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Com'era Bakugou prima di relazionarsi con Kirishima?
Un pessimo ragazzo con il carattere pessimo, l'umore perennemente pessimo, orgoglioso più di chiunque altro, egoista.
Era tornato così: ora guardava solamente al futuro, al momento in cui avrebbe disintegrato Deku con la sua esplosione migliore.
Alternava le indagini alle sessioni di allenamento estremo: poco importava se le braccia gli dolevano tutte le sere per lo sforzo.
Doveva superare ogni limite per contrastare quell'agglomerato di quirk.
Bakugou non guardava nemmeno i luoghi in cui veniva mandato per delle rapide missioni: entrava, faceva saltare tutto in aria, nemici compresi, e se ne andava, recandosi poi in un altro luogo a ripetere la stessa identica cosa.
Gli avevano tolto la licenza da Hero? Intanto si stavano servendo di lui per togliere in giro qualche feccia.
Ormai il nome Organizzazione Mortal Hero veniva associata solo alle sue granate.
Anche in assenza di Kirishima, ad ogni omicidio, vedeva sempre più colori.
Con la parola Tristezza era apparso l'azzurro, con Merda il marrone e con Arroganza il viola.
A tratti vedeva sfumature grigie, tipo la sua pelle, ancora senza tonalità, e le piante.
Gli alberi carichi di foglie e l'erba dei prati erano ancora spenti.
Non aveva più cercato Kirishima, né l'aveva più visto quando doveva presentarsi per le indagini sui luoghi del delitto.
Si era tirato indietro?
Ormai non gliene fregava nemmeno più se non lo avrebbe più aiutato in quella storia.
Tanto non erano corrisposti: appena tornava a casa, Akira gli diceva cos'era cambiato, confermando che lui fosse il suo predestinato.
A lui bastava che l'altro continuasse a dargli un tetto sulla testa e a non lamentarsi nelle loro notti di amaro sesso.
Ultimamente nemmeno più ci prendeva gusto: preferiva di gran lunga andare in bagno a trastullarsi da solo, invece che metterglielo.
Appena sarebbe finita quella guerra, avrebbe detto anche a lui "Arrivederci e grazie.", sparendo poi chissà dove.
C'era un'altra cosa che l'aveva insospettito.
Una sera stava guardando un programma televisivo sugli Hero del momento e un servizio aveva attirato la sua attenzione.
"Red Riot si prende una pausa: stress per utilizzo eccessivo di quirk."
Bakugou conosceva bene Kirishima: stava palesemente mentendo di fronte alle telecamere.
Lo irritò quando vide che cambiò letteralmente discorso, traviando la giornalista con uno dei suoi sorrisi acchiappacuori.
Si era anche indispettito quando, dopo aver controllato il telefono tutto il giorno, non arrivò nemmeno il solito messaggio "Auguri Bakubro!!!" per il suo compleanno.
La testa ragionava contro le sue azioni.
Lui non lo aveva più cercato, ma la mente continuava ad andare sempre sui pensieri verso il rosso.
Le notizie su Red Riot erano sparite: non un ritorno sul campo, non un articolo.
Il quirk di Kirishima utilizzava l'adrenalina: non poteva avere uno stress così eccessivo da prolungare quella specie di pausa.
Che avesse trovato un altro impiego?
Che avesse deciso di smettere quella carriera per non vederlo?
Che se ne fosse andato con quel ragazzo chissà dove?
Bakugou non era un tipo curioso, ma detestava non avere le risposte alle sue domande.
Non poteva nemmeno fare delle ricerche per conto suo: appena, appena, apriva gli occhi al mattino, Akira era ovunque.
Anche se fosse andato alla villa, quello gli stava talmente appresso che, nonostante le urla e le esplosioni, Akira non demordeva.
"Siamo corrisposti. Dobbiamo condividere tutto." gli aveva risposto una volta.
Tutto? Scherzi?
Sia mai!
Quella mezza cartuccia non riusciva nemmeno a non abbrustolirsi quando accidentalmente rilasciava il quirk su di lui.
Avevano smesso anche con il sesso: il gioco è bello quando finisce presto, e lui si era stancato pure del suo senso di dominazione verso quell'altro.
Se non era per un posto in cui tornare dal lavoro per lavarsi e dormire, Akira era totalmente inutile.
Inutile di fargli provare emozioni.
Una mattina si alzò pressoché all'alba.
Akira dormiva ancora e sembrava non aver intenzione di svegliarsi.
Era la sua occasione.
Un groppo alla gola si formò davanti a quella porta.
Certo che era proprio coerente: prima voleva tagliare fuori dalla sua vita qualunque cosa riguardasse il rosso, ed ora era di nuovo lì.
E se ad aprirgli si fosse presentato il suo compagno?
Avrebbe dovuto trattenersi dal fargli sputare i denti.
Si era seduto sul gradino d'ingresso a pensare a cosa potergli dire appena l'avrebbe visto.
"Bro?"
Alzò la testa e lo vide: aveva il fiatone, una tuta grigia e i capelli sciolti.
Gli mancarono le parole.
Doveva essersi imbambolato a guardarlo, perché una mano tra i suoi capelli lo fecero ritornare con i piedi per terra, mentre gli passava accanto per andare ad aprire.
"Caffè?" avanzò lui alzandosi rapidamente.
Era triste il sorriso che ottenne come risposta, ma la porta rimase aperta.
Quindi poteva entrare?
Potevano prendersi un caffè insieme?
Inspirò ed entrò.
"Sei da solo?"
Lo vide annuire per poi salire le scale.
"E il caffè?" chiese stupidamente.
"Faccio una rapida doccia, prima. Se vuoi, puoi aspettarmi in sala. Ci impiego poco."
Quella casa, che gli era sempre sembrata un perfetto rifugio, lo stava inquietando.
Anche Kirishima era strano.
Ora aveva la certezza che nascondeva qualcosa.
Gli nascondeva qualcosa.
E lui doveva scoprirlo.
Non era il ragazzo di cui si era innamorato: decisamente diverso.
Nemmeno si sedette sul divano che salì le scale, fermandosi sull'uscio della camera del rosso ad osservarlo mentre si prendeva il cambio.
Quando Kirishima si tortura un labbro sta a significare che è nervoso.
"Dove sei finito?"
Lo vide sussultare, realizzando che lo avesse seguito, e trattenere una leggera smorfia mentre si alzava dopo aver chiuso la cassettiera.
"Mi sono preso un periodo di pausa dal lavoro."
No, stava mentendo.
Quando spostava lo sguardo verso destra, Kirishima non stava dicendo la verità.
Questo gli fece salire il sangue al cervello, entrò nella camera e chiuse la porta dietro di sé.
Lesse le emozioni più impensabili su quel viso, quasi temesse che gli potesse far del male.
Da quando Kirishima aveva paura di lui?
Non ricordava di avergli mai fatto qualcosa con lo stesso istinto omicida che aveva verso ogni altro essere vivente.
Ogni passo che faceva verso di lui, l'altro indietreggiava.
"Ora mi spieghi che cazzo sta succedendo. Mi stai facendo incazzare."
"Non posso."
Quel lieve sussurro fece scattare la molla, ritrovandosi sul ragazzo che cercava di dimenarsi e difendersi.
"Non posso difendermi!"
L'esplosione gli morì della mano.
"Che cosa significa?! Parla, cazzo!" urlò prendendo per il bavero.
Era combattuto.
Ma si stupì quando una mano tremante si posò delicatamente sulla sua e Kirishima iniziò a piangere.

True Colors [Kiribaku/Bakushima]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora