Capitolo Quarantasei - Sì!

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12_Gennaio_2015
Alberto Pov

Quando Sofia mi aveva chiamato, dicendomi che Edoardo si era risvegliato, il cuore mi era saltato in gola ed ero solo riuscito a dire: arrivo. Non appena l'avevo vista con gli occhi lucidi, avevamo sorriso e senza dire nulla, ci eravamo stretti in un abbraccio per la felicità. Poco dopo il mio amico era uscito su una sedia a rotelle e ancor prima di sua madre, gli ero saltato al collo e avevo pianto sulla sua spalla come un bambino.

Erano pochi giorni che Edoardo era tornato a casa ed io avevo rinviato la mia partenza per Milano perché volevo occuparmi dello studio di Roma, ora che Sofia doveva focalizzarsi sulla ripresa di Edo. Dopo di che, sarei tornato alla mia vita e avrei lasciato i miei amici alla loro.

Quella sera mi invitarono a cena. Ci andai non pensando a quanto mi avrebbe destabilizzato vederli insieme. Non li avevo mai visti interagire, toccarsi, baciarsi. Erano perfetti. Il loro amore trapelava da ogni gesto, da ogni carezza, da ogni occhiata.

In quegli istanti mi accorsi di quanto li amassi entrambi e di quanto al contempo li invidiassi.

Mi chiesi, ad un certo punto, se invidiassi il loro amore o soltanto Edoardo, perché avesse l'amore di Sofia. Mi sentii un traditore. Quindi cercai di guardarla il meno possibile, perché avevo paura che i miei occhi potessero tradirmi davanti a lui.

Quando Sofia si allontanò per telefonare a suo padre, Edoardo mi disse:

"Grazie, bro'...non ho avuto il tempo di ringraziarti a dovere per quanto tu ti sia prodigato per entrambi gli studi e soprattutto per Sofia. Tutti mi hanno raccontato quanto le sei stato vicino, quanto ha potuto contare su di te e quanto l'hai sostenuta. Al contrario sarebbe crollata..."

"Era il minimo che potessi fare...per te...per lei..."

"Ma non eri tenuto a farlo...Grazie davvero..." poi prese un sospiro e continuò "Vorrei che fossi il primo a saperlo...ieri ho chiesto a Sofia di sposarmi!"

Avrei dovuto aspettarmelo ma non ero pronto. Sentii implodermi qualcosa dentro. Una deflagrazione forte e sorda ma muta, che avvertii solo io.

"Sono contento per voi...la felicità è la sola cosa che meritate entrambi..." riuscii, poco dopo, a dire sinceramente.

Lui sorrise, con quel sorriso dolce che era il suo punto forte e affermò:

"Tu e Max sarete i miei testimoni ovviamente!"

"Onorato, bro'..."tagliai corto perché avvertii forte il desiderio di scappare, per evitare Sofia dopo quella rivelazione.

Ma ancora una volta il destino mi fu avverso. Lei tornò con un sorriso raggiante sul volto, che la rendeva ancora più bella ed io ebbi un tracollo, blaterai una scusa e me li lasciai alle spalle.

Dimenticare. Dimenticarla. Non c'era altra soluzione.

11_Gennaio_2015
Edoardo Pov

Ero ancora troppo debole per reggermi sulle gambe e giravo per casa grazie alla sedia a rotelle. Non vedevo l'ora di ritornare ad avere le mie forze ma Sofia era presente in tutto e per tutto ed era il mio sostegno, ancora.

Mentre lei era rimasta in cucina a riassettare, andai in camera ed entrai nella cabina armadio. Poi, fu un flash, ricordai il mattino dell'incidente e ricordai ciò che avevo nascosto nel cassetto delle cravatte. Quando lo aprii, trovai solo la scatolina con all'interno l'anello e nessuna traccia della lettera. Quindi pensai l'avesse già trovata, mi sedetti a bordo del letto e la chiamai.

"In questi due anni hai aperto il mio cassetto delle cravatte?"

Lei sorrise poi andò nella sua borsa e dal portafogli tirò un bigliettino ripiegato e logoro e me lo porse, sedendosi al mio fianco. Io lo aprii e riconobbi la mia lettera per lei.

"Sai tutto allora..." le dissi.

"Il giorno del mio compleanno, di due anni fa, ho sentito il bisogno di venire qui e l'ho trovato per caso. L'ho letto e da allora l'ho portato sempre con me e l'ho riletto migliaia di volte..." fece una pausa e disse "la scatolina...quella non l'ho mai aperta..."

"Questa?" La presi tra le mani e la aprii davanti a lei e quel meraviglioso gioiello brillò sotto i suoi occhi.

"Sì...non ne ho avuto il coraggio...aspettavo te..." balbettò spostando lo sguardo dall'anello a me.

"Ero pronto a dartelo due anni fa, il giorno del tuo compleanno, ma non voglio aspettare più, anche se manca meno di una settimana..."

A quelle parole staccai l'anello dalla custodia e feci un movimento per poter scivolare ai suoi piedi.

"Non serve che ti metti in ginocchio..." mormorò lei.

"Va bene, allora alzati in piedi e vieni qui" risposi sorridendo.

Lei si alzò e si posizionò in piedi tra le mie gambe. Io la guardai fissa poi le presi la mano sinistra e la baciai, quindi le infilai l'anello all'anulare e, dopo averlo guardato, ripiombai nei suoi occhi e dissi:

"Questo anello mi ha colpito perché sembra un fiore, ed io non ho colto mai un fiore più bello e candido di te. Tu hai guardato sotto la mia scorza dura e mi hai accettato così com'ero, hai imparato ad amarmi e mi hai reso felice. Mi hai aspettato in un doloroso silenzio, per due infiniti anni ed io ti amo di più, ogni giorno che passa, quindi, continua a farmi felice, perché io voglio farti felice e non voglio smettere di amarti fino alla fine dei miei giorni...Decidi tu dove, come e quando, prima possibile però! Sofia mi vuoi sposare?"

Le lacrime le rigavano il viso e lei prese il mio tra le mani e chinandosi, a pochi centimetri dalle mie labbra, sussurrò:

"Ti amo Edoardo, e ringrazio Dio di avere un'altra possibilità per dirtelo e sentirtelo dire; perché non potevo desiderare di meglio..."

"Dimmi solo sì..." la interruppi in trepidazione e lei sorrise dolcemente.

"Sì!" scandì piano e subito si gettò sulle mie labbra socchiuse e vi posò un bacio casto. Quindi si staccò, si sollevò di poco e mi passò una mano tra i capelli che più lunghi, mi cadevano sulla fronte.

"Dobbiamo dar loro una sistemata, vero?"

"No, sei talmente bello anche così..." rispose mordendosi il labbro e mandandomi in tilt.

Così le insinuai le mani sotto il maglione e la canotta, fino a trovare la sua pelle e lei ebbe un sussulto. Continuò a fissarmi negli occhi finché non sollevai gli indumenti e posai la bocca sulla sua pancia, baciandola sotto l'ombelico, quindi spostai la testa e presi a mordicchiarle un fianco e lei cacciò un gridolino.

"Ti voglio..." incalzai facendo salire le mani dalla pancia più su e lei non fece altro che tirare via il mio maglioncino e avventarsi sulla mia bocca.

"Anch'io" bisbigliò subito dopo, al mio orecchio, mentre iniziava a baciarmi insistentemente il collo ed io sentivo, dall'interno, salirmi il desiderio irrefrenabile di lei.

Amami come Mai © #Wattys 2020Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora