42. Tregua

4 1 0
                                    


«Non possiamo andare avanti: i cavalli sono distrutti» Elettra scrutò il cavaliere davanti a lei, accarezzando con vigore l'animale fermo al suo fianco: l'arabo che avevano acquistato poco dopo la loro partenza, in uno dei villaggi prossimi a Gal'Duin, respirava rumorosamente, stremato. 

«Spingiamoli fino alla prossima città» Sebbene anche la sua cavalcatura fosse esausta, Grey non aveva lasciato il suo posto sulla groppa Belazar e teneva saldamente le briglie, facendolo camminare avanti e indietro rispetto alla posizione di Elettra. 

«Grey, questo non corre più» lanciò un'occhiata torva nella sua direzione sfregando il manto della bestia vicina. 

«Devi esortarlo con più convinzione: non puoi essere clemente con le bestie, quando il prezzo che potresti pagare è la tua stessa vita» sottolineò inclinando la testa con ovvietà. 

«Quattro giorni di corsa non bastano?» Elettra si avvicinò a Grey tendendo il suo corpo verso l'alto. Lo guardò appoggiando una delle mani sulla sua gamba in una silenziosa richiesta: anche se erano bravi a nasconderlo non erano solo gli animali ad essere stanchi. I due criminali avevano passato notte e giorno in viaggio concedendosi solo brevi pause per mangiare, dormire e cambiare cavalcatura. Nonostante l'adrenalina scorresse senza sosta nelle loro vene, causata dal sentore del pericolo per l'avvicinarsi di una morte che sembrava inevitabile, essa non riusciva a sopire il flebile desiderio che aleggiava costantemente tra di loro dal giorno in cui si erano rivisti; una nube carica di elettricità statica pronta a scaricarsi. 

Grey si sporse verso di lei e sciolse la presa dalle briglie per afferrare la breve treccia in cui Elettra aveva raccolto i capelli corvini. «Con tua sorella alle calcagna? Devo risponderti davvero?» 

Elettra si morse il labbro per evitare di cadere nella tentazione di immergersi in quegli occhi bruni ed alzarsi sulle punte per raggiungere anche solo per un attimo la sua bocca invitante. Prese un profondo respiro tornando al proprio posto ed issandosi sul cavallo senza dire una parola. Se avesse assecondato i suoi istinti non si sarebbero più mossi da lì: lo avvertiva chiaramente ed aveva letto la conferma del suo sentore nelle iridi dell'inquisitore. «Non so se voglio sapere come fai ad essere così sicuro che lei ci abbia già scoperto» 

«Chiamalo intuito» 

La ladra scosse il capo, guardandolo con sufficienza, accostandosi a lui. 

«Sosteremo alla prossima città, Elettra. Te lo prometto» 

Elettra annuì e diede un colpo di reni al cavallo che reagì con un nitrito lamentoso ed una breve corsa. Lo incitò ancora, incoraggiandolo a mantenere l'andatura raggiunta. Controllò alle proprie spalle che Grey la stesse seguendo e riportò lo sguardo davanti a sé, abbassandosi appena sul collo dell'animale. Se davvero Jasmine li stava seguendo non potevano permettersi pause fino a quando non sarebbero stati abbastanza lontani. Quattro giorni sarebbero stati sufficienti per sperare di avere almeno dodici ore di vantaggio, dodici ore che equivalevano a mezza notte di sonno ed una o due per stare insieme. Non potevano permettersi incertezze, non potevano permettersi nulla. Non ancora, per lo meno. 


* * *


Fu lei per prima ad arrampicarsi e forzare la serratura del terrazzo. La casa doveva essere abbandonata da anni perché l'edera aveva preso possesso della costruzione, colonizzando il muro ed il parapetto in ferro battuto. Sbuffò entrando nella stanza polverosa e si addentrò nell'edificio quel tanto che bastava per avere la conferma che fosse tanto lussuoso quanto deserto. Erano criminali, ma non per questo si sarebbero accontentati di poco. 

Ombre di AmbraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora