Capitolo 33 [Lieto fine]

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PoV Kai

Devo assolutamente riuscire ad andare dall'altra parte.

Spero che parlare con gli agenti potrà bastare per raggiungere Sydney.

La guardo negli occhi, odio il vetro che si contrappone tra noi in questo momento.

Così non mi è permesso toccarla, darle un bacio.

Le faccio cenno di aspettare, e lei mi rincuora con un sorriso.

Mi conforta sapere che ha capito cosa voglia fare.

Una sola lastra di vetro che ci divide, non più ottomila chilometri di distanza.

Ho il cuore incasinato, vivo.

Sono stati giorni duri, passarli così lontano da lei è stato devastante.

Stavo per cedere, accontentarmi di amicizie frivole per non sentirmi più solo, ma il mio cuore lo sapeva.

L'ha sempre saputo.

Corro più veloce che posso, e mi dirigo verso due agenti che controllano i passeggeri un'ultima volta prima di entrare nell'aereo.

Salto la fila, ottenendo una marea di insulti.

L'unica cosa che riesco a ripetere è "Scusa, è un'emergenza", ma la gente non sembra capire.

Ma che cazzo me ne frega, sono così felice in questo momento  che se ricevessi un pugno dritto sul naso non sentirei dolore.

Continuo a rivolgere la mia attenzione ai due uomini in divisa, non guardo in faccia a nessuno.

Non so nemmeno dove sto mettendo i piedi, il mio obbiettivo è uno solo al momento: parlare con loro.

Ho perso un polmone, ma riesco in compenso a raggiungere gli addetti al controllo.

Uno di loro mi si avvicina minacciosamente.

Agente: "Torni indietro, non vede che c'è la fila?"

Neanche il tempo di rispondere che l'altro afferra il mio braccio con aggressività.

Secondo agente: "Se non vuole essere buttato fuori, deve tornare indietro"

Devo reagire, costi quel che costi.

Kai: "Mi tolga le mani di dosso, devo chiedervi una cosa... È un'emergenza"

Colgono il mio nervosismo e sembrano, apparentemente, placarsi.

Il resto dei passeggeri al contrario, continua ad urlare e a lamentarsi per la lunga attesa.

Uno dei due si avvicina a me.

Secondo agente: "Venga con me, il mio collega dovrà continuare da solo il lavoro, spero per te sia una cosa davvero seria"

Lo seguo.

Ci porta in una stanza ben illuminata, ci sono degli armadietti simili a quelli che abbiamo alle superiori in America.

Presumo sia uno sgabuzzino o un luogo dove cambiarsi.

Decido di prendere un bel respiro profondo ed essere il più diretto possibile.

Kai: "Devo andarmene da qui, non voglio più partire"

L'uomo spalanca gli occhi, sembra stupito.

Secondo agente: "Ok, è una cosa seria, almeno so che non devo buttarti fuori di qui a calci nel culo"

Rido, nonostante il ruolo che ricopre sembra simpatico.

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