Capitolo 17

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Louis' POV.

Song: Make me feel – Janelle Monae

La coda di cavallo alta sulla testa, liscissima e lunghissima, roteava insieme al movimento della sua testa e del suo bacino, in un circolo vizioso senza fine. Quella sera indossava un corpetto rigido – potevo solo immaginare quanto potesse essere scomodo e fastidioso – nero, legato sul davanti con dei nastri rossi tutti intrecciati dal petto fino alla parte bassa della pancia, da cui partivano delle brasiliane di pizzo, anch'esse nere.

L'occhio mi finì sull'uomo seduto alla mia destra nel momento in cui un suo grugnito riuscì a superare la musica alta del locale, e per poco non mi salì la cena nel vederlo in trepidazione sulla sua sedia, con il palmo della mano destra che premeva ad intervalli regolari sul cavallo dei pantaloni. Che schifo.

La sensazione di nausea me la fece passare la stessa persona che all'uomo alla mia destra stava provocando una grossa erezione; non appena incrociai il suo sguardo, l'ampio sorriso che si dipinse sulle sue labbra rosso fuoco, creando un enorme contrasto con i denti bianchissimi, mi diede conforto, scacciando via qualsiasi altro pensiero che non fosse lei, e ne fece spuntare immediatamente uno anche a me.

Come reazione al mio sorriso, infilò la lingua tra i denti per cercare di placare l'imbarazzo, mentre faceva scivolare la mano sulla pancia fino alle mutandine, facendo un giro completo attorno al palo di metallo.

Mentalmente, mi preparai al boato che sarebbe seguito da lì a pochi secondi: conoscevo la coreografia di quella sera a memoria. Dio, se solo il tizio di fianco a me potesse vederla come la stavo vedendo io in quel momento, nella mia stanza d'albergo, in mutande e reggiseno davanti ai piedi del letto nel quale ero disteso, con entrambi i cuscini dietro alla testa mentre mi godevo lo spettacolo. Per la prima volta, per me soltanto.

Dopo una gran bella scopata.

Era arrivata in fretta e furia da me verso le quattro e mezza del pomeriggio, una volta finito il turno in caffetteria; aveva parlato in modo velocissimo mentre si toglieva un capo dopo l'altro, dicendo che aveva un'oretta soltanto prima che dovesse andare alla lezione di autodifesa, mentre io me ne stavo lì imbambolato, come un cretino, senza capire né fare nulla, mentre lei si toglieva l'ultimo indumento rimasto e – grazie a Dio – le lenti a contatto, per poi guardarmi, appoggiarmi le mani sulle guance e cominciare a baciarmi.

"Volevo farti vedere quanto non sono passiva." mi aveva detto tra un bacio e l'altro, mentre mi infilava la mano nei boxer.

I suoi occhi azzurri scivolarono lentamente via dai miei mentre il suo corpo si abbassava fino a inginocchiarsi e quando la afferrai per il gomito per impedirle di farlo, lei mi diede una sberla sulla mano, facendomi capire che – per quella volta – si sarebbe fatto come diceva lei.

Sapeva che odiavo quella scena, glielo avevo accennato: avevo passato una vita intera a far inginocchiare le ragazze davanti a me, nei bagni, per strada, ovunque. Non volevo che si ripetesse la stessa scena anche con lei. Per questo, la lasciai fare per alcuni minuti soltanto prima di pregarla di sdraiarci sul letto.

Mi guardò contrariata, con la faccia scura, ma non appena incrociò il mio sguardo e vide l'espressione sofferente del mio viso, non disse nulla e mi accontentò. Solamente una volta sdraiati l'uno di fianco all'altra, mentre ci accarezzavamo cercando di far tornare i nostri cuori a battere ad una velocità normale dopo l'amplesso, Francis me lo chiese.

"Non ti piace in piedi?" aveva sussurrato contro il mio petto, mentre giocherellava con la punta dell'indice sul mio capezzolo sinistro.

Non aveva specificato cosa, ma entrambi sapevamo a cosa si riferisse.

Hiraeth||Louis TomlinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora