Capitolo 5

229 18 8
                                    

Francis' POV.

«Oh, ma ecco la mia principessina!»

Non feci nemmeno in tempo a varcare del tutto la soglia de "Il canarino" che già quella frase mi aveva fatto spuntare un enorme sorriso sulle labbra.

Lanciai una rapida occhiata al ragazzo dietro al bancone che stava sistemando gli ultimi bicchieri e trattenni una risata, facendo il giro per affiancarmi a lui e cominciare a dargli una mano.

«Mi sei mancata stanotte...» mi bisbigliò all'orecchio facendomi venire la pelle d'oca e, allo stesso tempo, facendomi scoppiare a ridere a crepapelle.

«Smettila, cretino!» feci, allontanandolo con una gomitata, e fu il suo turno di ridere.

«Sei in ritardo.» disse, afferrando un panno per asciugare dei cucchiaini, appoggiandosi poi al ripiano per guardarmi.

«Lo so.» risposi, aprendo un pacco nuovo di caffè per rovesciarlo all'interno della macchinetta. «Ma non così tanto, dopotutto. Me la sono dovuta fare a piedi e mi sono cambiata da Bob's

Lui rise sonoramente, togliendosi per un attimo il cappellino per passarsi le dita lunghe tra i capelli corti sulla testa, rimettendoselo subito dopo.

«È stato così orribile?» mi chiese dopo qualche secondo di silenzio, e fu allora che mi voltai a guardarlo negli occhi, i quali avevano lo stesso colore del cielo limpido di una bellissima giornata d'estate.

«Non così tanto. No, non proprio.» risposi, tornando a fianco a lui. «Anche se... è stato piuttosto passivo, in effetti.»

«Sarà stato ubriaco.» fu il suo primo commento, con una risatina.

«No, non lo era.» riflettei, pensierosa. «Non so, è un tipo strano.»

«Un tipo strano?» ripeté lui, afferrandomi per il braccio per costringermi a guardarlo. «Hey, frena. Lo conosci? Quanti anni ha?»

«Ma non lo so! Credo qualcuno in più di venticinque. Ci siamo visti qualche volta appena, non so niente di lui, e prima che tu me lo chieda sì, sempre per lavoro e sì, mi ha pagata.» feci, agitandogli l'indice davanti agli occhi. «Anche profumatamente.»

«Francis, lo sai che non dovresti...»

«Niall.»

Il ragazzo di fronte a me chiuse gli occhi e prese un respiro profondo.

Niall era stato – ed era tuttora – il mio primo e unico amico da quando mi ero trasferita a Miami. L'avevo conosciuto proprio qui, al Canarino, portando il CV una mattina per un colloquio. Oltre che lavoro cercavo anche una casa, e dal momento che nel giro di un giorno il proprietario della caffetteria aveva deciso di farmi fare qualche giornata di prova, parlando del più e del meno Niall mi aveva proposto di condividere l'affitto con lui, dato che anche lui stava cercando una coinquilina.

Quindi, oltre ad essere colleghi di lavoro e amici, eravamo anche coinquilini.

Era l'unica persona in tutta Miami a conoscermi veramente, anche se – a dire il vero – non del tutto. Anzi, forse per niente.

Sapeva del mio secondo lavoro, di cosa facessi e la ragione per cui lo facevo. Ma c'erano molte più cose di me di cui ignorava l'esistenza, cose che probabilmente mai potrò raccontargli.

In ogni caso, il suo essere così gentile e disponibile, sempre pronto a strapparmi una risata per togliermi quel muso lungo che mi portavo sempre appresso, o a consolarmi nelle giornate no, aspettandomi in salotto fino a tarda notte per abbracciarmi non appena incrociavo il suo sguardo e, con il trucco già sbavato, ricominciavo a piangere.

Hiraeth||Louis TomlinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora