Louis' POV.
Ci vediamo tra dieci minuti al Central? Hai tempo per un caffè?
Il messaggio di Francis di quella mattina mi colse impreparato.
Cos'è, vuoi scusarti per essere sgusciata fuori dal letto all'alba, facendomi svegliare da solo? Scrissi ridendo, e attesi la sua risposta.
Mmh, qualcosa del genere.
Sorrisi spontaneamente, leggendo quelle parole esattamente con il suo tono di voce; quindi, non aspettai un secondo in più e cominciai a vestirmi.
Quella mattina il sole era fioco, quasi come se fosse pigro e facesse fatica a svegliarsi. Di conseguenza, anche la gente in giro per le strade sembrava lenta e perennemente sovrappensiero, come se non riuscisse a carburare.
Una società di meteoropatici.
Riflettevo su quello, su quanto fossimo tutti facilmente condizionabili riguardo qualsiasi cosa, fino a quando non mi accorsi di ritrovarmi davanti al Central; mi aspettavo di trovarla davanti alla porta a vetri, con le braccia conserte, il cappuccio sulla testa a coprirle i capelli, gli occhiali da sole a nascondere i suoi meravigliosi occhi – come se le lenti colorate non lo facessero già a sufficienza – guardinga, sempre all'erta.
Tuttavia, davanti al locale, lei non c'era. Rimasi per qualche secondo a guardarmi attorno, diedi un'occhiata all'enorme orologio a muro all'interno del locale e attesi ancora qualche minuto.
Quindi, spinsi la pesante porta a vetri del Central e varcai la soglia, controllando che non fosse già seduta a qualche tavolo; una coppietta si scambiava effusioni davanti ad una cioccolata calda, un signore anziano leggeva un giornale qualche tavolo addietro, un bambino correva per il locale con una bacchetta in mano urlando "Expelliarmus!" e una...
Il mio cuore mancò un battito; percepii perfettamente come si fermò per qualche istante prima di ricominciare a correre sempre più velocemente.
Una donna era seduta, da sola, ad un tavolo per due; era avvolta in un golfino grigio, la stessa sfumatura che avevano i suoi capelli alla radice, i quali poi si schiarivano leggermente in un biondo cenere molto freddo, a tratti talmente chiaro da tendere quasi al bianco. Le rughe che costellavano il suo volto, così come la insolita noncuranza delle sue unghie a quell'età, ingiallite dalla nicotina della sigaretta, unite agli occhi spenti e opachi, quasi del tutto assenti, mi trasmisero subito, solamente attraverso il suo modo di presentarsi, quanto quella donna fosse stanca.
E non parlavo dell'essere stanca in una giornata impegnativa, quanto proprio dell'essere stanca della vita che conduceva.
Il modo in cui continuava a guardarsi intorno, con le braccia incrociate sul tavolo, mentre con i polpastrelli continuava a stringere e rilasciare la presa attorno alle proprie braccia, unito al modo in cui continuava ad alzare e abbassare freneticamente il tallone del piede destro, mi fecero capire quanto si sentisse fuori luogo in quell'ambiente.
Fu nel momento in cui i suoi occhi azzurro nebbia – solcati da enormi occhiaie violacee al di sotto di essi che li rendevano ancora più tristi ed esausti di quanto non sembrassero già – si imbatterono nella mia figura che per un attimo, questi ultimi, si accesero; la loro luce durò giusto il tempo di squadrarmi per bene, prima di tornare ad essere vuoti e stanchi.
E lì, capii.
Capii che non ero venuto al Central per incontrare Francis; lei non c'era e non sarebbe mai arrivata.
Ero venuto al Central per conoscere mia madre.
Francis' POV.
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Hiraeth||Louis Tomlinson
FanfictionQuando ti ritrovi nel posto sbagliato al momento sbagliato, durante un brutto periodo della vita, è facile scegliere la via più semplice per non lasciarsi morire. Così si potrebbe riassumere la vita di Louis, che non ha certezze sul presente, ignor...