Capitolo Cinquantacinque - Un passo nel vuoto

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07_Aprile_2017
Sofia Pov

Era una bellissima giornata di inizio primavera, io ero appena arrivata a villa Borghese e mi ero seduta, su una panchina di legno rovinato, ad aspettare Nali che avrebbe pranzato con me. Vedevo passare famiglie, ragazzi in bicicletta, gruppetti in risciò. Nali era in ritardo, allora alzai il naso all'insù e mi persi ad osservare le foglie degli alberi che si muovevano scosse dal vento leggero, su un fondo di cielo immobile ed azzurro.

Di colpo qualcosa mi colpì il piede. Abbassai lo sguardo e vidi un pallone a spicchi, che raccolsi.

"Mi scusi..." balbettò una voce.

Sollevai il viso e mi trovai addosso gli occhi chiari di un bambino biondo, di circa sette anni.

"Mi scusi...signora...si è fatta male?" balbettò ancora perché io non avevo parlato.

"No, no..." sussurrai.

"Allora potrei riavere il mio pallone?" chiese imbarazzato.

"Ah, sì, certo...scusami..." dissi e glielo porsi. Lui sorrise e si allontanò verso un uomo con i capelli castani, che alzò la mano verso di me e sorrise, ringraziando. Quindi sentii il ragazzino urlare "Prendi papà!" e lanciargli con forza la palla.

Il padre sorrise e di colpo il suo sorriso divenne quello di Edoardo. Tutta la sua figura si mutò in quella di mio marito ed io restai immobilizzata, a guardare quella proiezione della mia mente, per qualche minuto, finché non sentii squillare il telefono.

'Sofia, mi hanno bloccato a lavoro, non riesco a venire con te a pranzo! Scusa se non sono riuscita ad avvisarti prima! Mi faccio perdonare presto! Un bacio tesoro!'

Diceva il messaggio inviato da Nali.

Posai il telefono in borsa e mi accorsi che quel padre e suo figlio erano spariti. Allora rialzai gli occhi al cielo, mentre mi si gonfiarono di lacrime sotto gli occhiali scuri.

Non avevo nessun diritto di privare Edoardo di una gioia simile, di avere un figlio e di renderlo felice come faceva con me. Lo meritava, lo meritava più di chiunque al mondo ed io dovevo trovare la forza di affrontare le mie paure.

Restai su quella panchina a lungo, avevo lo stomaco chiuso e non mi mossi nemmeno per mangiare. Avevo bisogno di stare da sola, per pensare, ed avvisai Edoardo che avrei passato il pomeriggio e la serata con Nali.

Le inviai un messaggio per dirle di chiamarmi, per raggiungermi non appena fosse uscita da lavoro e passeggiai da sola per il centro di Roma, per tutto il pomeriggio. Andai da piazza del Popolo a piazza di Spagna, poi mi spostai verso piazza Navona e Campo dei Fiori, attraversai Ponte Sisto e giunsi a Trastevere che stava calando la sera.

Quando arrivò Nali cenammo insieme e bevemmo un paio di mojito. Feci di tutto per nascondere il mio stato d'animo dietro una stupida stanchezza, dopodiché la tempestai di domande sul suo rapporto con Cecilia e la loro convivenza. La mia amica era raggiante di gioia, non l'avevo mai vista così con nessuno e ne ero felice. Decidemmo poi di videochiamare Tata, come facevamo almeno una volta a settimana, da quando era partita, per cancellare i milioni di chilometri e le sei ore di fuso orario che ci dividevano. Anche lei era raggiante di felicità, entusiasta di Eric e della sua famiglia.

Due delle persone più importanti della mia vita erano felici, realizzate; ed io al settimo cielo per loro, avvertivo che nonostante lo fossi anch'io, ero ancora troppo vulnerabile e una zavorra mi inchiodava il cuore.

Si sa che le chiacchiere fra donne possono essere infinite e quelle mie e di Nali potevano concorrere ai primati, quindi tornai a casa che era notte fonda.

Mi cambiai, mi struccai e mi stesi a letto. Edoardo mi avvertì e mi strinse poggiando la testa sulla mia spalla.

"Bentornata...scusa se non ti ho aspettato sveglio..." biascicò.

"Non importa...immagino quanto fossi stanco...buonanotte amore..." risposi piano.

"...notte..." sussurrò.

Gioia camminava davanti a me, abbronzata, nel suo costume a due pezzi rosso e con i capelli scuri, sciolti al vento.

"Sbrigati! Vedrai sarà una figata!" disse voltandosi un secondo verso di me.

Io, nel mio bikini bianco a fiori blu, tentavo di starle dietro ma lei aveva i piedi di amianto e calpestava, lesta, gli scogli ispidi e bollenti.

"Gioia! Mi dici dove diavolo mi stai portando!? Stavo così bene sulla spiaggia al sole!" la ripresi scocciata.

"Il Salento è famoso per le sue calette circondate da scogli, anche molto alti..."

"Eh?!"

"Siamo arrivate!"affermò fermandosi.

Non appena la raggiunsi mi resi conto che eravamo su uno scoglio alto una decina di metri.

"Cosa..." mormorai mentre il mio sguardo si perdeva all'orizzonte.

"Bello no? Dai vieni vicino a me così ci lanciamo!" fece entusiasta.

"La- cheee?!" chiesi sbalordita.

"Ci lanciamo da questo scoglio, sarà fantastico!"

"Non ci penso proprio!"

"Ok, allora torna indietro da sola..." e così detto fece un balzo e si lanciò nel vuoto.

"GIOIAAAA!!!" urlai e poco dopo mi accucciai per guardare il mare sotto di me.

Lei sbucò dall'acqua e urlò "Wow! Non sai che ti perdi! Devi buttarti! Un passo! Un solo passo!"

"Tu stai fuori! Non mi lancerò mai! Ho troppa paura!...E se mi allontano troppo poco e mi sfracello sulla roccia?! E se cado male e batto sull'acqua?! E se non riesco più a risalire dal fondo?!"

"Ok, ok...le sciagure le hai appena nominate tutte... ma non hai fatto cenno all'emozione, all'adrenalina che sentiresti! Le cose che fanno più paura, spesso sono anche le cose più faticose e che richiedono tutto il nostro coraggio; ma sono quelle che valgono la pena di più, sono le più belle! Quindi buttati e non ci pensare! Ti assicuro che non te ne pentirai! Ti fidi di me, no?!"

Mi fidavo di lei, l'avrei seguita in capo al mondo. Mi alzai e senza pensare feci un passo nel vuoto.

Spalancai gli occhi, era quasi mattina. Ero a letto, al fianco di mio marito ed avevo sognato, o meglio avevo sognato un ricordo. Mi sollevai piano e andai in salotto. Aprii la borsa e presi il blister delle pillole tra le mani, lo guardai qualche secondo, poi, corsi in bagno e svuotato il blister nel water, feci scorrere l'acqua, quindi gettai l'involucro vuoto nel cestino. Mi guardai allo specchio, sospirai e subito dopo sorrisi.

Mi fidavo di lui, l'avrei seguito in capo al mondo. Decisi, pensando, che avrei fatto quel passo nel vuoto.

Amami come Mai © #Wattys 2020Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora