Un giorno finí trá le mie mani un orologio molto antico della casa Omega. Me lo diede una vicina di Vilasar de Mar, (paese della costa del Maresme a pochi chilometri al nord di Barcellona n.d.t.) , con problemi economici che lo aveva ereditato dal padre. Voleva che lo portassi con me in Svizzera per farlo valutare ed eventualmente venderlo. Lo tenni qualche settimana senza sapere che farne, sino a quando mi venne in mente di chiedere alla mia amica d'infanzia Eliana. Mi suggerí di portarlo alla casa madre di Omega a Berna, vicino all'impresa di suo marito che è anche dove vive lei.
Approfittando di qualche giorno di vacanza della scuola svizzera, feci il viaggio con mio figlio, visto che trá le altre cose non avrei saputo come organizzarmi, non avendo la famiglia vicino. La mia intenzione era che Erik rimanesse estraneo a tutta questa faccenda, pensavo che sarebbe stato assorto da uno dei suoi giochi elettronici e che io e la mia amica avremmo potuto sbrigare la faccenda discretamente, difatti a Jan non dissi il vero motivo di questa visita alla capitale Svizzerá, la feci passare come uno dei soliti incontri con la mia amica che abitualmente faccio, e che è anche madrina di mio figlio.
Senza che fosse mia intenzione – lo avrei voluto evitarlo in tutti i modi – per caso incontrai la mia amica e suo marito davanti alla porta della prestigiosa, lussuosa e centenaria casa dei famosi orologi. Nel negozio, rilucente d'oro e con un tappeto rosso, ci accolse la direttrice , trá uno stuolo di venditori e di guardie giurate. Le consegnai il sacchettino che avevo in mano, Lei lo aprí e osservando esternamente il longevo tic-tac disse che tutto indicava che non doveva essere un Omega originale, peró che avrebbe dovuto aprirlo per verificare il meccanismo interno aggiungendo che per norma della casa, se si fossero confermati i sospetti sulla sua autenticitá, sarebbe rimasto confiscato. Intervenne allora il marito della mia amica, che parlando nel loro dialetto cantonale, il Bernese, riuscí ad allentare la tensione creatasi ed anzi ad instaurare un clima famigliare. Intanto che mio figlio ci osservava attonito, io dovevo decidere se lasciare l'orologio o no. Alla fine lo lasciai, rimanendo peró d'accordo che mi sarebbe stato restituito qualsiasi fosse stato il verdetto; non sarebbe potuto essere diversamente visto che dovevo riportarlo alla mia vicina . Uscendo dal negozio vidi mio figlio inquieto, mi disse che avremmo dovuto chiamare la polizia, che se non l'avessimo fatto ci avrebbero denunciato, che poteva essere falso e che stavamo facendo una cosa illegale. Sembrava spaventato. La sua immaginazione lavoró a fondo, elaborando teorie che lo mantennero occupato nei giorni successivi, tale e quale suo padre, troppo nervoso di fronte a certe situazioni. Ci dissero che in un paio di giorni ci avrebbero dato il verdetto ufficiale. Dovevamo aspettare, mentre promettevo ad Erik che non gli avrei nascosto la veritá qualsiasi fosse stata. Trascorsi questi giorni, la mia amica ritornó nel negozio e uscendo mi rimandó il messaggio che le dierono "Si tratta di un originale e autentico Omega Flightmaster di novant'anni fá", e fú una tranquillitá per tutti. Per rimetterlo in funzione chiedevano peró l'esorbitante cifra di quattromila euro e quindi dovetti riprenderlo per riportarlo alla sua proprietaria.
Questo orologio apparteneva al padre di Elisa Torrent. Questa famiglia catalana fece fortuna negli anni settanta con l'edilizia. Il patriarca era emigrato da giovane a Cuba, dopo il crollo dell'economia di quelli che se ne erano andati a cercare fortuna nelle Americhe (1840-1920). Lí conobbe alcuni compatrioti, indiani (nome che si dá agli emigrati catalani andati nelle Indie- America del Sud - e che hanno fatto fortuna n.d.t.), chiamati anche americani, che erano diventati ricchi con il trasporto di mercanzie oltreoceano e con lo sfruttamento della schiavitú nelle piantagioni di canna da zucchero. Josep Torrent, da buon commerciante quale era, ottenne che alcune di queste potenti famiglie, che non potevano lasciare i loro affari d'oltre-oceano, gli affidassero il compito di comprare dei terreni nella costa catalana del Maresme, dove si occupó di costruire quelle case di architettura "indiana" che gli venivano incaricate, con elementi decorativi dell'epoca e che ancora oggi fanno bella mostra di sé nei paesi di questo litorale. Quando morí, a novant'anni, lasció una florida e ben avviata impresa immobiliaria. La ereditarono i cinque figli, che persero poi tutto con la spaventosa caduta dei prezzi degli immobili di una decina di anni fá, e in una sfortunata operazione di costruzione di un grande complesso immobiliario dove investirono anche quello che non avevano!
Uno degli "americani" che ritornarono dalle avventure transoceaniche fú Pere Mas i Roig. La casa che costruí si trova nella via Sant Andreu de Vilasar de Mar, di fronte all'austero appartamento che riuscí a comprarmi con le infinite quote dell'ipoteca. Il mio arduo lavoro a Barcellona mi permise di ottenere questa piccola proprietá, alla quale mi afferro pensando che potrebbe essere utile in tempi difficili. Mi piace uscire al balcone e osservare la casa di questo leggendario abitante di Vilasar. Mi immagino le sue tante intrepidi e audaci avventure, i suoi infiniti viaggi, rifugiandosi poi nel suo paese nativo dopo "aver fatto le americhe".
Pere Mas i Roig (1010-1866) chiamato " il Pigat" (con segni sulla pelle n.d.a) perché aveva la faccia piena di cicatrici lasciate dal vaiolo, fú un precoce commerciante e capitano del litorale catalano. Aveva diciotto anni e giá comandava La Goleta. Era capitano del Columbia nel 1848, quando sbarcó con 150 africani in una isola del mar dei Caraibi. Era un personaggio ammirato e temuto allo stesso tempo e conosciuto da tutti. La leggenda dice che i suoi affari lo portarono al palazzo di un governatore delle Antille, dove s'innamoró della moglie del rappresentante del re – Lucia – sembra fosse Carmen Lucia Exposito - Sul punto di salpare, imbarcó furtivamente la giovane fanciulla avvolta in una vela e la nascose in alto sul pennone. Lo perseguirono ma invano. Si commenta che questo avventuriero americano aveva una grande amicizia con il generale Prim, che si rifugió nella villa di Vilasar durante la sua persecuzione politica. Uno dei lontani discendenti di Pere Mas è l'ex presidente della Generalidad di Catalunya, Artur Mas. Il Pigat e la Lucia sono figure gigantesche (grandi pupazzi che sfilano per le strade del paese nelle manifestazioni popolari n.d.t.) della festa grande di San Joan di Vilasar, che si celebra verso la fine di giugno di ogni anno.
In quella epoca coloniale, davanti alla piazza di questo comune del Maresme, c'era la spiaggia dove approdavano le navi che attrraversavano i mari per i loro commerci e quelle da pesca, e dove adesso passa il treno c'era il magazzino dei pescatori. Ci sono ancora dei portici che fanno parte dell'antica costruzione che ospitava i capitani e i piloti delle navi. Quí sotto questa struttura di archi, gli organizzatori della corsa del Burriac Atac-Piri, ogni primo sabato di settembre ci cedono uno spazio per la raccolta di materiale sportivo. Con i collaboratori del nostro progetto organizziamo poi l'invio alla nostra sede di Tangarana in Perú, un lavoro di gruppo che rende possibile dotare di un equipaggiamento basico i nostri collettivi piú bisognosi di laggiú.
NOTA
La storia che ho raccontato sugli "indiani " è vera, con personaggi reali. Ci sono archivi e ampi studi su questo periodo migratorio:
- Americanos o indianos a Vilasar de Mar. Centre d'Estudis Vilasdarencs (2016)
- El relato indiano, el gran desconocido. Anna Castellví Becerra (2016)
- Il promotore immobiliario Josep Torrent e sua figlia Elisa avrebbero potuto esistere; questi due personaggi sono frutto della mia immaginazione.
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Con l'anima divisa in tré
Non-FictionSapevo di dover scrivere le mie vicissitudini ed ottenere che fossero interessanti da leggere. Mi sono divertita nel riunire e collegare trà di loro i miei appunti, vederli plasmati in questo libro -entrando in scena -, scritti all'inizio senza un o...