Capitolo Trentotto - La mia vita sospesa

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25_Aprile_2013
Sofia Pov

Mi chiesi se fosse un segno il fatto che la condanna dell'investitore di Edoardo, fosse  avvenuta il giorno del suo compleanno.

La polizia aveva indagato e tramite l'interrogatorio di alcuni passanti che erano stati testimoni del terribile incidente, erano risaliti all'auto e dopo al guidatore, il cui nome, io non avevo mai dimenticato: Luigi Malaga. Il tale che pochi giorni prima, aveva accusato e poi minacciato Edoardo per una colpa che non era sua.

Io e Alberto avevamo portato avanti il processo e inoltre avevamo sostenuto che non vi era nessuna colpa nemmeno da parte di Guido, il padre di Edoardo, che come sempre aveva svolto il suo lavoro in maniera impeccabile e che il padre di Malaga era evidentemente colpevole.

Quel pazzo fu condannato per tentato omicidio volontario ed Edoardo era ancora in coma, dopo mesi. Tutto era rimasto immutato, tutto sembrava essersi fermato a quel quindici di gennaio. Anche adesso che Edoardo non era più in ospedale, in terapia intensiva, ma sua madre l'aveva fatto trasferire in una costosa clinica privata, in una lussuosa stanza affacciata sul verde. Avrei voluto portarlo a casa nostra ma lei si era opposta, di nuovo, nonostante avessi il supporto incondizionato di Alberto e mi aveva minacciato di non farmelo più vedere se non avessi acconsentito; ed ancora una volta avevo dovuto cedere, solo per amore di Edoardo.

Passavo un terzo della mia giornata a raccontargli i ricordi che si accalcavano nella mia mente, a parlargli di quello che succedeva, ad accarezzare i suoi lineamenti, sempre perfetti, con la punta delle dita e a stare appoggiata con la testa sul suo petto, con l'orecchio rivolto al suo cuore. Era quella una delle sole cose che riusciva a calmarmi: sentire battere il suo cuore, malgrado l'immobilità del resto del suo corpo mi dava pace e spesso addolciva così tanto i miei pensieri, da farmi addirittura appisolare dato che, ormai, dormivo soltanto pochissime ore a notte.

Sentivo la mia vita sospesa, appesa ad un filo sottilissimo, che non riuscivo a spezzare, che per me era indistruttibile; ma che il risveglio di Edoardo avrebbe disintegrato istantaneamente.

Alberto Pov

Dopo il processo contro quel maledetto che aveva ridotto Edo in fin di vita, eravamo tornati allo studio stremati. Sofia aveva cercato di trattenere la rabbia e il dolore per tutto il tempo ed avevo paura che stesse per scoppiare. La accompagnai nel suo studio e le chiesi se avesse bisogno che le portassi qualcosa.

"Nulla, grazie...vorrei solo restare sola..."mi rispose lei. Così chiusi la porta e mi diressi verso il corridoio, dove incrociai Elena.

La vidi seguirmi in sala riunioni e non appena fummo all'interno le dissi:

"Hai bisogno di qualcosa?"

"Volevo farvi i complimenti per la causa..."

"Grazie, speriamo che aver chiuso questa maledetta storia diventi il simbolo del risveglio di Edo..."

"Sei sicuro?"

"Come scusa?"

"È da un po' che ti osservo, sai..."

La guardai corrucciato, non riuscendo a capire dove volesse arrivare e lei continuò:

"Le sbavi dietro come un cagnolino! Non sembri nemmeno tu!"

"Cosa vuoi Elena?! Sei gelosa solo perché non ti ho più chiamato per una botta e via?!"

"Sei proprio un bastardo, lo sai! Sofia è la donna del tuo amico! Non una qualsiasi che si portava a letto! Te lo ricordi o sei talmente stronzo da provarci con la donna del tuo migliore amico mentre lui è in coma?"

"Esci di qui e vattene a fanculo Elena, ora!!!Non voglio sentire una parola di più!" Le urlai contro.

"La verità fa male, vero mio caro?!"

"Ho detto fuori!!!" urlai più forte.

E lei uscì sbattendo i tacchi sul parquet.

La amavo, le stavo vicino in tutti i modi ma non vi era un singolo secondo, di ogni singolo giorno, in cui dimenticavo che Sofia era la donna di Edo. Per cui rispettavo lui, che era il mio migliore amico, che era l'unica famiglia che avevo; e rispettavo lei, la donna che per prima mi aveva rivelato il potere di quel sentimento che non avevo mai provato.

Rispettavo il loro amore e tenevo il mio intrappolato e incatenato a doppio giro, affinché non prevalicasse su di me facendomi fare qualche immensa stronzata.

27_Novembre_2011
Sofia Pov

Avevo accompagnato Edoardo al cimitero per salutare Ginevra, dato che era appena passato un mese.

E per la prima volta lo condussi davanti a Gioia. Lui guardò la sua foto e mi disse:

"Non vi somigliate molto ma avete gli stessi bellissimi occhi brillanti"

Era vero e gli sorrisi; e in quel momento mi resi conto di non avergli mai detto perché ero diventata avvocato.

Era merito suo e quindi anche Edoardo era merito suo. Gioia, da dovunque fosse, continuava a regalarmi le cose più belle della mia vita.

A casa gli raccontai tutto e lui mi rispose:

"Potrebbe essere merito suo ma la forza e la dedizione che metti nel tuo lavoro è solo merito tuo, e ti amo per questo e per tanti altri motivi. Amo ogni cosa di te: quando te la prendi con te stessa perché le cose non ti vengono alla perfezione come vorresti, quando ti arrabbi perché la gente è maleducata e anche quando ti alteri perché i faldoni dei casi sono fuori posto" concluse ridacchiando.

"Sei un ingrato lo sai?! Io lo faccio anche per te, per lavorare meglio!" dissi fingendomi offesa, incrociando le braccia al petto.

Lui si avvicinò e mi diede un bacio sul naso.

"Mi piace farti arrabbiare, prima mi riusciva talmente bene!"

"Lo fai apposta, eh!"

"Ci provo...sei ancora più bella quando ti arrabbi!"

"Bonelli, tu mi manderai al manicomio!"

"Verrò con te, allora!"

E allora infilai entrambe le mani nei suoi capelli, muovendole velocemente e spettinandoli tutti.

"Vuoi la guerra, avvocato Ambrosini?!"

"Sì!" Urlai mentre mi scioglievo dal suo abbraccio e correvo verso la camera, mentre lui mi inseguiva dopo aver recuperato un cuscino dal divano.

"Guerra sia!" rispose e iniziò a prendermi a cuscinate mentre io cercavo di difendermi con le braccia.

"Non vale! Sono disarmata!" supplicai e lui si bloccò.

"C'è solo un modo per portare la pace dopo una guerra tanto sanguinosa..."

"Sarebbe?"

"Baciarmi fino a domani"

"Se proprio sono costretta, non posso farne a meno..."

Risposi e mi avvicinai lenta mentre lui allargava le labbra nel suo splendido sorriso e gettava il cuscino alle sue spalle. Gli avvolsi le mani intorno al collo e presi a lasciare baci leggeri su tutta la mandibola fino intorno alle labbra, sorridendo.

"Mi stai torturando...te la farò pagare..." sussurrò e poi salì le mani tra i miei capelli e si gettò vigoroso sulla mia bocca.

Sprazzi d'autrice
Occhio alle date!
In questo capitolo oltre ad andare avanti di mesi, siamo tornati indietro nel tempo e lo faremo anche nei prossimi, nei ricordi vividi dell'amore di Edoardo e Sofia

Amami come Mai © #Wattys 2020Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora