3. Invito

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Strinse l'elsa di Alice, cercando di placare la tensione che le permeava le membra. 

Non si era aspettata di ricevere una lettera da Edward al suo ritorno, né che quella lettera fosse ciò che aspettava da così tanto tempo. 

Era firmata con effige di fiori e spine che sembravano soffocare il simbolo stesso della Gilda, due rombi colorati di nero posti uno poco sopra l'altro a formare l'immagine di una cappa. Chiunque l'avesse scritta non si era perso in discorsi inutili: in poche righe era stato riassunto tutto ciò che Elettra aveva bisogno di sapere per affrontare il suo Passaggio. 

Quel foglio sottile sembrava pesare come un macigno nel fondo delle tasche del suo mantello. Non le serviva cercarlo per sapere che era lì. Finalmente aveva con sé la prova che sarebbe stata ammessa dall'altra parte di quel muro invisibile che spaccava in due la Gilda, la prova che era stata giudicata come degna. La prova che era uno tra i migliori adepti. 

Il contatto con l'arma conosciuta non riusciva a far scemare l'ansia dell'attesa. Non le avevano detto che cosa avrebbe dovuto fare, ma solo il luogo e l'ora in cui avrebbe dovuto essere presente e pronta. 

Aveva camminato a lungo, uscendo dalla città e dirigendosi a Sud. Dopo una ventina di minuti sulla strada principale aveva virato verso Ovest, seguendo il sentiero che si immergeva tra gli alberi e spariva nella foresta di Gandala. 

Pur essendo vicina alla città era abbastanza estesa da essere pericolosa per gli uomini che ci si addentravano troppo profondamente, ma Elettra aveva la mentre così occupata dall'aspettativa da non preoccuparsi dei rischi che avrebbero potuto attenderla al suo interno. Sapeva come evitarli e era certa di poterli affrontare. 

Primo bivio a destra. 

La vegetazione si era infittita in fretta attorno alla via, un'unica striscia di terra nuda cosparsa di impronte. Il terreno aveva ceduto piano sotto i suoi piedi lasciando traccia anche del suo passaggio. 

Cinquanta passi. 

Si era allontanata lungo una strada più stretta e meno battuta. 

Ad Ovest fino al ruscello. 

Era uscita da essa immergendosi tra gli arbusti verdicci che la primavera aveva da poco chiamato alla luce. Aveva sentito rami spezzarsi e visto lo scatto scuro di un capriolo tra i tronchi degli alberi. 

Raggiungi la sua fonte. 

Aveva seguito il rivolo d'acqua con cautela, maledicendo l'attesa ed i rovi su cui il mantello tentava di aggrapparsi frenando la sua marcia ed era arrivata in una piccola radura. 

Aveva visto allora una forma accucciata vicino all'argine della pozza d'acqua in cui la corsa del ruscello rallentava fino a fermarsi. Vestito in maniera semplice di color ametista, il giovane seduto a terra sembrava raccolto in un momento di preghiera e riflessione. Aveva estratto le mani dall'acqua del piccolo stagno e l'aveva guardata sorridendo con occhi dello stesso colore chiaro del cielo. Aspettava lei. 

Lo stava seguendo da ormai diversi minuti. 

Elettra appoggiò la suola degli stivali seguendo i suoi passi uno ad uno, senza lasciare che l'erba si rialzasse. Non si erano scambiati nessuna parola, oltre ad un ordine informale a cui aveva obbedito immediatamente: «Seguimi».

Alzò gli occhi da terra per guardarlo. Tatuaggi neri decoravano il cranio rasato e percorrevano la nuca, scendendo lungo il collo e venendo nascosti dai suoi abiti. La giornea viola che portava era posta sopra ad un'anonima tonaca avorio ed entrambe erano fermate in vita da una cintura di cuoio. 

Ombre di AmbraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora