Capitolo 30 [Arrivo]

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PoV Sydney

Rimango con le orecchie ben tese per ascoltare le indicazioni dette da una giovane hostess, le sue parole riecheggiano dentro alla cabina dell'aereo.

Muove le braccia a lato indicando le via di uscita nel caso ci possa essere un incidente.

Ho una certa angoscia a pensare di stare a mille e mille metri sopra la terra ferma e sinceramente sto pregando Dio, gli dei e anche qualche santo pur che questo uccello di alluminio possa arrivare a Londra senza alcun tipo di problema.

Riesco a tranquillizzarmi quando chiudo gli occhi e inizio ad ascoltare le persone intorno a me, sento accenti e addirittura lingue diverse da quella che parlo... Che bellezza.

Sono sempre stata attratta dalla cultura e da ciò che può esserci al di fuori della mia comfort zone, peccato che prima d'ora non avevo mai preso l'aereo in vita mia.

Questa è la mia prima volta e devo dire che non mi è andata proprio bene, ho una signora vicino a me visibilmente terrorizzata all'idea di volare e nonostante l'aereo sia ancora ben "ancorato" a terra, lei è diventata pallida come se avesse visto un fantasma... Questa cosa mi fa sorridere, ma anche un po' preoccupare.

/: "Aiuto, come si allaccia?!"

La signora inizia ad agitarsi, strilla l'ultima frase come se dovesse scalare l'Everest senza fune.

Tento di tranquillizzarla, anche perché ho seguito attentamente le istruzioni dettate dalla hostess... Voglio darle una mano con la cintura di sicurezza.

Sydney: "Dia a me, non si preoccupi"

La donna, che credo abbia più o meno sessanta anni spalanca gli occhi e inizia a studiare i miei movimenti.

Mi ricorda molto qualcuno, ma certo!

È come quando spiego a zio Peter come chiudere le applicazioni del cellulare, sorrido all'idea.

Sydney: "La sente stretta o va bene così?"

/: "Oh, grazie davvero... È perfetta, mi ha salvato da un attacco di panico signorina"

Sydney: "Mi chiami Sydney e prego, non c'è di che"

Mi sorride.

Ha un sorriso grande e che emana, quasi, calore.

/: "Renata... Piacere, scusa per prima ma ho un serio problema con gli aerei, per non parlare dell'altezza"

Rido, è davvero buffa... Gesticola molto mentre parla, dall'accento intuisco non sia americana.

Per non farla pensare al lungo viaggio in altezza che ci tocca affrontare, inizio a parlarle un po' di me.

Sydney: "Sai Renata, questo è il mio primo viaggio in aereo, oltretutto senza i miei zii... Quindi capisco davvero come tu ti possa sentire in questo istante"

Renata: "Vorrei dirti di non preoccuparti, ma ho davvero paura di questa bestia volante... Speriamo bene"

Inizio a ridere per la sua espressione, che persona particolare... Forse quest'andata non sarà poi così male.

Tira fuori da una piccola pochette un oggetto rosso.

Osservo meglio, ma è un peperoncino.

Lo tocca ossessivamente, chiudendo gli occhi, che cosa sto guardando di preciso?

Sydney: "Un peperoncino, in aereo?"

Chiedo, senza pensarci su due volte.

Renata: "Sono un pochino scaramantica"

Afferma, divertita.

Renata: "Io faccio spesso lunghi viaggi in aereo, Europa Stati Uniti, Stati Uniti Europa... È un continuo"

Mi fa piacere si stia aprendo con me, almeno ci facciamo compagnia durante il viaggio.

Questa sua affermazione mi incuriosisce molto e come spesso accade, senza pensarci troppo su, mi scappa dalle labbra un:

"Posso sapere perché?"

Renata sembra ragionarci su, poi ripone la sua attenzione sul mio viso e inizia a parlare.

Renata: "Per mio figlio... Ha il cancro in uno stadio molto avanzato, io e mio marito essendo degli imprenditori italiani ormai in pensione abbiamo dato molti soldi a una possibile cura per lui, sfortunatamente però questa cura è in America"

Mi si stringe il cuore... Non avrei mai pensato che le fosse accaduta una cosa del genere, mi dispiace molto.

Sydney: "L'importante è che tu e tuo marito non perdiate mai la speranza, capito?"

Con gli occhi lucidi e le labbra che impercettibilmente tremano, Renata mi sorride e con un filo di voce sussurra:

"Grazie, grazie davvero"

Continuiamo a parlare a lungo.

Le racconto di ciò che è successo ai miei genitori e del perché io mi stia dirigendo verso la capitale britannica, mi afferra la mano e come farebbe mia zia Christie, afferma:

"Sei una tosta, so che te la caverai benissimo in futuro... Hai già visto troppo per la tua giovane età"

Questa frase mi arriva dritta al cuore e mi dà forza, posso farcela.

Ha ragione.

Posso riprendere le redini della mia vita nonostante il periodo difficile che ha sconvolto la mia famiglia.

Aspettami Kai, sto per arrivare.

Io non ho perso la pazienza, spero neanche tu.

PoV Kai

Finisco di preparare le ultime cose, chiudo velocemente la valigia e raccolgo i documenti sparsi sul tavolo per metterli dentro allo zaino.

Sento il suono continuo del clacson, cazzo sono le 10:30... Il taxi.

Scendo, chiudendo l'appartamento a chiave

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Scendo, chiudendo l'appartamento a chiave.

Infine le lascio al portiere.

Scorgo il taxi, maledetta pioggia che rende sempre tutto così complicato... Carico le mie cose sul bagagliaio dell'auto.

Autista: "Ha visto che ore sono giovanotto?"

Kai: "Ha ragione, mi scusi..."

L'uomo sulla cinquantina, con baffi e capelli grigi sbuffa, ma sembra divertito o sbaglio?

Tassista: "Dai va bene, io da giovane facevo di peggio"

Facendomi un occhiolino dallo specchietto retrovisore.

Sorrido, meno male che mi è capitato uno dei pochi autisti simpatici londinesi.

Come un razzo parte, schivando macchine, moto e pedoni... Spero di arrivare in tempo all'aeroporto.

Devo riuscire a prendere quel volo e tornare a casa.

Devo riprendermi Sydney e le redini della mia vita.

Al diavolo Kevin e la mia famiglia.

Arrivo Sydney, aspettami.

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