Ventidue anni, capelli color grano acconciati in modo discutibile, occhi rubini.
O almeno così era come gli dicevano le persone che potevano vedere i colori.
Non aveva mai creduto a questa cosa del Se incontri la tua anima gemella, iniziai a vedere i colori e sarà tutto più bello.".
Lui non aveva bisogno di quelle cose e di nessuno.
Sistemò meglio il cappello e i guanti, uscendo poi di casa a passo spedito, prima di prendere le strade affollate della città di Tokyo.
Era stato affidato ad un caso alquanto bizzarro, ma altrettanto inquietante: un tizio minacciava l'Organizzazione Mortal Hero, lasciando messaggi in giro per la città.
Ogni giorno una nuova parola o una macchia di sangue su un qualsiasi edificio, accompagnate dalla testa di un piccione.
Quella mattina sulla vetrina di un negozio di gioielleria era stato scritto "Spina".
Guardò con disgusto la testa del pennuto appiccicata sul vetro, ordinando ad uno dei suoi subordinati di raccoglierla e metterla in un sacchetto.
Quella era una delle poche volte che l'Organizzazione e la polizia si trovavano a collaborare forzatamente.
I primi erano i diretti interessati di quegli scherzi di cattivo gusto, mentre i secondi lo facevano semplicemente per portare a casa la pelle e mantenere calmi i cittadini.
Sistemò il cappotto sulle spalle e si allontanò dalla folla, irritato per il vociare creatosi dai curiosi.
Chi è che troverebbe soddisfazione a minacciarli in quel modo?
Soprattutto che voglia aveva questo individuo nell'andare alla ricerca di piccioni da sgozzare?
Nuovamente l'espressione di disgusto si fece largo sul suo viso pallido: quei pennuti portavano malattie, erano zozzi e rovinavano con i loro escrementi le opere d'arte.
Forse quel tizio stava facendo un favore a tutti, salvaguardando le statue centenarie sparse per la città.
Si ridestò dai suoi pensieri quando varcò la porta della stanza a lui riservata nella base, una sottospecie di ufficio, se così poteva definirsi.
Prese il pennarello e cerchiò il luogo di quel giorno: erano a ventinove.
Nel primo messaggio era stato scritto che, se non l'avessero trovato entro trenta giorni, i colli dei piccioni sarebbero stati sostituiti con le loro teste.
Certo, come no. Prima di riuscirci, doveva prima ucciderlo.
Man mano che i giorni trascorrevano, le sue ricerche brancolavano nel buio: la città era troppo grande e non aveva abbastanza uomini per coprire i turni sia di giorno che di notte, ritrovandosi stanco a quasi dalla scadenza.
"Gli farò rimpiangere di essere nato, lo torturerò talmente tanto da farlo supplicare di risparmiargli la vita ed infine lo disintegrerò, rendendolo una poltiglia irriconoscibile."
L'Organizzazione era un po' come la sua famiglia: chiunque la minacciasse, non aveva motivo di esistere.
Bakugou Katsuki non aveva pietà per nessuno: dirigente di uno dei rami più influenti dell'Organizzazione, si era guadagnato un certo rispetto nonostante la giovane età, facendo tremare anche il minimo insetto che incrociava il suo cammino.
Forse parte di questo era dovuto al suo caratteraccio, ma era stato accolto a braccia aperte, dopo la sua prima ed unica disfatta.
L'Organizzazione Mortal Hero era nata per fare il lavoro sporco. Le agenzie degli eroi evitavano di sporcarsi le mani in missioni scomode, quindi era stata istituita raccogliendo tutti coloro che non avevano paura di uccidere, se necessario.
Era seduto sulla sedia di fronte a quel tabellone, calice di vino pregiato in una mano e l'altra a sostenere la testa con due dita.
Si trovava da solo, a capire come collegare quei pochi indizi per salvare la pelle a quelle capre dei suoi sottoposti.
Lui, uno dei più temibili eroi mai esistiti, che non riusciva a trovare un fissato di uccelli?
Che cosa ridicola.
Posò il bicchiere ormai vuoto e si alzò, rileggendo ogni singola scritta e guardando il luogo in cui era stata rinvenuta.
Non c'era alcun nesso logico: parole che sembravano insulti e gli ordini dei ritrovamenti erano casuali.
Sembrava che andasse totalmente alla cieca.
Perché spostarsi da nord a sud, per poi risalire a nord e finire ad ovest?
E perché usare i piccioni?
Ancora non si capacitava del coraggio che aveva per utilizzare quei luridi pennuti.
Scosse la testa, non era il momento di distrarsi in quelle sciocchezze.
Ogni distretto della città era stato bersagliato, spesso in modo ripetitivo, i negozi variavano di genere e nemmeno le parole avevano un collegamento, quando c'erano.
Catene, sangue, morte, corrotti, ladri, arroganza, sofferenza, agonia, pulizia, codardia, tristezza, spinta, "merda".
Erano tutte parole rivolte all'Organizzazione, ma non capiva dove volesse arrivare.
Anche quella mattina si accorse di aver trascorso l'ennesima notte insonne inutile.
Che fosse solo uno scherzo?
Uno di quelli di cattivo gusto?
O forse un diversivo?
Concentrare tante teste verso un'unica direzione per poi far scoppiare il caos inaspettatamente da tutt'altra parte?
L'unico messaggio differente e chiaro fu quello rinvenuto per posta il primo giorno: una scatola lasciata davanti alla porta della base, con una lettera in cui si spiegava il limite di tempo concesso. Non mancò la testa del pennuto come bonus.
Quel giorno non presero alla lettera quelle parole, ma dovettero iniziare a darci peso dal giorno successivo, quando sulla parete di un palazzo venne trovata la parola "Catene".
La reliquia del volatile era la prova che quel tizio non stava scherzando.
Un senso di leggera nausea lo fece rabbrividire.
"Che schifo." sussurrò disgustato.
Eppure, diversivo o meno, quello era il suo incarico e lo avrebbe risolto con ogni mezzo a sua disposizione.
Il trentesimo giorno arrivò, ma non accadde nulla: nessun messaggio, nessuna lettera, nessuna "firma".
Niente di niente.
Alla base l'aria era resa: non uno che fiatasse, non uno che volesse uscire da quel luogo.
"Ehi, non potete dormire qui dentro. Che cazzo siete? Dei conigli?"
Aveva diavolo per capello: se si rinchiudevano con la paura di metter il naso fuori dalla base, allora non dovevano far parte dell'Organizzazione.
Non aveva bisogno di cagasotto tra le sue fila: finita quella stramba storia, avrebbe messo a dura prova i suoi subordinati.In quella notte, dall'altra parte della città, un ragazzo stava osservando le auto che sfrecciavano sullo stradone.
Gambe a penzoloni dal cornicione del palazzo, fischiettava un motivetto allegro con un sorriso ebete.
Kirishima Eijirou era un ragazzo alquanto bizzarro: mente geniale, nascosta da stupidità innata ed un sorriso perenne, amante di ogni cosa che avesse canoni di virilità.
La sua agenzia lo aveva mandato ad indagare sugli ultimi avvisi inviati all'Organizzazione Mortal Hero, temendo che potessero centrare i pochi rimasti della Lega Antieroi.
Quella sera si trovava su quel cornicione ad aspettare.
In quella città, quella notte, sarebbe accaduto qualcosa da agitare le acque.
Ne era sicuro.
Era mezzanotte quando le campane in lontananza suonavano i rintocchi, facendolo alzare e, infilando le mani nelle tasche, avviarsi verso la porta delle scale di emergenza del palazzo.
Shinjuku era uno dei distretti più movimentati di Tokyo.
Sapeva che qualcosa sarebbe successo lì, ma non era riuscito a capire il luogo e il cosa.
Aveva seguito nell'ombra ogni evento dell'ultimo mese.
Essendo ormai un Pro Hero a tutti gli effetti, poteva agire solitariamente in tutta libertà.
Muovendosi da solo, era riuscito a raccogliere tutte le informazioni che gli facessero capire genericamente il quadro della situazione, ma sconosciuti gli erano ancora il movente e l'obiettivo principale.
L'Organizzazione aveva troppe teste al comando: sembravano un gruppo ben unito, ma sarebbe bastato un nulla per disintegrarlo.
Erano le 2.30 quando l'urlo di una donna zittì ogni cosa.
Sulle pareti della facciata principale di una nota azienda, scivolava copioso il sangue che formava la scritta "Pulizia". Il messaggio era riconducibile al misterioso serial killer dei piccioni, ma la testa legata ad uno dei pennacchi apparteneva ad un uomo.
La giostra si era messa in moto, quasi si potesse udire una musica tetra in sottofondo, coperta dal vociare spaventato di chi si fermava a commentare.
All'arrivo delle forze dell'ordine il rosso ebbe il buonsenso di sgattaiolare, nascondendosi in una delle vie secondarie.
Mancava il corpo: doveva trovare il cadavere sgozzato prima di chiunque altro.
Forse avrebbe rilevato indizi importanti, come impronte di scarpe o l'arma del delitto.
Non fu facile: quello era uno dei momenti in cui malediva il suo lavoro solitario.
Le ricerche andarono fino all'alba, celandosi nei vicoletti quando vedeva poliziotti o membri dell'Organizzazione, finché trovò ciò che cercava.
Venne attirato da un cassonetto dell'immondizia circondato da alcuni corvi.
Quando si avvicinò, i pennuti presero il volo e trovò così il corpo senza volto gettato in malo modo.
Riconobbe immediatamente lo stemma sulla Hero Suit, riconducendo l'uomo ad uno dei membri dell'Organizzazione, ma involontariamente rilasciò un sospiro di sollievo nel constatare che non apparteneva a nessuna sua conoscenza dei ranghi alti dell'organizzazione.
Gli bastò guardarlo, facendosi luce con la torcia del telefono, per capire quei piccoli dettagli utili a confermare i suoi sospetti.
Taglio netto e pulito, probabilmente un unico colpo con una lama lunga, magari alle spalle.
Decise di abbandonare quel progetto, quando dei passi si udirono dietro di lui.
La risata salì quasi fino a prorompere, ma si trattenne e si nascose dietro al cassonetto.
I passi si avvicinarono, era una persona sola, ma tra tutte le persone che poteva incrociare il suo cammino, quella era la meno desiderata.
Far scoppiare una discussione che sarebbe degenerata in una scazzottata con tanto di esplosioni, non rientrava nei suoi piani per quella notte.
Sentì aprire lo sportello del cassonetto e per un attimo iniziò a sudare freddo: aveva riconosciuto quel passo che sapeva di morte e l'aria, che sapeva di nitroglicerina, metteva i brividi.
Il verso che ne seguì confermava le sue teorie: avvertiva chiaramente l'istinto omicida che emanava quella persona.
Non poteva esser scoperto quel giorno, non poteva se non avrebbe avuto la conferma che nel mirino di quello o quei svitati, era proprio colui che si trovava dall'altra parte del cassonetto.
Lo sportello venne sbattuto, con tanto di improperi poco aggraziati e i passi si allontanarono, quasi che l'altro sbattesse i piedi in terra.
Attese ancora qualche istante nel silenzio interrotto solo da una grondaia che perdeva acqua, e poi fece fare capolino alla testa.
"Via libera."
Accertatosi di avere la fuga sicura, si addentrò nuovamente nella città, ragionando rapidamente sulle sue scoperte.
I Colori avevano iniziato a muoversi.
Stanchi di essere sottomessi dall'Organizzazione, si erano quindi coalizzati, creando un gruppo numeroso che il loro obiettivo avrebbe difficilmente sconfitto.
Se tagliavano una delle teste, le altre si sarebbero disfatte con le loro mani.
Una di quelle teste era la persona che aveva riconosciuto da solo i passi: senza di lui, gli altri dirigenti avrebbero perso polso e probabilmente le faide interne si sarebbero riaperte.
Bakugou Katsuki era l'unico dirigente che aveva il controllo su una zona estesa senza l'ausilio di altri.
Si ripromise di proteggerlo, al fine che la risposta a quell'abbandono venisse interpretata nel miglior dei modi: Kirishima Eijirou sarebbe stato il suo salvatore.
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True Colors [Kiribaku/Bakushima]
FanfictionEcco qui un'altra nuova storia. Color Au. Uno dei due ha già iniziato a vedere un colore dopo un particolare evento della loro vita. Mantenne il segreto, sgretolandosi pezzo dopo pezzo, vedendo l'altro sempre più distante. Ambientato dopo il diploma...