4. Passaggio

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Soffocarono i suoi tentativi di ribellione con una forza che non avrebbe mai attribuito loro. Si mosse di nuovo, facendosi scappare l'ultimo filo d'aria dai polmoni e contorcendosi per raggiungere l'ossigeno. 

Il mondo era rosso e confuso al punto tale da non riuscire a distinguere il momento in cui aprendo la bocca avrebbe bevuto ancora o sarebbe davvero riuscita a respirare. Spinse ancora verso l'alto ed ingoiò un miscuglio di sangue ed aria mentre le loro mani le scivolavano addosso senza presa, ostacolate dallo stesso viscidume vermiglio che la stava soffocando. Il sapore del ferro sembrava il giusto prezzo anche solo per un respiro. Non aspettò che la loro presa si saldasse: roteò il corpo, portandosi prona e spingendo i piedi contro il fondo con più convinzione. 

Non voglio morire

Il giovane lasciò la presa. La ammirò tendere le braccia in avanti ed appigliarsi alla prima cosa alla sua portata in un disperato tentativo di salvezza: le sue unghie scavarono il volto del vecchio serrando la presa. Occhi, bocca: mentre il sangue le copriva la vista gli unici segni del proprio successo erano la consistenza gelatinosa in cui le sue dita erano affondate, l'urlo di dolore dell'uomo che aveva davanti e lo scalpiccio di passi sulla pietra. Elettra strofinò un braccio sul viso riuscendo ad aprire finalmente le palpebre: con innaturale furore si rizzò ed afferrò con decisione la chioma corvina del secondo uomo, colui che aveva tentato di scappare. Era imponente, ma troppo sorpreso per poter reagire alla forza di quelle braccia che gli erano sembrate così esili solo un minuto prima. 

Lo trascinò con sé sul pavimento, concentrata nel distruggere i fautori del suo sopruso. Nella sua mente caotica e preda dell'istinto, omicidio e vita ora si stringevano come amanti. 

Un colpo dopo l'altro il sangue proveniente dal suo cranio sfondato addosso al pavimento di marmo si fuse con quello che già copriva la ragazza, infiammandola di scarlatto. 

Leccò con decisione le labbra sporche e calde, assuefatta dall'adrenalina della morte. 

Immersa in una lucida rabbia, avvolta da un velo rosso più fine di qualsiasi stoffa, lasciò che il suo corpo si muovesse da solo, obbedendo ad un richiamo più forte.

Dov'è l'altro?

Allargò le narici inspirando a fondo l'aria a sua disposizione ed esplorò la sala con lo sguardo fino a vedere il giovane: la guardava, inginocchiato al fianco della vasca. 

Tendeva le mani verso l'alto e verso di lei, mormorando con intensità crescente parole che non riusciva a comprendere. 

Strisciò sul marmo fino a raggiungerlo e gli mise le mani al collo, interrompendo la litania. 

Invece di difendersi, l'adepto continuò a fissarla con un sorriso storto sulle labbra e gli occhi illuminati da una fiamma indecifrabile. Tremava alla ricerca del fiato per pronunciare l'ultima parola mentre le sue dita si posavano sulla guancia della donna tracciando un'intima carezza. 

«Kaha'lum» 

Sacerdote

Elettra strinse con tutte le sue forze, fino a che i suoi occhi furono rivolti all'indietro. 

Sentì il suo corpo tendersi verso i lamenti dell'unico superstite, il primo che aveva attaccato. Si mosse, richiamata da quel barlume di ignobile vita: doveva ucciderlo. Voleva farlo. 

Inclinò la testa, avvicinandosi al corpo che ancora tentava di trascinarsi sul pavimento. 

Il rumore viscido del liquido sotto i suoi piedi fu pendolo ed annuncio dell'esecuzione. 

Ombre di AmbraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora