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Quelle settimane si era sentito prigioniero, un po' come quelle trascorse in quella casa chissà dove.
Ringraziava solo di essere sotto effetto dei medicinali: con tutto l'inferno vissuto, dormire probabilmente sarebbe stato impossibile.
Gli avevano raccontato cosa era successo durante lo scontro.
Benché non era andata proprio come aveva previsto Akira, ringraziò di essere ancora vivo.
Prima di venir teletrasportati fuori da quella casa, Akira gli aveva detto che aveva collaborato con gli Hero sin da subito.
Non aveva potuto evitare gli omicidi di quel lungo anno, ma aveva cercato in tutti i modi di aiutare per sventare i piani di Deku.
"Bakugou non deve averla presa molto bene quando gli ho detto che non ero mai andato a letto con lui. Non sono nemmeno gay. Dovevi vedere la sua faccia."
Non gli aveva creduto fin quando non gli avevano raccontato cosa aveva fatto durante quella notte.
Per evitare ulteriori problemi, aveva deciso di cambiare identità e sparire nel nulla, ma era passato in ospedale a vedere come stesse e porgergli le scuse per tutto quello che aveva dovuto fargli.
Aveva ricevuto visite di cortesia tutti i giorni, ma sua mamma e Bakugou erano puntuali come orologi svizzeri.
Rideva internamente ai balbettii che emetteva il biondo quando sua mamma parlava troppo, ma altrettanto si imbarazzava quando gli lanciava frecciatine su quello che era il loro rapporto.
Una volta uscito dall'ospedale si chiedeva cosa ne sarebbe stato di loro.
Le attenzioni che Bakugou gli regalava ogni giorno, gli riempivano il cuore di gioia, ma dopo tutto quello che aveva passato ultimamente, era raro che si lasciasse andare all'ottimismo.
Troppe ferite da guarire, ma questa volta si sarebbe preso il tempo necessario per superare ogni cosa.
Si domandava cosa ne fosse ora della sua vita.
Non aveva più un lavoro, quindi mantenere quella casa al momento era fuori discussione, anche se Fatgum gli aveva dato la possibilità di lavorare come segretario aziendale.
Poteva prendersi tutto il tempo per riflettere: avrebbe mantenuto il posto bloccato fin quando non gli avrebbe comunicato la sua decisione.
Il mondo degli Hero era bello fin quando ci si poteva partecipare attivamente.
Il Pro Hero gli aveva detto degli studi che stavano svolgendo per il ripristino dei quirk, ma a quello aveva risposto deciso un "Mi va bene così. Posso sempre essere utile in altri modi."
Tutta una vita passata per diventare un Hero, tutta la vita per coprirsi di elogi per il suo modo di salvare le persone, spariti in un attimo.
L'unica consolazione era che gli aveva dato la possibilità di conoscere Bakugou.
Tuttavia il loro rapporto era un punto interrogativo: cosa avrebbero fatto adesso?
Si sarebbero lasciati andare a quel legame che li univa o avrebbero preso strade diverse?
Conoscendo il biondo, avrebbe verificato che potesse farcela da solo anche senza quirk, per poi riprendere ognuno la propria vita.
Non dubitava che lo amasse, ma Bakugou ora non poteva rischiare che facessero leva su di lui per indebolirlo.
Già con Deku si era salvato per il rotto della cuffia, non poteva sempre essere il suo punto debole.
La mattina delle dimissioni sperò di veder arrivare una chioma bionda, ma non fu così.
Decise di camminare, scoprendo tutto ciò che non aveva mai potuto vedere colorato.
Ormai la stagione autunnale era inoltrata e vedere tappeti rossi, arancioni e gialli fu uno spettacolo meraviglioso.
Quei tappeti rappresentavano un po' loro.
Un mix di colori che scaldavano solo al guardarli.
Come aveva promesso, andò a farsi sistemare la capigliatura, facendosi aggiustare il taglio e il colore.
Si fermò in centro anche a comprare qualche capo di abbigliamento, siccome aveva perso peso e quelli che aveva gli stavano larghi.
Davanti alla porta di casa fece un profondo respiro ed entrò.
Finalmente!
Sua mamma era andata tutti i giorni a tenerla in ordine, per permettere al figlio di non dover strafare una volta dimesso.
Fece la lavatrice degli abiti nuovi e di quelli che aveva in ospedale, si fece una doccia e si preparò pranzo.
Un sontuoso pranzo.
Mangiare pappette per neonati gli aveva fatto patire terribilmente l'assenza di carne.
Magari in quelle pietanze che gli portavano le infermiere c'era anche della carne, ma in un ospedale è già tanto se alle volte riesci a vedere una fetta di prosciutto cotto.
A stomaco pieno si stava decisamente meglio.
Ora era sul divano, combattuto se scrivere o meno al biondo.
Lo fece.
Era lui il rompiscatole nella coppia, quindi inviò un semplice "Caffè?", ma non ricevette risposta.
Con tutta probabilità Best Jeanist lo stava riempiendo di scartoffie da non lasciargli un attimo di respiro.
Sorrise all'idea di vedere il biondo dietro ad una scrivania, mentre diceva un "Muori!" ad ogni parola digitata sulla tastiera.
Quando suonò il campanello corse emozionato ad aprire, ma non fu chi si aspettava che fosse.
"Scusi, è lei Kirishima Eijirou?"
Non aveva mai visto quell'uomo, ma annuì anche se titubante.
Era una trappola?
Chi era?
Cosa voleva?
Montò uno dei suoi sorrisi, mascherando così lo stato d'ansia che lo stava pervadendo.
"Siamo della ditta di traslochi e siamo venuti a prendere i suoi mobili."
Trasloco?
"Io non ho prenotato nessun ritiro. Dev'esserci un errore."
Cos'era quella storia?
Nemmeno il tempo di rimetterci piede e già che veniva buttato fuori di casa?
Eppure la retta dell'affitto era stata pagata.
"Ci è stato solo detto di dirle di fidarsi di noi e di non fare domande stupide."
"Ma..."
Non riuscì a fermarli.
Quattro omoni entrarono iniziando a svuotare casa sua.
"Porteremo tutto a questo indirizzo."
Prefettura di Osaka.
Osaka?
OSAKA?!
Che fosse uno scherzo?
Eppure ora il suo nido era completamente vuoto.
Quella storia era appena iniziata e non vedeva l'ora che finisse.
Prese il treno, sparandosi ben quattro ore di viaggio con tanto di camminata, fino a trovarsi davanti ad una villa vista mare.
Era una casa da capogiro.
Quando suonò il campanello venne ad aprigli una ragazza vestita da inserviente.
"Ben arrivato. La stavamo aspettando."
Iniziò a tempestare di domande la donna, che nonostante avesse una risata facile, continuava a non rispondergli.
La stanza in cui venne condotto era a dir poco...
"Wow!"
Ma la porta alle spalle si chiuse.
Iniziò ad agitarsi: non poteva farsi prendere dal panico.
Magari non c'era nemmeno da spaventarsi, ma se fosse stato uno di quei rapimenti in cui la vittima si recava spontaneamente dal suo rapitore, aveva appena fatto la figura dell'imbecille.
Malediva la sua visione della vita.
In tutti c'è una parte buona.
L'esperienza appena passata non gli aveva insegnato nulla?
La vista gli venne oscurata, ma sembrava una mano.
Cosa doveva fare?
Scappare?
Non poteva nemmeno più combattere.
"Buon compleanno, Eijirou."
Percepì un brivido caldo scuotergli l'intero corpo quando quella voce roca si udì accanto al suo orecchio.
Ma se fosse l'ennesima illusione?
Un momento.
Compleanno?
Gli scappò un piccolo sorriso.
"Grazie...?" rispose comunque incerto.
Tuttavia quella mano sugli occhi non lo fece desistere dallo spostarsi, attendendo la prossima mossa per capire se tutto quello era reale.
La mano gli scoprì la visuale, unendosi poi l'altra sui suoi fianchi e lo voltarono.
"Ti piace casa nostra? Forse è un po' troppo grande, ma doveva essere la più bella di tutte."
Casa... nostra?
"Cosa mi sono perso?" domandò portando le braccia sulle sue spalle.
"Non ti sei perso niente. Io ho trovato te, tu hai trovato me. Fine."
Scoppiò a ridere, ma in una di quelle liberatorie.
"Osaka è lontana da Tokyo. Best Jeanist non sopporta i ritardi quanto te. Intendi chiudermi qui dentro ad aspettarti tutto il giorno?"
Non poteva farsi tutte quelle ore di viaggio ed affrontare una giornata di lavoro. Inoltre, quando fosse capitata una missione? Lo avrebbe atteso notti sveglio con l'ansia a mille?
"Certo che parli tanto." rispose poggiando appena le labbra sulle sue in un rapido schiocco, giusto per zittirlo.
"Lavoreremo per i miei. Non ci saranno pericoli e vivremo tranquilli in una lussuosa villa in riva al mare, serviti e riveriti."
Cosa aveva appena sentito?
"Perché?"
Era sconvolto.
Non poteva ritirarsi!
Non poteva farlo per lui!
"Perché..."
Ripeté la domanda, invitandolo a parlare, ma il biondo divenne paonazzo e si distaccò dal contatto.
"Non puoi farlo! Non è per le mie condizioni che devi rinunciare a quello che hai sempre voluto."
"La cena dovrebbe essere pronta. Scendiamo."
Possibile che doveva sempre aspettare per una risposta?
Non gliene fregava assolutamente nulla della cena in quel momento, ma l'altro sembrava di tutt'altro parere.
Non ne capiva nemmeno niente di moda e ora si ritrovava a lavorare per due stilisti, per di più i genitori di Bakugou!
Voleva la guerra?
Guerra sia!
Non si sarebbe mai lasciato incantare da tutto quel lusso senza avere le risposte che si meritava.
"Cavolo! È buonissima!"
Bastava un po' di carne cotta in modo impeccabile e puff! Si era lasciato abbindolare.
"Non sapevo che fosse il mio compleanno. Ho ricevuto un sacco di auguri, ma pensavo che fosse per il mio rientro a casa."
Fortunatamente aveva ringraziato tutti senza far capire di aver malinteso.
"Mamma mia! Sto scoppiando!" esclamò posando le forchette nel piatto pulito, quasi avesse voluto leccare la crema, e mettendosi le mani all'altezza dello stomaco.
"Facciamo due passi."
E passeggiata sia.
Ma non si sarebbe arreso!
Con quel banchetto lo aveva solo distratto.
Appena il biondo avrebbe abbassato la guardia, l'avrebbe costretto a rispondergli.
Uscirono da una porta che dava si una piccola spiaggetta di fronte a casa loro.
Persino quell'angolo di sabbia privato.
"Qui potremmo prendere il sole senza che nessuno ci stressi!"
Kirishima, i tuoi propositi di fargli sputare il rospo?
"Guarda un piccolo paguro!"
Il biondo lo guardava intenerito.
Quasi avesse desiderato vedere quel ragazzo così allegro: gli scaldava il cuore.
Kirishima era sicuramente affetto in parte dalla sindrome di Peter Pan: solo lui si sarebbe potuto esaltare a ventitré anni per un paguro.
E adesso, anche se si lamentava per l'acqua gelata che gli stava ibernando i piedi, vederlo ridere e sorridere era una delle cose che amava più di lui.
Spensierato, allegro, raggiante.
"Cavolo! È proprio fredda!" esclamò andandogli incontro.
"Siamo ad ottobre."
"Hai anche ragione." rispose ridendo mentre lo affiancava.
Bakugou si era di nuovo chiuso nel suo mondo.
Aveva lo sguardo serio, perso nel nero del mare notturno.
Forse adesso poteva fargli nuovamente quella domanda.
Forse adesso poteva rispondergli.
Avevano passato una bella giornata e voleva solo capire il motivo di tutto quel cambiamento.
Fece per aprire bocca, ma si trovò le labbra dell'altro sulle sue.
Maledetto!
Questo era giocare sporco!
Probabilmente era dovuto alla situazione fin troppo romantica, perché ora si sentiva leggero, quasi a sfiorare il cielo con le dita.
Il mare calmo.
Una leggera e fresca brezza.
Il cielo costellato.
La luna.
Solo nei film avrebbe potuto vedere la realizzazione di un bacio mozzafiato come quello.
Aveva bramato per anni quelle labbra.
Aveva bramato per anni quel ragazzo.
Quello era il terzo che gli dava, ma senza minacce all'orizzonte entrambi erano concentrati solo su quel gesto, da decidere che quello era il loro primo vero bacio.
Descrivere cosa provasse, non ci sarebbe riuscito.
Felicità per averlo raggiunto.
Orgoglio per aver atteso tutti quegli anni nella speranza che tutto quello accadesse.
Amore.
Lo spaventava sempre quella parola.
Era un sentimento che lo aveva fatto soffrire così tante volte, che spesso stentava a chiedersi il motivo per il quale una cosa così bella potesse essere anche così malvagia.
Eppure uno dei suoi sogni, adesso, era stato coronato.
Con tutto quello il biondo sembrava aver preso la decisione di trascorrere la sua vita con lui, ma tante altre volte gli era sembrato da essere ad un passo dalla decisione definitiva, per poi trovarsi di nuovo da solo.
Si persero l'uno nello sguardo cremisi dell'altro.
Poteva interrompere il momento ponendogli quell'ulteriore domanda?
Poteva avere la sua risposta?
Saettò per qualche istante lo sguardo tra i rubini ed il petto del biondo a pochi centimetri dal suo per la stretta sui suoi fianchi.
"Sai perché?"
Alzò lo sguardo.
Gli aveva letto nella mente?
Bakugou sembrava più rosso dei suoi capelli.
Lo sentì irrigidirsi e poi sbuffare, quasi stesse cercando di dire qualcosa di impronunciabile.
Era successo qualcosa?
Voleva renderlo felice per distrarlo da una qualche disgrazia?
Perché ora non rispondeva di nuovo più?
Lo stava mandando sempre più in confusione.
"Perché ti amo."
Arresto del sistema in corso.
Gli occhi si fecero enormi, lucidi.
Si sentiva le gambe molli per l'emozione.
Ebbe il crollo.
Scoppiò a piangere aggrappandosi all'altro, quasi fosse un bambino disperato.
"Anch'io ti amo." riuscì a rispondere tra quelle gocce salate.
Piangeva per tutto quello che aveva dovuto sopportare.
Piangeva perché era finalmente felice.

True Colors [Kiribaku/Bakushima]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora