Capitolo Ventuno - Sono tornate per te

2.4K 176 252
                                    

10_Agosto_2011
Sofia Pov

Quella stessa sera, Tata e Nali mi trascinarono ad una festa sulla spiaggia, e ci andai senza pensarci. Non avevo voglia di crogiolarmi su quello che era successo in quei giorni, tanto meno su ciò che era successo la mattina: Edoardo che mi aveva accusato di essere andata a letto con Alberto ed io che mi ero lasciata baciare da quest'ultimo; questa volta non per ripicca e questa volta senza pensare a Bonelli.

Edoardo era ufficialmente fuori dalla mia vita, dopo che avevo tentato in ogni modo una spiegazione. Restavo legata a lui solo dal punto di vista lavorativo ma le tre settimane di ferie che mi attendevano mi avrebbero dato respiro e mi avrebbero permesso di staccare anche il cuore, che mancava poco e sarebbe andato in corto circuito.

Anche Alberto era ufficialmente fuori dalla mia vita. Mi aveva lasciato con quel bacio mozzafiato ma non appena a Milano, era tornato alla sua vita di sempre ed era sparito.

05_Settembre_2011

Il rientro a lavoro fu traumatico. Esattamente come chi torna da tre settimane di ferie. Avevo passato le vacanze con le mie amiche. Avevamo passato le giornate al mare, a fare shopping, aperitivi e serate. Alla fine Tata era riuscita ad organizzare anche un viaggio last minute, eravamo andate a Creta e ci eravamo divertite tanto. Lei non aveva potuto fare a meno di rimorchiare, mentre Nali non aveva smesso un secondo di farmi da balia.

Io dal canto mio, con caparbietà, ero riuscita a tenere fuori dai miei pensieri Edoardo.
Lo avevo relegato in un un'angolino minuscolo nel fondo del mio cuore.

Ma mi capitava spesso, che poco prima di chiudere gli occhi ed abbandonarmi al sonno, il cuore saltava un battito e da quell'angolino remoto faceva capolino la sua immagine, ancora nitida: il suo sorriso, le sue mani, i suoi occhi, quegli occhi d'oceano.

Rivedere lui fu ancora più traumatico, ma ci ignorammo o meglio ci comportammo come all'inizio, come prima che succedesse tutto.

Intanto, Nali che faceva la modellista, ebbe la possibilità di rilevare ed acquisire una piccola casa di moda, la RAK e mi chiese di prenderne delle quote e di affidare l'acquisizione allo studio. E fu dopo quell'acquisizione che le cose cambiarono.

24_Settembre_2011

"Maledetta cena!Maledetta canzone! Maledette le sue parole! Maledetti i suoi baci! Maledetto Bonelli!" Borbottavo tra me completamente disorientata.

Perché avevo di nuovo perso il controllo e lui ne era di nuovo la causa.

"Rinuncerei a tutto pur di farmi amare da te..." mi aveva detto ed io, ero stata pervasa da un fremito che mi aveva spinto a trovare conforto sulla sua bocca.
Quanto mi era mancata quella bocca, quanto mi erano mancate quelle mani!

Ma la situazione era sempre la stessa, fra meno di tre mesi, Edoardo avrebbe sposato Ginevra ed io non volevo essere la sua seconda scelta, la sua amante; io volevo essere l'unica. E allora l'avevo respinto e lui ancora una volta non aveva fatto nulla.

Era fine settembre e l'aria era ancora piuttosto calda, era sabato sera, e ci eravamo sistemate sul divano per vedere un film romantico, di quelli che ti danno la scusa per piangere; quando suonò il citofono.

"Chi è?" dissi tranquilla e la risposta mi tolse il fiato.

"Edoardo"

"Che ci fai qui a quest'ora?" risposi fingendo distacco.

"So quanto sei freddolosa, quindi prendi una felpa e scendi, devi venire con me!"

"E se non volessi?"

"È l'ultima volta, te lo giuro, ma devo portarti in un posto..." continuò piano.

"Va bene" risposi senza pensare oltre.

Misi le converse, presi il giubbotto di pelle e scesi lasciando le mie amiche preoccupate che facessi qualche cazzata.

Lui era appoggiato alla macchina, con le mani in tasca e lo sguardo fisso a terra. Aveva un pantalone di tuta e una felpa, i capelli disordinati; poche volte l'avevo visto così ma era sempre bello da mozzare il fiato. Quando sentì il portone sbattere, alzò gli occhi e accennò un sorriso ed io mi pentii di essere scesa perché già iniziavo a sciogliermi al tocco del suo sguardo.

"Grazie...per questa ultima possibilità..." mormorò quando gli fui vicino ed io non risposi.

Quando fummo in auto disse solo:

"Cerca di non guardare la strada, voglio che sia una sorpresa..."

"Lo sai che non ci riesco...sono troppo curiosa"

Lui sorrise, poi si girò e dal sedile posteriore prese una cravatta.

"Facciamo che è meglio se ti bendo, allora"

"Che c'è, vuoi torturarmi?!"

Rise ancora "Mi piacerebbe...ma in altri modi, credimi..." sussurrò mentre mi legava la cravatta sugli occhi ed io mi sentii venire meno ed imprecai dentro di me.

Durante il tragitto non parlammo, io ero tesa, il tempo sembrava infinito e il posto lontanissimo.

"Siamo arrivati, non togliere la benda, ti aiuto io..." fece Edoardo spegnendo il motore.

Mi aiutò a scendere, si mise alle mie spalle e mi afferrò per la braccia.

"Ti conduco io" disse nel mio orecchio.

Sentivo sotto i nostri piedi il terreno soffice e rumore di sterpaglie calpestate, odore di muschio e di alberi mi saliva nel naso, udivo cicale cantare insistenti e cercavo di capire. Finché non ci fermammo e lui alzò la benda.

Buio. Un bosco buio con alberi fitti. Un bosco buio in cui le sole luci erano una marea di lucciole. Migliaia di lucciole che riempivano i miei occhi e man mano si trasformavano in lacrime.

Edoardo mi aveva mostrato di nuovo le lucciole.

"Sono tornate per te, perchè tu avessi ancora le stelle tra le mani e tra quelle ci fosse tua sorella" sussurrò.

Piansi. Forse era stata Gioia stessa che mi aveva riportato Edoardo. Lacrime mute scesero sulle mie guance e lui mi prese il viso tra le sue mani calde e con i pollici me le asciugò, mentre i suoi occhi mi scaldavano il cuore.

"Voglio riprovarci, voglio che tu sappia tutta la verità, perché non voglio perderti ancora" mi confessò visibilmente scosso.

Io non avevo fiato, riuscii solo ad annuire con il capo. E lui prese il racconto:

"Io e Ginevra ci conosciamo fin da bambini, e tutti hanno sempre pensato che saremmo finiti insieme. Ma io non ho mai dato molto peso alle mie storie e per questo non c'è stato mai niente tra noi, perché sapevo che lei provava qualcosa per me. Però da bravo idiota quale sono, una sera ad una festa, mi ubriacai e finimmo a letto insieme. La differenza sta nel fatto che non potetti fare come le altre volte e togliere il disturbo perché lei mi disse che ormai stavamo ufficialmente insieme. Ci provai, provai ad amarla ma non successe, quindi le confessai che volevo lasciarla, ma lei me lo impedì 'Amerò io per entrambi' mi disse. E la nostra storia continuò ma io mi sentivo in gabbia. Odiavo sentirmi così ed iniziai ad odiare lei. Decisi che forse se l'avessi ferita mi avrebbe lasciato, quindi iniziai a tradirla ogni volta che ne avevo l'occasione, senza fare molto caso a farmi scoprire. Ma lei pur sapendolo non mi lasciò e continuò a fare finta di nulla, davanti a me, davanti a tutti. Finché a marzo di quest'anno, un giorno, l'ho sentita vomitare".

Amami come Mai © #Wattys 2020Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora