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Era tornato in cucina senza fiatare.
La realizzazione di quello che lo stava sconvolgendo era stata una grossa mazzata.
Innamorato, lui?
Già.
Probabilmente era cotto a puntino visto che non riusciva a levarsi dalla testa quel sorriso e quei capelli dalla pettinatura bizzarra.
Quando se n'era andato via di casa, aveva pensato che fosse la soluzione migliore per proteggere il rosso, si sentiva così tanto pericoloso che aveva temuto di potergli far del male.
Da quel giorno continuava a chiedersi cosa stesse facendo e se avesse compreso la sua decisione. Lo faceva almeno un paio di volte al giorno, ma il suo maledetto orgoglio lo frenava sempre da scrivergli o telefonargli.
Si era sempre chiesto perché Kirishima non l'avesse cercato, ma egoisticamente pensava che avesse capito che voleva restare solo. Scoprire poi che gli aveva salvato di nuovo la vita e quel coma in ospedale, aveva iniziato a creare la crepa nella sua corazza.
E poi il risveglio: quelle braccia che lo stringevano come se potessero allontanare qualsiasi minaccia esistente, gli avevano regalato la sensazione di essere accettato per com'era, senza pregiudizi creati dal suo burbero carattere.
Quando si era chiesto se le sue labbra fossero morbide, quasi a volerle assaporare, aveva iniziato a vedere il rosso.
Dopo quella settimana forzata di lontananza  rivederlo gli aveva fatto salire una strana sensazione, quasi di felicità, facendo così apparire l'arancio.
Infine la sceneggiata di poco prima.
Aveva lottato tanto per schivare quei sentimenti e ci era finito senza accorgersene.
Però...
Però Kirishima non lo meritava di certo.
Aveva appena scoperto di essere innamorato e di aver realizzato che non avrebbe mai potuto trascorrere la sua vita accanto a lui.
Che strano scherzo del destino.
Doveva essere una punizione divina, una di quelle mazzate del karma.
Per quanto il rosso gli volesse bene, lui aveva sbagliato talmente tante volte nei suoi confronti, che ringraziava ancora di poter essere seduto ancora lì, su quella sedia, in una cucina che una volta era anche sua.
Se potesse tornare indietro nel tempo, eviterebbe di andarsene, recandosi poi tutti i giorni all'ospedale e far sentire all'altro che lui era lì, a stringere quella mano che lo aveva afferrato troppe volte.
Tuttavia Kirishima lo mandava comunque in confusione.
Perché si ostinava a non cacciarlo, dicendogli che era talmente un pezzo di merda da non volerci più nulla a che fare?
Semplice: Kirishima non sapeva odiare.
Kirishima era quello che odiava piuttosto se stesso, invece che rivolgere quel sentimento a qualcun altro.
Kirishima era quello che dal primo giorno di scuola si era insidiato nella sua vita, rendendola luminosa e piacevole con un semplice sorriso o un braccio intorno alle spalle.
Kirishima era quello che sedava subito un'esplosione rivolta a qualcun altro con un semplice "Bro!" e un sorriso.
Kirishima sorrideva sempre.
Gli sorrideva sempre.
E lo sguardo di qualche minuto prima lo aveva ucciso dentro.
Ora che poteva dirgli?
Lo aveva aspettato un giorno intero per dirgli che non voleva più che lo aiutasse con il caso, in modo che avesse evitato di protrarre avanti il processo dei colori, e poi si comportava in modo insolito, senza voler più dirgli quelle cose.
Ora voleva egoisticamente provarci.
Voleva tentare di capirci qualcosa insieme al rosso. Voleva imparare a capire ed imparare ad amare, a restituirgli tutte le attenzioni che gli aveva dato per tutti quei lunghi anni.
Voleva essere anche lui amato e scoprire con Kirishima i colori del mondo.
Lui lo voleva.
Ma l'altro?
Non poteva saltarsene fuori con un "Sono innamorato di te.".
Quelle parole non sarebbe mai riuscito a pronunciarle nemmeno sotto tortura.
Già era stato difficile ammettere tutta questa storia, ma dirglielo così apertamente...
Si stava complicando la vita.
Per lui che era stato sempre facile aprire bocca per gettare insulti a chiunque lo contraddicesse, ora non trovava il coraggio di parlare di una cosa che a tanti risultava facile?
Gli stava per scoppiare la testa.
I minuti trascorsi in quella stanza sembravano eterni, infiniti.
Sentì la porta della camera chiudersi e i passi lenti del rosso sulle scale.
Prima di dirgli quei pensieri doveva cercare un modo per rimediare e risaldare il loro rapporto.
Non sarebbe sicuramente bastata una dichiarazione per far tornare il sorriso al rosso, né tantomeno un gesto amorevole.
No, non sarebbe mai stato capace di tutto quello.
E poi probabilmente Kirishima aveva solo l'imbarazzo della scelta tra tutte le persone che cadevano ai suoi piedi.
Kirishima era l'amore di tutti, il ragazzo perfetto che tutti sognavano.
Lui era l'esatto opposto.
Lo guardò sedersi di fronte a lui, testa bassa, occhi lucidi.
Lo stava spegnendo sempre di più.
Era lui la causa di tutto il malessere di quel ragazzo.
Perché si ostinava a dargli un'altra possibilità dopo tutti i suoi errori?
Fece un profondo respiro.
"Mi dispiace che ti sia capitata una persona come me."
Avrebbe capito così?
In quel modo gli avrebbe fatto intuire che, nonostante tutto, erano legati da qualcosa che non era amicizia?
"Bakugou, questa storia ti sta mandando fuori di testa. Io non riesco più a capirti. Ci ho provato, ma non sei più il Bro che conoscevo una volta. Tempo fa mi bastava poco per calmarti e farti restare. Io capisco che quella notte ti ha sconvolto talmente tanto da focalizzarti su altri obiettivi, ma la persona che stai diventando mi spaventa. Non so se ci farà bene lavorare insieme a risolvere questo caso."
No, non aveva afferrato le sue parole.
Lo stava abbandonando a se stesso?
Gli stava dicendo "Vattene dalla mia vita."?
Lo aveva ferito a tal punto da non riuscire più a farsi perdonare?
Kirishima non lo odiava, vero?
Non lo poteva odiare!
Non sapeva odiare!
Erano legati da quel filino invisibile rosso, non poteva scaricarlo!
Eppure, se lo meritava.
Eccome se se lo meritava.
"Non hai capito niente, Kirishima. Ho scelto te per affiancarmi in questo caso. Va bene, sono un po' nervoso in questo periodo, ma non è sempre stato così? Io mi arrabbiavo e tu mi calmavi. Sparirò se è quello che vuoi." soffiò infine.
"Bakugou, non dovresti aver me accanto. Tu hai scelto un'altra persona con cui lavorare e addirittura vivere. Fai con lui le stesse cose che facevi con me e pure di più. Non hai bisogno di me. Dovresti volgere queste attenzioni a chi ti sta accanto. Hai scelto tu di andatene ed allontanarmi senza una spiegazione. Hai scelto tu di affidarti a qualcuno che non ero io. Siamo diventati grandi, non siamo più i ragazzini del liceo che trovavano buona ogni occasione per andare in sala giochi. È normale che quando si cresce, si prendano strade diverse. Lo accetto."
E quel discorso che cosa significava?
Non credeva forse che lui...
"Cosa stai cercando di dire? Ho allontanato tutti. Ho voluto io tutto questo. Non mi sono affidato a nessuno fino a quando non sono venuto da te."
Il silenzio accolse quelle parole pronunciate con una calma non propria.
"Ho iniziato a vedere i colori." sussurrò.
Lo sguardo dell'altro si spense completamente.
Ecco l'ennesimo, ultimo, errore.

True Colors [Kiribaku/Bakushima]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora