18. Antares

6 1 2
                                    


Galena, 

la condizione di ricercato è più frustrante di quanto avessi immaginato. Ci crederesti mai, se qualcuno ti dicesse che passerai da carnefice a vittima in una sola settimana? 

No. Te lo dico io. Tu gli rideresti in faccia. Eppure guardami. Cosa avresti pensato se ti avessero detto che Ambra sarebbe arrivata a questo punto, costretta a nascondersi quasi anche a se stessa? Qualcosa mi dice che non avresti riso allo stesso modo. 

La pausa forzata a cui mi hai costretto ed il breve viaggio in nave attraverso lo stretto, mi hanno rimesso in forze più di quanto sperassi. Salire su un'imbarcazione priva di nemici mi ha permesso di rilassarmi e di essere pronta a ricominciare a scappare. Ora sono ferma a Gawic. Ho quattro giorni di vantaggio su Antares, ma ti chiedo in ogni caso di indirizzare la risposta alla nostra osteria di Yuren. Sto scappando da lui, da tutta la Gilda. Perché non sto scappando da te? 

Sii pronto: ti piacciono le sorprese?


‒‒‒‒‒


Coltri di nuvole grigie appannavano il cielo estivo rendendolo piatto e privo di colore. Senz'ombra, immersa nel pallore del tardo pomeriggio, Elettra aveva nascosto il suo equipaggiamento inutile, liberandosi del peso superfluo, ed ora camminava ai piedi delle mura di Yuren ripercorrendo le tappe del suo itinerario e ripetendo le poche mosse che avrebbe effettuato prima che sopraggiungesse la notte. 

Vento freddo soffiava da Est, portando con lui l'odore del mare lontano e della pioggia. Guardò verso l'alto mentre poche pesanti gocce precipitavano a terra, atterrando sui suoi vestiti e sul suo viso. Era la giornata perfetta per compiere un assassinio ed il suo bersaglio avrebbe varcato le porte della città da lì a poche ore. 

Il breve pedinamento che aveva effettuato alle spese di Antares prima di allontanarsi da Gawic le aveva consentito di studiare il suo modo di fare ed il suo armamentario. Come un segugio istintivo, viaggiava coperto da un'armatura di scaglie battendo ogni angolo della città e seguendo l'impalpabile scia lasciata dagli indizi della ladra come se fosse la traccia inconfondibile di un aroma a lui conosciuto. La toglieva per dormire, la allentava quando si sentiva più sicuro. Tutto quel ferro sul corpo lo rallentava ed appesantiva, ma anche se non l'aveva visto agire in prima persona le era bastato vedere il machete ricurvo con cui viaggiava per capire che la sua indole non si basava sulla difesa. Le braccia che sostenevano quella massa dovevano essere muscolose e doveva servire una violenza notevole per ammazzare con quella spada. Forse utilizzava lo sperone sulla sua cima piantandolo nel corpo dei suoi avversari al posto di ferirli a morte con la lama dell'arma. 

«So che ce la posso fare» sussurrò, rispondendo al richiamo di Alice. Le sue sorelle non credevano che avrebbe ultimato il suo piano. Non volevano che uccidesse per paura che farlo avrebbe svegliato di nuovo la sua Ombra ed avrebbe perso di nuovo la sua volontà.

«Ce la posso fare» digrignò i denti, stringendo una mano sull'elsa della lama e controllando da lontano l'entrata della porta Est. «Basta aspettare che abbia il petto e la schiena scoperta e piantarvi nel suo cuore» 

Scosse la testa, frustrata dalla poca fiducia che sentiva riposta nelle sue capacità. «Tacete ora» mormorò, allargando il nodo della pellegrina che portava sulle spalle. Il cappuccio sollevato le permetteva di nascondere il capo e di passare inosservata alla gente della piccola città. Un vero peccato che i suoi sapessero cosa cercare. Attese il momento propizio e non appena si sentì invisibile agli occhi dei pochi abitanti ancora fuori casa, distratti ciascuno dalla propria vita, si innalzò sull'edificio al suo fianco e si appollaiò sul cornicione. Fortunatamente la pazienza era una delle sue doti migliori. 

Ombre di AmbraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora