18. Colpa del vino.

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«Ho la nausea»
«Ti sei ingozzata di cibo, Ambra»
«E' stata colpa del vino che mi hai costretta a bere», contesto.
«Ti sbagli», insiste, ridendo di me e del mio mal di stomaco che mi costringe a piegarmi in due.
Lo fulmino con gli occhi, «Non ridere, Bruno. O ti vomito su quelle meravigliose scarpe», e non riesco a reggere troppo lo sguardo se ripenso che ho ballato con lui tutta la notte. Proprio come Cenerentola, con la sola differenza che non sono scappata.

«Vuoi alzarti da questa maledetta panchina e vai a dormire?», alzo gli occhi per incrociare di nuovo il suo viso stanco.
Sono le tre del mattino ed io non riesco a reggermi in piedi dal bruciore di stomaco, mentre il mio capo in piedi di fronte a me sta aspettando che io mi riprenda completamente.
«Non ci penso nemmeno, un passo che faccio e sono cotta. Vai tu», torno a guardare i suoi piedi.
«Vuoi che chiami un medico? Non possiamo stare qui tutta la notte»
Sono costretta a sollevare lo sguardo per l'ennesima volta, «Cosa c'è Bruno? Hai paura di fare cazzate?», e da come mi guarda avrà capito a cosa sto alludendo, «Hai bevuto una bottiglia di vino, quella spaventata dovrei essere io»
«Io reggo benissimo, fidati. Non corri nessun rischio», dice convinto, ma il suo sguardo si posa su di me con troppa tensione.
Gli concedo un'occhiata vaga.

E' un uomo, e come tutti gli uomini avrà degli ormoni da sfogare ogni tanto.

«Appunto, sei troppo sobrio. Non può succedere nulla, tranquillo», trattengo un conato di vomito.
«Guarda che non mi serve una bottiglia di Cabernet per farmi cedere. Quindi adesso ti alzi e andiamo via da qui prima che-», ma non termina la frase.

Che cosa volevi dire, Bruno? Perché non parli? Perché cazzo non mi dici cosa ti passa in quel fottuto cervello?

«Prima che, cosa Bruno?», incrocio il suo sguardo nella speranza che riprenda il discorso, ma si ostina a farmi una smorfia contrariata e si schiarisce la voce.
«Andiamo», si china rapidamente e afferra il mio corpo tra le sue braccia possenti.
E non riesco a dire più una singola parola, perché il suo profumo forte mi distrae ed il mio sguardo finisce sul suo collo perfetto, che vorrei sfiorare con le mie labbra fino a quando non fa mattino.

O per sempre, forse.

«Ti senti bene?», mi chiede quando non mi sente parlare per troppo tempo.
Rinsavisco e punto i miei occhi sul suo viso che guarda dritto. Non so dove siamo esattamente, ma lo sento muoversi sotto il mio peso e una voce dentro di me mi implora di chiedergli di portarmi con lui, nel suo alloggio e scordare questa vita, insieme.
«S-sì, tutto benissimo», mento spudoratamente.

Si limita ad annuire e continua a camminare, fino a quando non mi poggia con i piedi sulla terra ferma e capisco che il mio meraviglioso viaggio è già terminato.
Mi guardo intorno e posso capire che siamo di fronte alla porta del mio alloggio.
«Prendi qualcosa e va' a dormire, che domani ti voglio viva e vegeta», quindi mi lascia una carezza sul braccio, «Buonanotte, Ambra».

E lo ammetto ci rimango un po' male quando mi abbandona qui, dandomi le spalle per raggiungere il suo alloggio.

Perché Althea riesce sempre ad ottenere quello che vuole mentre io non merito neanche un bacio?

Insulto mentalmente me stessa quando per istanti interminabili fisso la sua porta che si chiude senza più riaprirsi. Ho davvero preso una bella cotta.
E fa più male del dolore nello stomaco, brucia più del conato di vomito che mi attraversa la trachea.

🍹🍹🍹

L'ultima volta che ho vomitato è stato qualche mese fa, quando Daria mi fece assaggiare la sua torta al cioccolato. Era bellissima e aveva un buon profumo. Il problema è che invece dello zucchero, mise il sale.

Estate al Riva Bianca.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora