Siamo fermamente convinti di aver trovato il modo giusto per portare avanti il nostro lavoro sociale, nonostante ci sia sempre bisogno di rivedere qualche cosa. L'aiuto che offriamo non è diretto, i nostri assistiti si devono guadagnare a polso questo aiuto. Prendiamo in considerazione una serie di valori: dedizione, costanza, applicazione, interesse per essere delle persone migliori, voglia di collaborare, affinità sportiva, a parte i bisogni individuali che i nostri collaboratori – che si occupano della nostra sezione di aiuto sociale – prendono in carico efficacemente. Contiamo anche con la collaborazione delle entusiaste signore che vanno agli allenamenti – quelle che camminano e fanno gruppo – grazie a loro quasi non è neanche necessario valutare i nostri patrocinati, visto che nelle loro uscite giornaliere si scambiano informazioni e sanno sempre cosa accadde con ognuno dei giovani che patrociniamo: questo succede grazie alla condivisione di momenti e di esperienze. Può anche essere che sentano le vibrazioni di quelli che sono piú veloci e piú avanti. I nostri patrocinati si devono sentire protetti, questo è il sentimento di cui hanno bisogno per capire che fanno parte di un gruppo. Logicamente delle volte ci possono essere delle contradizioni, la convivenza in gruppo di solito genera molte complicazioni. Maneggiamo dati personali che si devono trattare con confidenza e non è facile stabilire i margini senza provocare dilemmi, meno ancora se si tiene presente la voglia di aiutare di tutti i nostri soci. Per fortuna prevale il sentimento di tolleranza e la volontá di salvaguardare il progetto che abbiamo trá le mani.
Impariamo strada facendo, non sempre possiamo aspettarci di raggiungere gli stessi traguardi, delle volte il risultato del nostro lavoro sociale dá i suoi frutti, peró non sempre è cosí. Ogni caso che prendiamo in considerazione ha una sua problematica, e non possiamo valutare tutti con lo stesso criterio. La voglia di andare avanti non puó venire a meno perché non si raggiungono gli obbiettivi sperati; prima o poi il nostro contributo servirá pure a qualche cosa. Non possiamo permetterci di abbatterci, c'è troppo da fare. Bisogna stare attenti a non cadere nell'ottimismo smisurato, visto che i problemi che dobbiamo affrontare sono tanti e complessi. Naturalmente ci sono di mezzo i sentimenti, la continua vicinanza sviluppa gli affetti, c'è come un adozione di gruppo. In certi colloqui ho ascoltato che i ragazzi si sentono parte della famiglia Tangarana, per questo motivo quando c'è un allontanamento si sviluppa una sensazione di perdita. Questo è stato il caso di uno dei nostri giovani, che ad avere un figlio ha dovuto lasciare gli studi, pagati da noi, per ritornare al lavoro di contadino; o quello di un giovane corridore che non abbiamo piú visto perché la sua nuova religione gli proibisce fare esercizio fisico in quanto lo considera osceno! – che radicalizzazione! – Gli altri seguono il loro cammino e credo che approfitteranno al massimo l'occasione che gli é stata data. Riceviamo anche richieste per aiutare a coprire le spese di malattie e incidenti di persone senza possibilità economiche. Sappiamo che sono necessità importanti e ci spiace non poter aiutare, ma la risposta è chiara: abbiamo obbiettivi ben definiti, e potremmo naufragare se non seguissimo la rotta stabilita. I nostri fondi sono limitati ed è opportuno non dissiparli. La stessa cosa succede con quelle proposte che ci arrivano per intervenire in altri campi come per esempio la riforestazione. Siamo coscienti della sua importanza, ma noi non possiamo pretendere d'arrivare a tutto, abbiamo giá abbastanza lavoro cercando di raggiungere i nostri obiettivi.
Bisogna prendere coscienza che non tutto quello che facciamo – poco o molto – deve ritornare in modo diretto. "Prova a dare senza ricevere niente in cambio e vedrai come riceverai senza bisogno di chiederlo", formula semplice e vantaggiosa che bisognerebbe seguire. Credo che le ricompense quasi sempre siano indirette, la vita s'incarica che ciascuno riceva quello che ha dato nel momento meno aspettato. Siano come siano le cose, "sará meglio dare che ricevere", un esercizio per la nostra maturitá emotiva, per la nostra capacitá di distacco dal materiale e avvicinamento ai bisogni degli altri. Il mio amico Isidoro Rando, di Sant Sadurní d'Anoia, attivista sociale e medio-ambientale, con una vita dedicata a migliorare l'esistenza della sua comunitá diceva: " In questa vida ho ricevuto piú di quello che ho dato". Voglio fare mio il suo pensiero.
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Con l'anima divisa in tré
Non-FictionSapevo di dover scrivere le mie vicissitudini ed ottenere che fossero interessanti da leggere. Mi sono divertita nel riunire e collegare trà di loro i miei appunti, vederli plasmati in questo libro -entrando in scena -, scritti all'inizio senza un o...