21. Gligar

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Sei un idiota. So quello che ho visto ed è talmente lampante da fare paura. 

Gligar sta temporeggiando! Non gli interessano i soldi, non aspetta che io sia sola: aspetta di vedere se sono aiutata da qualcuno. Se già il nostro scambio di lettere è compromettente, seguirmi fino a qui è un'idea folle. É paradossale, ma fintanto che me la gestisco con i miei mezzi sono più al sicuro che con te. Credimi, Galena: sta giocando con noi. 

Se quell'uomo è pericoloso come dici allora evita di correre rischi: evita la Gilda, evita la città e spostati subito ad Ovest. So cavarmela da sola. Lasciami scappare e non comprometterti. Rimarrò ad Alden fino all'alba successiva alla luna nuova: se non mi ascolterai mi troverai nella villetta Humbel. É sempre vuota d'estate. 

Spero di non vederti, ma ho davvero voglia di sbatterti in faccia un bel "Te l'avevo detto".


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Nella sua risposta frettolosa aveva perso il filo del discorso e ignorato tutti i sottintesi e le richieste che Grey le aveva sottoposto. La lettera appena ricevuta era partita due giorni prima da Gal'Duin, quindi lei era in pericolo e il suo complice rischiava di essere già in città a farsi scotennare. 

Elettra sedette nella veranda della casa e poggiò le spalle al muro dietro di sé, annientata dal caldo e da una spiacevole sensazione di soffocamento che le stava montando dentro il petto, stringendole i polmoni e la gola in una morsa. La missiva di Grey aveva viaggiato troppo lentamente, la sua non si sarebbe mossa dalla drogheria di Alden fino al momento in cui lui in persona non l'avrebbe ritirata. 

Imprecò a bassa voce cercando di respirare più profondamente. Quando sarebbe arrivato di nuovo l'inverno? Quando sarebbe terminata tutta questa enorme pazzia? 

La luna nuova sarebbe stata quella notte. Poteva solo rimanere lì, sperare che Grey leggesse il messaggio e decidesse di andarsene. La logica le suggeriva che sarebbe stato meglio per entrambi: Gligar non avrebbe potuto ricostruire il loro legame e Grey sarebbe stato salvo senza un confronto diretto con lui. Qualcosa di meno razionale però, desiderava il suo contatto. Una voce sottile le sussurrava all'orecchio ricordandole quanto lentamente era trascorso il tempo dall'ultima volta in cui lei e l'assassino avevano parlato di persona e quanto a fondo era penetrato il segno invisibile che lui aveva tracciato sulla pelle con la sua stretta improvvisa. 

Della sua minacciosa promessa non era rimasta solo la paura, no. Anche se non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, Elettra covava aspettativa perché sapeva che Grey non l'avrebbe lasciata sola fino a quando non avrebbe avuto quello che voleva, provava fiducia, sentiva una tensione vibrante verso colui che le stava salvando la vita. Tutte emozioni che non poteva permettersi di vivere, pensieri così intensi e così estranei da annientarla per il solo motivo di averli intravisti nella sua mente. 

Scosse la testa e rivolse gli occhi al cielo, lasciandosi accecare per un momento dalla luce del tramonto riflesso dallo spesso vetro opaco sulle pareti della stanza. Voleva vederlo e voleva che rimanesse in vita, ma, intrappolati nella rete di eventi che li volevano come protagonisti, questo non era possibile.


* * *


Illuminando la strada con la luce fioca di una candela Grey continuò a camminare sul pavimento di legno dirigendosi verso l'anticamera del corridoio del piano terra. 

Indugiò ancora un secondo, prendendo il tempo necessario per ascoltare. Con il passare delle ore le chiacchiere degli avventori si erano fatte più deboli, così come quelle sulla strada. Non c'era nessun fiato in quei metri cubi d'aria. Il sordo silenzio del piano gli ronzava nelle orecchie, calmandolo: Gligar doveva aver subito gli effetti del veleno nel sonno. Accertarsi della sua morte sarebbe stato uno scherzo, quasi come riscuotere la taglia che aleggiava sulla sua testa nella bacheca ufficiale della Capitale, un ulteriore guadagno proveniente dal suo assassinio. 

Ombre di AmbraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora