29. Difficilissimo

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Sono seduta sul divano nero in finta pelle, osservando la parete bianca di fronte completamente priva di qualsiasi decorazione, se non un televisore schermo gigante.
E proprio in questo momento immagino le serate con Bruno a guardare film strappalacrime, stretti tra le braccia per poi finire a fare altro.
Ma poi la mia testa si ricorda che non accadrà mai e rimuovo il sogno.

Il tappeto sotto i miei piedi è bianco latte, pulito e ad occhio direi morbido.
Pulito fino a quando, senza volerlo, ci sfrego sopra una scarpa sporcandolo, ovviamente.
Mi giro verso la cucina e di Bruno neppure l'ombra, quindi mi affretto con una mano a risolvere il danno.
«Che cosa stai facendo accovacciata in quel modo?»
Sobbalzo quando la sua voce calda mi raggiunge alle spalle. Drizzo in piedi di fronte a lui.
Il mio capo, poco dietro il divano, tiene in mano due piatti.
Ha deciso di fermarsi per pranzo e riprendere il viaggio nella misteriosa direzione subito dopo.
«Non volevo. Te lo ripago».
Bruno mi guarda accigliato, così gli indico il tappeto sotto i miei piedi.
L'uomo, soggetto dei miei sogni proibiti sul suo divano di casa, sistema i piatti sul tavolo in vetro collocato al centro della stanza e mi raggiunge.
«Costerà moltissimo, posso immaginare», la mia voce trema, e osservo Bruno piegarsi sulle gambe per osservare meglio, «Però non preoccuparti, posso lavorare tutto il giorno senza essere pagata fino a quando sarà necessario».
Deglutisco quando il mio capo si rimette in piedi e si imprime sul volto un'espressione divertita.

«Scusa, davvero. Non v-»
Il moro avanza pericolosamente verso di me.
Non capisco se vuole uccidermi o, come l'ultima volta, baciarmi e poi scappare.
«Tu parli troppo, Ambra. Penso di avertelo detto più volte. Quel tappeto non mi piace».
L'agitazione si impossessa del mio corpo, Bruno mi guarda in modo strano.
Forse come mai ha fatto prima d'ora.

Ma stavolta non è affatto piacevole il suo modo di fare.
Sembra sul punto di saltarmi addosso.
Forse lo fa apposta, vuole solo mettermi alla prova.
Figuriamoci se i miei sogni diventano reali.
Ma semplicemente in questo momento io voglio solo delle risposte.
Niente di più.
Per ora, ovviamente.

«M-», indietreggio quando Bruno continua ad avanzare verso di me, «Mi spieghi cosa-cosa intendevi prima?»
Per fortuna ho la scusante del discorso interrotto qualche momento prima proprio dal mio capo, a cui piace sicuramente tenermi sulle spine.
Aveva troppa fame.
La mia domanda colpisce Bruno come un pugno in faccia, la sua adesso è un'espressione infastidita, serra la mascella e non mi guarda più negli occhi allo stesso modo.
L'uomo che fine ad un attimo fa sembrava provocarmi, adesso passa nervosamente la lingua sui denti e contorce il naso.

Passano almeno cinque minuti prima che possa compiere un paio di passi indietro e prendere posto sul divano.
«Non c'è niente da sapere», ma il suo tono di voce non mi rassicura per niente, «Era un modo di dire.»
Un modo di dire.
Una metafora.
Un segreto.
Tutto questo non è normale.
Bruno fissa le sue scarpe, segno che ha qualcosa da nascondere.
«Un modo di dire? Quante altre cazzate ancora vuoi farmi credere? Non sono stupida, Bruno. Ogni volta sembri o sul punto di lasciarti andare o di confessarmi qualcosa. E puntualmente non porti a termine nessuna delle due situazioni».
A quanto pare l'uomo, che adesso ha alzato lo sguardo nella mia direzione, sembra stupito dalle mie parole.
Ma non dice nulla, quindi continuo.
«Ho accettato di venire con te per avere delle risposte. Ne posso fare a meno delle tue stupide metafore o dei tuoi assurdi modi di dire. Dove sono finita, in un talent a premi? E cosa si vince? Una cena su uno yacht, magari con te?».

Il suo volto è un misto di emozioni contrastanti, vedo scorrerle una dietro l'altra. Ma non so quale di queste domina in lui.
Non riesco a decifrare un bel niente.

Estate al Riva Bianca.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora