Capitolo 9

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Credevo che Louis non si sarebbe più fatto vedere, che non sarebbe più venuto al Black Hole, che il mio piano fosse sfumato prima ancora di essere stato messo in atto e che – ancora una volta – mi sarei ritrovata sola a combattere contro tutte le ingiustizie che mi toccavano.

Per questo motivo rimasi decisamente sorpresa quando, due sere dopo, misi piede sul palco e i miei occhi videro Louis tra il pubblico, seduto al centro esatto della prima fila di sedie. Non riuscii a trattenere l'espressione di stupore che immediatamente prese possesso del mio viso, ma cercai subito di ricompormi e cominciare lo spettacolo.

Per tutto il tempo in cui mi esibii, se il mio sguardo non era posato su Louis era solamente perché i miei occhi erano chiusi; cercavo di capire, dalle sue espressioni, se fosse arrabbiato, deluso o qualunque cosa fosse, ma il suo sguardo fu duro, fisso e inespressivo per tutto il tempo in cui ballai.

Una volta che scesi tra la platea, quasi temetti che fosse venuto lì solamente per farmi un dispetto; che fosse venuto a vedermi, sì, ma solo per farmela pagare. Che non volesse veramente portarmi a casa come avevamo concordato all'inizio. Tirai quindi un sospiro di sollievo quando, passandogli davanti, sentii le sue mani ancorarsi ai miei polsi per tirarmi vicino a sé. Chiusi gli occhi e quello che feci fu di dargli un vero e proprio abbraccio; allacciai le braccia attorno al suo collo e mi sedetti sulle sue gambe, espirando a fianco al suo orecchio.

«Grazie.» sussurrai infine, con un filo di voce, e Louis – appoggiandomi le mani sui fianchi – mi allontanò subito per farmi alzare e portarmi nella stanza rossa.

Dal modo svogliato in cui sprofondò nella poltrona e guardò ovunque tranne che me, però, capii che era ancora arrabbiato con me.

«Se devi portarmi fuori da qui per darmi trecento dollari solamente per mandarmi via, possiamo anche finirla qui.» gli dissi a quel punto, guardandolo severamente.

Finalmente Louis incrociò il mio sguardo.

«Perché sei venuto?» gli chiesi quindi duramente.

«Perché abbiamo un patto e voglio rispettare la mia parte.»

«Menti.»

«Ho come l'impressione di non essere l'unico a farlo.»

«Perché mai dovrebbe importartene qualcosa di rispettare il patto con me?» osservai a quel punto. «Insomma, neanche mi conosci e non siamo amici.»

«Per lo stesso motivo per cui tu hai deciso di stringerlo proprio con me, questo patto.» mi rispose lui prontamente. «Insomma, perché mai tu vorresti tenere compagnia ad uno come me. Mi hai ribadito più volte che non ti piaccio, che non ti piace da dove vengo e hai paura di cosa possa aver fatto per finire in carcere... non c'è bisogno che tu me lo dica, lo percepisco.»

Cacciai fuori la lingua ad inumidirmi le labbra e abbassai lo sguardo.

«Però, per qualche strana ragione, hai scelto me.» concluse Louis.

«Non avevo nessun altro a cui chiederlo...» dissi con un filo di voce e quando rialzai gli occhi sul ragazzo davanti a me, vidi il suo viso rilassarsi e i suoi occhi si chiusero quando prese un respiro profondo.

«Sei stata con qualcuno ieri sera?» mi chiese, mentre cominciava a far vagare le mani sul mio corpo, iniziando a recitare la sua parte come da protocollo.

«Ho dovuto.» risposi semplicemente, facendo scorrere le dita sul colletto della sua polo leggera e sgualcita. Poi, rialzai gli occhi nei suoi. «Sei arrabbiato con me?»

Louis tenne lo sguardo fisso nel mio; poi, lentamente, scosse la testa.

«No.» sussurrò infine. «È solo che non mi piace molto parlare di me. E mi piace ancor meno quando le persone mi studiano e sparano sentenze senza sapere nulla della mia vita.»

Hiraeth||Louis TomlinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora