NEW YORK

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Cadeva l'autunno a Neerach e gli alberi perdevano le loro foglie gialle. I miei due ragazzi, Jan ed Erik, decisero allora di andare a vedere i New York Rangers. Da dei tifosi del hockey su ghiaccio c'era da aspettarsi questo desiderio. Pensavo di rimanere a casa da sola, raccolta, ascoltando il silenzio che tanto mi piace; per di piú avrei avuto tempo per scrivere, ordinare le mie idee e pianificare cose rimaste in sospeso e da fare. Tutte queste buone intenzioni rimasero tali pensando ai membri della mia famiglia residenti negli Stati Uniti e a tutto il tempo che non ci incontravamo. Senza pensarci troppo, commentai l'idea con il gruppo di WhatsApp che ho con le mie cugine che vivono lí. Dalla loro parte la risposta fú immediata, in questo modo in poco tempo ci vedemmo coinvolte in un viaggio di carattere famigliare. Fá parte del nostro modo di essere, appena vediamo la possibilitá di vederci cerchiamo di farlo realtá. Ci separammo molti anni fá, tutte noi emigrammo quando il terrorismo imperava in Perú, piú di tre decade fá. Le mie cugine risiedono trá Oregon e California. Quasi tutte sono sposate con statunitensi e non hanno avuto una vita facile, con molti sacrifici sono riuscite ad andare avanti. Nonostante ci si veda poco, dovuto alle enormi distanze che ci separano, quando riusciamo a farlo viviamo momenti intensi ed emozionanti. Siamo sempre in contatto, per questo abbiamo un vincolo speciale e ci afferriamo a questo cordone famigliare.

Mio marito ha le idee molto determinate e con lui non è possibile negoziare nessun particolare del nostro viaggio. Fece la prenotazione nell'hotel dove è sempre andato, secondo il suo stile di sempre. L'alto indice pro-capite di benessere della popolazione svizzera, permette loro di viaggiare con frequenza, nel caso di Jan ancora di piú visto che suo padre era pilota della compagnia Swiss Air. Per noi latini invece, con la nostra scarsa economia, non è stato mai facile, per questo decisi di cercare un appartamento, vicino al nostro hotel – a Manhattan - . Fú quasi una missione impossibile. Era la prima volta che andavo in questa cittá, e pur sapendo che era molto cara, non potevo immaginare quanto, e meno ancora lo difficile che sarebbe stato cercare alloggio. Fú cosí che mentre Jan mi prendeva in giro per le mie lunghe ricerche nelle agenzie di viaggi on-line, trovai un appartamento su due piani con varie stanze a cinque minuti dal nostro hotel e che secondo le foto sembrava abbastanza decente. Misi in marcia il meccanismo e prenotai confermando che avrebbero alloggiate lí le dodici persone permesse, comprese mia madre e mia zia che venivano da Lima. Jan continuó organizzando il suo programma di viaggio intanto che io facevo lo stesso cercando che combinasse tutto anche con la mia famiglia.

La notte precedente la partenza, mentre preparavo la valigia, ricevetti una telefonata da una delle mie cugine che vive a Santiago del Chile con il suo fidanzato e che essendo arrivata per prima era andata a prendere le chiavi, momento nel quale la informarono che non si poteva occupare l'appartamento prenotato in quanto c'era stato un problema con le tubature e doveva mettersi in contatto con l'agenzia. Quí incomincia la via crucis, molte telefonate senza niente di concreto. Dall'agenzia dicevano che ci avrebbero aiutato a cercare un altro appartamento ma intanto passavano le ore senza ricevere nessuna opzione valida. M'imbarcai a Zurigo – mio figlio e Jan avrebbero viaggiato il giorno dopo – con la speranza che al mio arrivo il problema sarebbe stato risolto. Non fú cosí, ci lasciarono abbandonate a noi stesse. Mesi dopo ricevetti un ridicolo compenso economico, peró in quel momento non seppero risolvere il problema.

Dopo lunghe ore di ricerca, trá valigie e stanchezza accumulata, per fortuna trovammo un hotel vicino all'appartamento con le tuberie rotte. In pieno caos, un amico del fidanzato di mia cugina venne a salutarla; lo contrattammo subito come assistente e per tutto il pomeriggio, andando avanti e indietro, ci aiutó con le valigie sotto una pioggia battente. Vedendolo cosí inzuppato gli dissi che lo invitavamo a pranzo il giorno dopo, proposta che accettó con molta educazione. Poco dopo appresi da mia cugina che il nostro spontaneo aiutante era il vice-consosle del Ecuador negli Stati Uniti. Ci conquistó con la sua semplicitá e disponiblitá e godemmo della sua compagnia durante la nostra permanenza nella citta dei grattacieli.

Superato il contrattempo, finalmente ci installammo nell'hotel e passammo dei giorni indimenticabili. Il freddo arrivó all'improvviso a Nueva York, ci sorprese in pieno viaggio, cosí che non riuscí a correre con le mie cugine a fianco, nei parchi di questa cittá. Mancava allora una settimana per le elezioni statunitensi ed era inevitabile parlare dei candidati. Tutte le persone che conoscevo pronosticavano una vittoria di Hilary Clinton, meno Jan che diceva che avrebbe vinto Donald Trump; era l'unico, nessun altro lo sosteneva. I risultati finali mi sorpresero, come a molta altra gente.

Dopo lunghe ore nell'aereo, arrivai a casa esausta e con gli effetti del cambio d'orario. In questo momento manca poco perché siano le sei del mattino, ho una tazza di the in mano e stó leggendo quello che ho appena scritto. Trá poco i galli del mio vicino di Neerach incominceranno a cantare. Dalla finestra vedo che albeggia, il sole incomincia ad uscire timidamente. Sará un giorno luminoso. Usciró appena terminata mia tiepida bevanda e poi continueró a scrivere.

Sonoappena ritornata dopo pochi chilometri nel bosco. Un'ora e dieci minuti. Ho unagrande nostalgia; scriveró alle mie adorabili cugine dalle quali mi sonocongedata da poco. Riprendo la routine.

Con l'anima divisa in tréDove le storie prendono vita. Scoprilo ora