11. Cappa Nera

7 1 0
                                    


«La visita allo sceriffo non è stata fruttuosa» 

Elettra infilzò con la forchetta il boccone di carne ascoltando Greshu e Gabriel aggiornarsi sulle ricerche del pomeriggio. Erano arrivati in città verso pranzo e non avevano ottenuto niente di utile: il piccolo ammasso di case sembrava essere del tutto anonimo e spoglio, un semplice luogo abitato da semplici persone. 

«Né lui né il sindaco hanno saputo riferire nulla di quanto accaduto alle nostre compagnie», continuò il capitano,  «Sembra siano arrivate qui, abbiano alloggiato per qualche giorno senza cavare un ragno dal buco, e quindi abbiano deciso di tornare a casa.» 

«Dunque sono sparite nel tragitto tra qui e la città portuale a cui abbiamo attraccato?» il mago squadrò Rachtur appoggiandosi alla sedia con esplicito dubbio dipinto sul volto. 

«Stando a quanto dicono, dev'essere così» 

Elettra sospirò, masticando lentamente il pasto. Punzecchiò ciò che le rimaneva sul piatto senza davvero vederlo, ritornando con la mente ai brevi interrogatori che avevano condotto quel pomeriggio: una fioraia zitella, un panettiere bonaccione, vecchi giocatori di carte parcheggiati sulle stesse sedie logore da anni... mentre capitano e tenente si recavano ad annunciare ufficialmente la loro presenza all'autorità locale a loro era toccato occuparsi dei cittadini comuni, che null'altro avevano da dire se non che il funzionario che aveva alloggiato all'unica taverna della cittadina per un paio di settimane si era comportato da vero gentiluomo durante tutta la sua permanenza. 

Alzò gli occhi solo per evitare lo sguardo perplesso che Isaiah le continuava a rivolgere, come chiedendosi cosa le frullasse per la mente. Lo distolse anche lui, improvvisamente a disagio, tornando a dare attenzione al fratello maggiore. 

«Gylan non è ancora tornato» mormorò Greshu, abbandonando le posate sulla tavola per concedersi un bicchiere di vino. Scrutò di nuovo la porta ed il volto di Inna, che lo aveva lasciato solo a girovagare tra le case per seguire il ragazzino moro che aveva tentato di rubargli dalla cintura un sacchetto di monete. 

«Magari ha trovato compagnia» Brinef ridacchiò sottovoce cercando a suo modo di rassicurare il capitano. 

«In effetti non sembra malaccio qui» il mago alzò le spalle e sorrise beato in direzione di una delle due cameriere che si allontanava con grazia dalla tavola dopo aver appoggiato davanti al druido un piatto di fumante e appetitoso pollo arrosto. 

«Si chiama Melissa» la malizia nella voce di Blanc fece ridere Gabriel e scocciare Elettra. La ladra si schiarì la voce e scosse la testa mentre i discorsi seri si disperdevano tra i profumi della cena e la fatica del viaggio. 

Non aveva cercato di intromettersi nella breve indagine di quel giorno, rimanendo in disparte ad osservare il comportamento dei suoi nuovi compagni per cercare di capirli un po' di più. Entrambi avevano un approccio diretto con chi avevano davanti, l'uno verbale, l'altro fisico. Probabilmente con una giornata di tempo in più a disposizione la parlantina di Gabriel avrebbe fornito più di qualche piccola e utile informazione. 

Accartocciò il pezzo di stoffa rossa che serviva da tovagliolo e lo strofinò piano sulla propria bocca per pulirla. Trattenendolo tra le mani si chinò in avanti sul tavolo, guardando oltre il muro invisibile creato dai propri commensali. Agli uomini con cui avevano parlato solo un'ora prima si erano aggiunte un paio di persone, tornate dal proprio lavoro e allontanate per un attimo da casa dopo la cena per concedersi una buona birra in compagnia: un uomo canuto e rozzo che sembrava tenere le redini del piccolo gruppo ed un sessantenne dall'aspetto riservato. Mentre il primo era stato accolto da un boato di benvenuto e calore, il secondo si era seduto in disparte e cercava di introdursi nei discorsi della compagna senza davvero riuscire ad imporsi, incespicando nelle sue stesse parole nel tentare di dar prova di valere qualcosa. 

Ombre di AmbraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora