Capitolo Venticinque - Dio solo sa

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26_Settembre_2011
Sofia Pov

Il suo profumo mi solleticava il naso e quando aprii gli occhi, lui era sotto di me; o meglio, io ero stesa a metà su di lui: una mano e la testa sul petto, una gamba arpionata alla sua.

Mi sollevai un poco e mi soffermai ad osservare quel profilo perfetto, quel profilo che mi aveva attirato tra tanti, due anni e mezzo prima, quando ero ubriaca e lui era uno sconosciuto dalla giacca blu.

Eravamo legati da allora, da un filo sottile e indistruttibile che teneva insieme le nostre anime che si erano riconosciute, capite e amate.

Sorrisi a quel pensiero e gli accarezzai leggera la guancia con la barba di pochi giorni. Poi spinsi la mano più su e la infilai piano tra i capelli.

"Buongiorno amore..." bisbigliò lui con gli occhi ancora chiusi.

"Buongiorno avvocato dai capelli scompigliati" dissi piano.

Rilassò le labbra in un sorriso, poi aprì gli occhi e guardandomi disse "I miei capelli saranno sempre spettinati, solo per te, per te che hai preso possesso del mio cuore senza che te ne dessi il permesso..."

Quindi di colpo mi attirò su di sé. La nostra pelle si toccava più del dovuto: le nostre gambe le une sulle altre e lembi di pelle, scoperti dalla mia maglietta, combaciavano con la pelle del suo torace nudo. Mi chiuse tra le braccia e mi impedì i movimenti.

"Starei così per il resto della giornata..." mormorò e con la bocca mi sfiorò il naso, poi le labbra, con gli occhi fissi dentro i miei.

Io ero come divisa a metà: il mio cervello avvertiva quel contatto corpo a corpo come una minaccia, il mio cuore non vedeva l'ora di accoglierlo sempre più. Edoardo mi bruciava il petto di passione e mandava in tilt la mia testa. Ero spacciata, dovevo fare qualcosa.

Mentre i suoi baci presero a farsi più accesi e il suo corpo già sveglio dal buongiorno mattutino aumentava la pressione; il suo telefono squillò sul comodino.

"Merda!" mormorò sulla mia bocca "questo maledetto telefono ha mandato all'aria un momento magico..." ed io ne approfittai per staccarmi da lui.

"Pronto, Pietro! Tutto bene?....Va bene. Va bene, vengo io da te alle nove...a dopo, ciao"

Chiuse la chiamata, quindi si mise a sedere sul letto e disse "Era il padre di Ginevra...vuole che vado da lui, deve parlarmi..."

"Di cosa?"

"Non lo so, non lo ha detto...vado prima da lui e poi ti raggiungo in studio"

Quando arrivai in studio, Beatrice mi disse:

"Buongiorno avvocato Ambrosini, qualcuno la aspetta nel suo ufficio"

E non appena entrai, la vidi.

Ginevra era seduta davanti alla mia scrivania, in un vestito blu, con le gambe accavallate e i capelli fluenti.

"Salve Sofia, ti aspettavo"

"Ginevra. A cosa devo questa visita?"

"Non fare l'attrice con me, sai bene perché sono qui. In realtà pensavo ti facessi solo Alberto; ma evidentemente uno non ti bastava..."

"Cosa stai insinuando?"

"Insinuare? Nulla. Io sono certa di quello che sei...l'ho seguito fino a casa tua ieri sera..." si alzò in piedi e continuò "Sei solo una sgualdrina..."

Lei, nonostante fosse malata non aveva nessun diritto di trattarmi così, di giudicarmi senza conoscermi. Amava Edoardo e lo amavo anch'io; non glielo avevo portato via, dato che non era mai stato suo e si stava approfittando della sua bontà. Avevo giurato a me stessa, tanti anni prima, che nessuno mi avrebbe mai più insultato; e lei era venuta con le più cattive intenzioni, quindi risposi rabbiosa:

"Ti sbagli, di grosso, io non sono una sgualdrina...io sono la SUA sgualdrina, a cui ha detto quelle parole che tu non hai mai sentito pronunciare per te..."

A quelle parole la vidi stringere i pugni e avvampare.

"Lui mi sposerà e farò di tutto per tenerlo con me!" urlò disperata.

"Se davvero lo amassi, lo lasceresti libero... perché lui è pronto a sacrificarsi per te!" controbattei.

Mi fulminò con lo sguardo e se ne andò, sbattendo la porta.

Edoardo Pov

Ero appena uscito dallo studio del padre di Ginevra e non avevo ancora molto chiaro il motivo per cui mi aveva fatto andare lì. Mi aveva detto che Ginevra ieri sera l'aveva chiamato e le aveva parlato del matrimonio e poi le aveva chiesto di telefonarmi per farmi andare da lui, per la storia della separazione dei beni.

Mentre tornavo verso il mio studio alzai gli occhi al cielo limpido, solare e tutto mi sembrò più bello. Il solo merito era di Sofia.
Allora spontaneamente presi il telefono e chiamai Alberto: volevo che sapesse della mia felicità.

"Ciao bro'!

"Hey che piacere sentirti!"

"Come vanno le cose a Milano?"

"Piuttosto bene, tu? Ginevra?I preparativi?"

"Ti chiamavo proprio per questo..."

"Cioè?!"

"Non so se mi sposo, ho cercato di annullare il matrimonio..."

"Cosa! E perché?"

"Perché non amo Ginevra, non l'ho mai amata...sono innamorato di un'altra, sono innamorato di Sofia."

Alberto Pov

'Sono innamorato di Sofia' quelle parole accostate mi si insinuarono nel cervello e continuarono a martellarlo finché Edoardo non disse:

"Hey! Mi hai sentito?!"

"Sì, sì, bro' e...e lei?!"

"Non so perché non te l'ho detto allora, ma io e Sofia stavamo già insieme prima che io partissi per Londra; ma non le avevo detto del matrimonio, ero terrorizzato dall'idea di perderla perché era la cosa più bella che mi fosse capitata fino ad allora. Ma poi lei l'ha saputo da te e io ho dovuto fare di tutto per riconquistarla. Lei ha ribaltato il mio mondo, bro', ora lo vedo con occhi diversi e tutto mi sembra spettacolare, la amo...ci amiamo e... siamo felici!"

"Sono molto felice per te allora...per voi...salutala da parte mia, ora devo andare ho una riunione. A presto!"

"Va bene! Buon lavoro!"

Avevo inventato una scusa. E avevo chiuso la conversazione. Ma la mia testa era satura. Quella notizia inaspettata mi aveva riempito di rimpianti, di parole non dette e di forse. Perché io avevo tentato di dimenticarla, perché sapevo che era innamorata di un altro; ma mai avevo pensato fosse il mio migliore amico. Sì, ero certo le piacesse ma che addirittura avessero una storia, non lo avevo neppure immaginato. Se mi fossi focalizzato su di lui l'avrei capito ma ero stato, sempre, troppo distratto da lei.

Sofia era la donna di Edoardo. Ed io avevo desiderato la donna del mio migliore amico. Dio solo sa, quanto l'avevo desiderata.

Da quando ero partito da Roma non l'avevo più chiamata e non l'avevo messaggiata. Ad un certo punto le avrei voluto scrivere che mi mancava, che sapevo che amava un altro ma che io volevo lei e se avesse voluto sarei tornato. Ma subito dopo avevo capito che non potevo mandarle quel messaggio, e avevo cancellato il suo numero dalla rubrica. E cancellato quell'impulso, sperando così di aver cancellato anche quel sentimento che mi riempiva il cervello e di aver spento quel fuoco che mi bruciava dentro.

Ma che era divampato nuovamente non appena lui aveva pronunciato quel nome.

Amami come Mai © #Wattys 2020Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora