26. Mi piaci di più.

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Stringo gli occhi e mi beo il silenzio della notte che sovrasta completamente i miei pensieri e mi sembra quasi di sentire i muscoli rilassarsi al chiaro di luna.

«Insonnia?»
Sarebbe filato tutto liscio se una voce singolare, oggetto delle mie brighe mentali, non avesse interrotto questo momento.
Schiudo gli occhi e contemplo l'immagine divina del mio capo che mi si è piazzato davanti, coprendo con la sua altezza il riflesso della luna.
«No, ho voglia di perdere un po' di luna, magari mi abbronzo visto che con il sole fallisco miseramente», azzardo, stringendo le palpebre e ignorando totalmente il suo corpo statuario che mi supplica mentalmente di saltargli addosso.

Sbeffeggia sonoramente e anche se sfoggio una rigidità che non mi appartiene, la mia mente si imprime per bene il suo suono armonioso.
«Guarda che non funziona», asseconda la mia battuta, «la luce che la luna riflette non si avvicina minimamente alla quantità di energia dei raggi solari», ma dai?
Non lo avrei mai detto.
«Per farti capire, la luna puoi vederla ad occhio nudo, invece se guardi il sole anche per mezzo secondo, ti bruciano gli occhi».
«Grazie per la lezione di astronomia, Bruno», il suo respiro solletica la mia pelle.
Capto subito il segnale: quando riapro gli occhi, infatti, si è chinato sul busto e mi sta scrutando più da vicino.

«Hai provato a prendere una camomilla?», lascia scorrere i suoi occhi lungo il mio corpo, facendomi avvampare anche l'anima.
Torno a chiudere i miei occhi e mi sistemo meglio sulla sedia, cercando di respingere la mia concitazione: «Se è per questo ho anche contato le pecorelle. Non riesco a dormire».
«Le pecorelle», ripete, trattenendosi dallo scoppiare a ridere.
Boccheggio e lascio che i miei occhi penetrino nei suoi: «Beh, tu non lo hai mai fatto?»
Mi accosto al suo viso mantenendo lo sguardo di sfida, ma mi faccio fregare dai suoi occhi profondi come un pozzo, riducendo in modo vergognoso la mia espressione dura.

Silenzio.
Nell'aria echeggia solo il rumore dei nostri respiri ed un senso di impotenza mi assale lungo la schiena.
Tutto ciò che fa Bruno è indugiare sul mio viso non riuscendo a nascondere lo stesso desiderio che mi strazia il cervello ogni volta che siamo vicini.
Eppure, non fa nulla.
Argina immediatamente i suoi pensieri e drizza la schiena, assumendo una posizione eretta come una statua.
«No», la sua è una risposta secca e priva di ogni emozione.
Sollevo il mento per incontrare il suo sguardo che distoglie non appena scontra i miei occhi, sta tentando di schivarmi.
Non so se è bipolarismo.
O qualche altro disturbo.
«Neanche tu riesci a dormire?», la mia domanda riporta la sua attenzione su di me.
Si inumidisce le labbra con un gesto rapido e indolore.
Almeno per lui.
Io sento una fitta all'altezza dell'inguine.
E forse non è solo una fitta.
Sono gli ormoni.
Nega con la testa e sospira.
«Perché?»
«Pensieri», sono quasi sicura che non ha intenzione dirmi il motivo reale.

Che razza di risposta è?
Boh.

«Come sta Althea?», dico alzandomi.
«È ancora viva, per tua sfortuna. Ha preso solo una brutta storta», nel frattempo ho raggiunto la distanza minima, o quasi, tra di noi, «Deve stare a riposo almeno per cinque giorni».

Cinque giorni.
Una gioia.

«Non sarei stata felice se fosse morta. Okay, forse tra noi non scorre buon sangue, ma-»
La risata di Bruno non mi lascia proseguire,
«Lo so, Ambra. Ci mancherebbe»
Accenno un sorriso e non riesco a dire altro.
«Però lo so che non ti dispiace non averla in giro per qualche giorno», continua.
«Posso mentire?»
«Non lo sai fare», trattiene un sorriso tra le labbra,
«Forse l'unica bugia che ti è riuscita fino ad oggi, è avermi detto che odi la birra».
«Non è una bugia. La birra non mi piace», ammetto decisa, ma il mio capo forma un cipiglio sulla fronte e sembra voler scoppiare a ridere.
«Non c'è un filo logico tra quello che dici e quello che fai, Ambra», e lo fa.
Sorride divertito.
E manda il mio cervello in apoptosi.

Estate al Riva Bianca.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora