Capitolo 16

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Francis' POV

«D'accordo, adesso tocca a te.»

Presi la vaschetta di gelato che io e Louis avevamo comprato una volta usciti dal Black Hole, passando da un supermercato aperto ventiquattr'ore su ventiquattro, afferrai un cucchiaio grande dalla credenza e lo raggiunsi sul divano, sedendomi alla sua destra. Lui appoggiò prontamente la mano sulla mia coscia e cominciò a massaggiarmi delicatamente, con gli occhi fissi sul mio profilo.

«Non fare finta di essere sordo, hai capito benissimo quello che ho detto!»

«Ah, che cosa vuoi sapere, Francis?» borbottò lui, appoggiando la testa alla spalliera del divano, esasperato.

Mi infilai una grossa cucchiaiata di gelato alla vaniglia in bocca e poi mi voltai a guardarlo.

«Qualcosa di te. Siamo nella fase conoscenza, ricordi?» feci, affondando il cucchiaio un'altra volta nel gelato per portarlo poi alla bocca di Louis.

Lui mi guardò di traverso, per niente contento di questa parte della fase conoscenza, ma alla fine aprì le labbra e prese il gelato.

«Tu non mi racconti mai niente di te!» mi rimbeccò lui a quel punto, cercando ogni scusa valida per evitare l'argomento.

«Scusa?! Giusto ieri sera ti ho rivelato di avere gli occhi azzurri! Pronto?» feci, incredula, allargando le braccia.

«Che c'entra, intendo qualcosa di te, del tuo passato, della tua storia!» insistette Louis. «E, a proposito, togliti le lenti.»

«Solo se mi racconterai un pezzetto della tua vita.» lo ricattai, infilandomi un'altra cucchiaiata di gelato in bocca, con gusto.

Sorrisi alla sua occhiata di traverso che si preoccupò di riservarmi e un po' del gelato mi fuoriuscì dagli angoli della bocca; a quel punto, Louis non poté trattenere ancora il meraviglioso sorriso che gli curvò le labbra verso l'alto, e il suo pollice andò subito a raccogliere il gelato in eccesso dalla mia bocca. Dopodiché, portò il dito alle sue labbra per ripulirlo, e ripeté lo stesso gesto anche per l'altro lato del mio viso.

Il modo in cui mi guardava, con la testa all'indietro appoggiata alla spalliera del divano, i pantaloni morbidi della tuta e una maglietta bianca, lo sguardo pigro e assonnato e le dita della sua mano destra che ancora mi accarezzavano l'interno coscia, tutte queste cose mi fecero tornare con la mente alla sera precedente.

A quello che c'era stato tra di noi, senza che neanche lo programmassimo. A come mi aveva fatto sentire, al modo premuroso in cui si era preso cura di me, in tutto e per tutto. Non ci ero mai andata così piano con qualcuno, prima di quel momento.

Sul serio, non riuscivo a credere che una persona come Louis avesse potuto fare qualcosa di sbagliato nella sua vita, a tal punto da meritare la prigione. Lo vedevo così fragile, così vero, che mi sembrava impossibile pensarlo come un delinquente.

«Quindi?» lo incalzai a quel punto, curiosa di saperne di più sulla sua vita precedente.

«Ah, te l'ha mai detto nessuno che sei pesante?» si lamentò, afferrando un cuscino per lanciarmelo in faccia.

«Sì, in parecchi.» gli risposi con un finto sorriso. «Ma sai che me ne frega.»

Louis rise di gusto, scuotendo leggermente la testa; poi il suo sguardo si abbassò a concentrarsi sul movimento circolatorio delle sue dita sulla mia pelle e la sua fronte cominciò pian piano a corrugarsi.

«Fammi una domanda precisa, o non saprei davvero da dove cominciare.» mi disse, la voce bassa, sia di tono che di profondità, mentre evitava in ogni modo di incrociare il mio sguardo.

Hiraeth||Louis TomlinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora