30. Chi tace, acconsente.

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Ci sono due cose che odio al mattino.
La prima è il bagliore del sole che si infiltra nelle fessure della persiana, costringendomi ad aprire gli occhi dopo appena due ore di sonno.
La seconda è che dopo poco mi ritorna alla mente tutto quello che è accaduto il giorno prima.
All'inizio faccio fatica a capire se si è trattato solo di un brutto incubo, frutto di una fantasia che vaga fin troppo.

Ma proprio questa volta, mi basta girarmi dall'altra parte del letto per capire che no, non è stato solo un incubo.
È la verità.
Bruno è proprio qui accanto a me, che dorme tranquillo, dopo avermi praticamente detto che non ho speranze.
E la cosa che forse in questo momento mi fa più male, che mi mette più angoscia, è sapere che non posso fare nulla.
Doveva andare così.
Non voglio essere un rimorso.
Resto a guardare il suo viso perfetto, anche più del dovuto.
Immagino quante volte mi piacerebbe svegliarmi e trovarlo accanto a me, magari un po' più vicino, sentire il suo respiro sul mio collo e lasciargli baci ovunque. Invece, l'unica cosa che posso fare è guardarlo furtivamente, concedermi pochi secondi per lasciargli una carezza tra i capelli e respingere per l'ennesima volta quella parte di me che brama di possederlo.
Per mia fortuna ritiro in tempo la mano. Un attimo dopo, infatti, Bruno inizia a muoversi, segno che sta per svegliarsi.

Anche se chiudo gli occhi per non destare sospetti, percepisco ogni suo movimento. Il suo respiro diviene più regolare, emette qualche suono confuso, poi non sento più niente.
È morto?
Mi viene istintivo schiudere le palpebre e rendermi conto che invece si è solo accorto di me.
Bruno si sofferma sul mio viso, facendomi avvampare.
«Buongiorno», la sua voce calda avvolge ogni centimetro della mia pelle.
Accenno un sorriso, perché non so se sono ancora in grado di parlare.
«Come hai dormito nel mio letto?», chiede con una punta di malizia, che poteva risparmiarsi.
«Preferisco il mio», la voce roca mi suggerisce che non sono proprio un bel vedere.
Il mio capo sogghigna, e devo ammettere che lui sembra stato creato a regola d'arte.
Mai un capello fuori posto, una goccia di sudore, niente che possa farlo assomigliare ad uno zombie.
«Non sai mentire, già te l'ho detto», e mentre lo dice si distende, mettendo in evidenza fin troppo le sue forme, compreso il basso ventre, il che mette in mostra una V sinuosa che termina nel suo intimo, di cui si vede soltanto l'elastico con tanto di scritta Alviero Martini.
E vabbè.
Questo per me supera i limiti della sensualità.

Posso bearmi della splendida vista solo per poco, perché Bruno si catapulta giù dal letto e si infila in bagno.
Io ho il giusto tempo per riprendere fiato.

🍸🍸🍸

Apprezzo che un uomo come Bruno Manca, abituato a lussi di un certo spessore, si sia cimentato nel preparare una colazione variabile.
E questo solo perché ci teneva a non farmi morire di fame.
Sul tavolo in soggiorno ci sono diverse cose, dalle uova strapazzate ai classici cornetti.
Mentre io prendo posto, lui aspetta che il caffè sia pronto.
Per quanto mi dispiaccia, la sua scelta di mettersi dei vestiti più coprenti è stata molto saggia.
Da qui, la vista è spettacolare.
La finestra enorme che dà direttamente sul centro storico di Olbia, mette una tranquillità inesauribile.

Mi sembrava alquanto impossible, invece posso dire che per la prima volta in assoluto, siamo riusciti a non discutere.
Questa è la versione che preferisco del mio capo, senza filtri, che si concede uno sbadiglio più indecoroso o semplicemente che cammina scalzo per casa.
Non mi dispiace.
Rientra più nei miei canoni.

Dopo aver fatto una gustosa colazione, provvede anche a rimettere tutto in ordine, infatti il risultato è impeccabile.
«Passo a rifornire il carburante, nel frattempo puoi fare una doccia e prendere dei vestiti comodi», Bruno infila le sue immancabili scarpe nere e recupera le chiavi dell'auto, «Fai come se fossi a casa tua».
Prima di chiudersi la porta alle spalle, mi concedo un'occhiata del suo fondoschiena messo in evidenza dai pantaloni bianchi.
Non troverò pace se continuo ad immaginarlo senza vestiti.
Maledetti tutti i malvagi della Sardegna.
«Mi farai morire», penso a voce alta, quando ormai sono sola.

Estate al Riva Bianca.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora