25_Maggio_2016
Sofia Pov"Mi hai fatto chiamare?" dissi, entrando nell'ufficio di Edoardo.
"Sì, sì " rispose lui alzandosi dalla scrivania e venendomi incontro.
Si bloccò davanti a me e mi sorrise sornione.
"Cosa c'è? Hai uno sguardo...vispo..."
"Vispo...eh?!" Sorrise di nuovo ed andò verso la porta girando la chiave.
"Cosa..." domandai guardandolo corrucciata. Lui mi si avvicinò ancora e mi tolse gli occhiali, posandoli sul tavolino di fianco al divanetto. Poi tirò via l'elastico dai capelli e mi sciolse la coda.
"Cosa stai facendo..."continuai ancora.
"Ti sto mettendo a tuo agio..." disse mentre mosse le mani tra i miei capelli e poi le passò sulle mie spalle e fece scivolare la giacca, togliendomela e gettandola su una sedia.
"Non starai pensando di farlo qui!?" chiesi ancora sbalordita, mentre lui aveva preso a sbottonare, uno ad uno, i bottoni della mia camicetta.
"Invece sì, proprio qui! Oggi quest'ufficio mi ispira qualcosa di diverso dal lavoro e di molto molto più interessante..." mormorò.
"E se qualcuno dovesse bussare?!"
"Non ho nessuna intenzione di rispondere...e poi ricorda sono il capo e faccio quello che voglio..."bisbigliò mentre con l'indice correva lungo il mio sterno e poi continuò in giù fino a toccare il bordo del pantalone.
"Dovresti indossare la gonna più spesso...è più facile da utilizzare..." ridacchiò mentre lentamente slacciò il pantalone e con le mani sui fianchi lo tirò giù; quindi si piegò, mi tolse le scarpe e me ne liberò.
Si sollevò, mi posò una mano sulla guancia e mi accese di inferno con quei suoi occhi candidi e celestiali; ed io sospirai l'eccitazione di cui ormai ero preda.
"Edoardo..." sussurrai e lo vidi distendere le labbra ed iniziare a togliersi piano gli indumenti. Lo fece con lentezza, seguendo le traiettorie che i miei occhi tracciavano su di lui.
E quando ormai gli occhi carichi di desiderio, avevano divorato la pelle scoperta di ognuno, fummo pronti per lasciarlo fare alle nostre bocche, alle nostre lingue e ai nostri corpi, l'uno sull'altro, distesi e impigliati su quel divanetto chester di pelle marrone.
19_Giugno_2016
Era una calda domenica di inizio estate ed eravamo appena tornati a casa dopo aver pranzato con Laura e mio padre. Tentai di essere distaccata e tranquilla ma con Edoardo non mi riuscì bene.
"Sofia, cos'hai?" domandò.
Sospirai nervosamente e mi passai le mani tra i capelli.
"Mio padre mi ha detto che mia madre vuole vedermi!" dissi d'un fiato.
"Stai scherzando?!" chiese stupito.
"No, ha detto che lo ha chiamato e gli ha chiesto di convincermi perché vuole parlarmi..."
"E tu? Che vuoi fare?"
"Vorrei tanto evitare anche solo di pensarci; ma da quando papà me lo ha detto non riesco a pensare ad altro..."
"Non sono la persona più adatta a dare consigli sulle madri..." disse accarezzandomi le braccia "ma tu devi fare ciò che ti senti..."
"Lo so...ma non so che voglio fare...io...non me lo aspettavo...lei...mi ha sempre denigrato...non merita nemmeno che la degni di uno sguardo...ma io non sono come lei...io non voglio essere come lei..."
"Non lo sei, infatti..."
"Credo che dovrei incontrarla e parlarle un'ultima volta...altrimenti mi porterei questo rimpianto e non voglio averne!"
"Allora fa quello che devi! Io sono qui, per te!" disse stringendomi tra le braccia.
☆
Il portone era aperto come al solito; salii in fretta le rampe ed arrivai davanti alla porta di quella che era stata casa mia. Bussai con forza sul legno chiaro e lei aprì senza nemmeno chiedere chi fosse.
E li vidi, di nuovo, dopo anni, i suoi occhi puntati nei miei, i suoi occhi scuri come i miei.
"Sofia..."mormorò appena.
Inspirai e smisi di fissarla, guardando oltre.
"Vieni dentro..." mormorò ancora e si scostò per lasciarmi entrare.
Varcai la soglia e dopo aver passato il piccolo ingresso entrai nel salotto. Tutto era esattamente come lo ricordavo. Tutto esattamente nello stesso posto, allo stesso modo.
"Siediti..."
"No, resto in piedi. Facciamo in fretta! Perché hai voluto vedermi?"
Si sedette con calma sul divano di pelle beige ed abbassò lo sguardo, quindi restò muta una decina di secondi che a me sembrarono centinaia di minuti.
"Allora?!" proferii infastidita.
Lei non si mosse, non parlò. Mi esasperai allora.
"Sai che c'è? Parlo io, così me ne vado in fretta! Tu...tu...sei...indegna di essere chiamata madre...mi hai accusato, denigrato, offeso, ma sei tu che hai deciso di tradire papà, io sono stata solo la conseguenza! Non mi hai mai accettato, mi hai sempre umiliato ed io non credo di averlo meritato, almeno non prima dell'incidente..." dissi gesticolando mentre lei era fissa con gli occhi bassi e i pugni poggiati sulle gambe.
"Gioia...lei è stata per me una madre oltre che una sorella. Tu...tu che mi hai accusato e mi hai crocifisso, prima ancora che io mi rendessi conto di ciò che era successo...tu...avresti dovuto sostenermi, perché il peso che portavo dopo la sua morte avrebbe potuto schiacciarmi, divorarmi, annientarmi...come ha fatto...ma tu...mi hai allontanato anche da papà...perché sapevi che era l'unico che voleva starmi vicino..." continuai, andando avanti e indietro per la stanza come una tigre in gabbia.
"Sai perché sono qui? Perché non meriti nemmeno la mia indifferenza! Io non sono come te, già solo per il fatto che ho avuto il coraggio di affrontarti e dirti in faccia ciò che penso!" conclusi con il fiatone.
"Hai finito?" chiese calma alzando il capo.
"Sì ed attendo di sentire tu cosa hai da dire!"
"Non ho nulla da dirti, perché anche se ti chiedessi scusa, non lo accetteresti..."
"È facile in questo modo, no?"
"Ti ho fatto venire solo perché volevo che tirassi fuori tutta la rabbia e il rancore verso di me, perché non lo avevi mai fatto, così ti saresti sentita meglio..."
"Ah, quindi mi hai fatto un favore!!?? Devo anche ringraziarti!" risposi sarcastica.
"No. Ma è davvero ciò che penso, non posso chiederti scusa perché semplicemente non merito nemmeno di chiederti scusa. Perché ho perso tutti, Gioia, tuo padre e te, ed è solo colpa mia".
"Te ne sei accorta un po' tardi, non credi..."
"Meglio tardi che mai..."
"Convinta tu...ora posso andare?"
"Come vuoi..."
"Bene, addio!" Feci guardandola un solo istante e andando verso la porta.
"Sofia?"
"Eh?" risposi fermandomi ma senza girarmi.
"Sei felice?"
"Lo sono".
"È giusto così..." sussurrò ed io mi chiusi la porta alle spalle. Tornai a casa il più in fretta possibile e mi rifugiai tra le braccia di Edoardo.
Da quel giorno il baratro che divideva me e mia madre divenne abnorme ed io non lo oltrepassai più.
STAI LEGGENDO
Amami come Mai © #Wattys 2020
Romance- COMPLETA - Edoardo e Sofia sono due avvocati. Ed è questa, forse, l'unica cosa che hanno in comune. O forse no? Si scontreranno e si odieranno. O semplicemente impareranno a conoscersi e ad amarsi? Entrambi hanno un passato che li divora, ma il l...