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Andarsene era stata la soluzione più sensata.
Non voleva far correre rischi a Kirishima.
Avrebbe fatto in modo di proteggerlo a distanza.
Gli faceva male guardare le notifiche delle chiamate perse e dei messaggi che gli inviava, si sentiva un mostro, ma quando smisero, si sentì ancora peggio.
Doveva portare l'attenzione di Deku su qualcun altro.
Ancora più orribile si sentì quando Akira gli aprì la porta.
Gli si fiondò sulle labbra, senza provare alcuna emozione, ma gli disse che gli mancava e che voleva riprendere da dove si erano lasciati.
Se avrebbe fatto credere a Deku che di Kirishima non gliene importava nulla, lo avrebbe protetto?
Sperava che funzionasse.
Sperava che il rosso così sarebbe stato al sicuro, anche se con tutta probabilità lo stava odiando.
Preferiva farsi odiare piuttosto che averlo in costante pericolo.
Quella storia non sarebbe finita fin quando non avrebbe sistemato definitivamente i conti con Deku.
Lo avrebbe aspettato fino ad allora?
Se così non fosse stato, avrebbe perso l'unica persona che avrebbe mai amato.
E se lo meritava.
Nemmeno quel cretino che ora gemeva sotto di lui poteva sostituire Kirishima.
Quella sera, dopo quel bacio rovente, avrebbe voluto unirsi a lui.
Se fosse capitato, non si sarebbe mai più potuto guardare allo specchio.
Non che adesso ne avesse il coraggio, ma sarebbe stato un po' come usare Kirishima come un oggetto.
Avrebbe tanto voluto fare quelle esperienze con il rosso, ci sarebbe stato sentimento, ma ormai era troppo tardi.
Akira lo affiancava in ogni cosa: sul lavoro, nei tragitti casa-Organizzazione, in quelle quattro mura.
Non lo lasciava mai da solo, quindi per lui era un'ottima scusa chiudersi in bagno per lavarsi, impiegandoci tanto tempo.
Osava anche prenderlo per mano per strada, ma il calore di quando, anni prima, aveva stretto quella del rosso, era per nulla paragonabile a quello che arrivava da quella del ragazzo.
Talmente opprimente che ogni volta che gli squillava il telefono, era tutt'orecchi nell'udire le sue telefonate o curiosare mentre rispondeva ai messaggi con la scusa dell'abbracciarlo alle spalle.
Anche quelle braccia erano diverse da quelle di Kirishima.
Non riusciva a non pensare a lui.
Man mano che passavano i giorni, stava lentamente sparendo dentro.
Si faceva schifo come persona, sfogandosi sul corpo del ragazzo, ma ogni volta che apriva gli occhi, per qualche secondo si immaginava che ci fosse il rosso al suo posto.
Ormai non poteva tornare indietro sui suoi passi.
Sapeva di averlo perso, forse, per sempre, ma l'unica consolazione è che fosse lontano da lui, lontano dai guai.
Ringraziò che le teste appese non furono più ritrovate, come nemmeno le scritte sulle facciate degli edifici.
Poteva significare solo due cose: o che il sistema di guardia dell'Organizzazione stava avendo i suoi frutti, oppure che la quiete preannunciava una tempesta disastrosa.
Quel giorno si sentiva irrequieto, ma non ne capì la fonte.
Si rilassò solamente quando Akira gli disse che sarebbe rientrato tardi per una missione, ma non gli spiegò altro.
Almeno poteva respirare.
Ormai non aveva nemmeno privacy per pisciare!
Quando fu tornato a casa si concesse del tempo per prendere una decisione: il telefono tra le mani.
Lo doveva chiamare?
Poteva?
Gli avrebbe risposto?
Come stava?
Lo odiava?
Si trovò senza coraggio, abbandonando il cellulare accanto a lui sul divano e sdraiandosi con le braccia sotto la nuca.
Non riusciva a chiamarlo...
Sono brutti i sensi di colpa, vero Katsuki?
Aveva sempre fatto soffrire quel ragazzo.
Aveva deciso di stare con lui, ma dopo nemmeno ventiquattr'ore lo aveva di nuovo abbandonato.
La ruota gira: se si fosse comportato bene sin da moccioso, probabilmente anche lui avrebbe avuto il suo happy ending.
Maledetto karma!
Aveva assaporato la felicità ed ora ne sentiva la mancanza.
Venne svegliato da Akira che gli dava alcuni baci sulla guancia, chiamandolo dolcemente.
Che irritante.
"Andiamo a dormire?" gli domandò sorridendo.
Quello non era un sorriso.
Kirishima sapeva sorridere, Akira no.
Possibile che ogni cosa che pensasse, finisse sempre con un paragone al rosso?
Questa era la maledizione per averlo lasciato.
Lo avrebbe perseguitato per tutta la vita, ma se questo avrebbe tenuto vivi i ricordi con lui, allora non si sarebbe lamentato.
Kirishima era insostituibile e lo aveva capito solo vedendo la sofferenza su di lui.
La mattina seguente all'Organizzazione c'era l'aria tesa.
Non seppe dire se fosse la sua presenza o qualcos'altro fin quando Best Jeanist non lo chiamò in ufficio.
"Che è successo?"
"Ti conviene sederti."
Si accigliò a quella proposta, mentre l'ex Pro Hero attivò il proiettore.
"Ciao Kacchan!
Spero che la mia lettera d'amore sia stata di tuo gradimento."
Già ribolliva di rabbia nel vedere quella faccia di cazzo sul telo.
"Ho pensato che potesse farti piacere vedere una cosa di cui sono entrato in possesso. Forse ti piacerà di più vederlo dal vivo.
Ti ho spedito un regalo.
Uno di quelli belli.
Mi dispiace solo non esser lì a gustarmi la tua reazione."
Il video si concluse con una risata sadica e un bacio soffiato sulla mano in direzione della telecamera.
Stava sudando freddo.
Che cosa gli aveva mandato?
Una testa di piccione?
Una testa di un suo sottoposto?
Perché quel video lo stava spaventando in quel modo?
Perché il pensiero di cosa potesse essere lo stava lentamente divorando dalla voglia di alzarsi da quella sedia e correre a casa del rosso.
Se gli fosse successo qualcosa?
Sarebbe stata sicuramente colpa sua.
Come tutte le altre volte.
Verso l'ora di pranzo un corriere portò un pacco, rigorosamente incartato con carta regalo.
"È tutto verde." gli disse con lieve disappunto l'ex Pro Hero.
In quell'ufficio c'erano solo loro due: Best Jeanist aveva chiesto di non essere disturbato.
Lo aprì il maggiore, prendendosi ogni responsabilità.
Bakugou sudava freddo.
Sgranò gli occhi, un giramento di testa lo fece sedere, ma prese rapidamente il telefono.
Gli squilli riecheggiavano, quasi a scandire il suo batticuore.
Quelle ciocche di capelli rossi le avrebbe riconosciute tra mille.
Alla prima chiamata persa prese ad innervosirsi, ma tentò una seconda volta.
Una terza.
Il panico per poco non gli fece rilasciare il quirk da far esplodere il telefono, finché il cuore si fermò, riprendendo a battere rapidamente.
"Bro?"
"Kirishima, dove sei?" domandò deglutendo.
"A casa. Stavo dormendo."
Il sospiro di sollievo fu evidente anche a Best Jeanist.
"Arrivo."
Doveva vederlo con i suoi occhi.
Akira lo vide passare correndo e prese il cellulare.
"Tutto secondo i piani."

True Colors [Kiribaku/Bakushima]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora