mi circondano gli occhi. Non ho nemmeno perso tempo a tentare di nasconderle.

- Lenah.

- Che cosa c'è?

Adam si avvicina cauto al divano sul quale sono seduta. Si siede accanto a me.

- Vorrei parlarti.

- Ti ascolto - dico con tono distaccato mentre continuo a cambiare canale di continuo.

- Potresti smetterla di guardare il televisore ed invece prestarmi attenzione?

Vedendomi presa completamente dalla televisione, esclama:

- Cazzo, Lenah, puoi ascoltarmi e guardarmi in faccia per cinque minuti?

Mi volto, irritata.

- Mi devi parlare, no? Be', le orecchie per sentirti le ho.

Mi rigiro verso il televisore.

- Cristo, Lenah, molla questo fottuto telecomando - esclama, mentre me lo sfila dalle mani e spegne la TV.

Continuo a guardare verso la televisione, ormai spenta.

- Volevo dirti che mi dispiace per averti ignorata. Mi sono comportato da stronzo.

- Sei uno stronzo - confermo.

- Io voglio solo sapere che cosa hai, Lenah.

- Che cos'ho? E cosa avrei, una malattia?

- Mio padre conosce un bravo psicologo e studiando il tuo caso, ha concluso che...

- Studiando il mio caso?

- Da quanto tempo va avanti questa storia? Mesi? Settimane? Giorni?

- Da quando ti sei svegliata stravolta, e poi sei sparita e sei tornata nel cuore della notte - ribatte calmo Adam.

- Voi prendete decisioni così, alle mie spalle? - alzo il tono della voce. 

Ormai sono furiosa e fisso i miei occhi nei suoi.

- Prendiamo decisioni per il tuo bene e per preservarti. So che è difficile da accettare di ascoltare simili parole, ma per lo psicologo, per...noi, tu sei sotto stress. Sei prigioniera della tua stessa mente. 

La verità di queste parole mi colpisce come un treno in corsa, ma non voglio ammetterlo ad alta voce, perché è già abbastanza dura doverlo ammettere a me stessa. Adam cerca di avvicinarsi ancora, di toccarmi, ma mi scanso bruscamente e lui lascia ricadere la mano che aveva allungato verso il mio braccio. 

- Sai che ti dico? Vaffanculo, Adam.

Mi alzo e me ne vado, sbattendo la porta d'ingresso.

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