Probabilmente

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"Ti ho mandato un sacco di messaggi, idiota che non sei altro. Ero preoccupato, un giorno mi farai morire di crepacuore."

Sorrisi, e poi andai a lasciare a Lele un bacio sulla guancia, facendolo rimanere di stucco. "Avevo il silenzioso, e non devi sempre stare tanto in pensiero per me, ho le spalle larghe, più o meno."

"Le tue spalle sono due stuzzicadenti. Comunque, sei di buon umore, vedo. Non mi abituerò mai a questi cambi repentini, fino a due giorni fa sembravi pronto ad uccidermi."

"Mi conosci, mʼincazzò facilmente ma poi mi passa subito, e comunque, il fatto che Luce abbia ripreso a parlare anche con me potrebbe aver aiutato a farmi accettare il vostro rapporto fatto di gocciole e abbracci vari." Spiegai, mentre lui metteva in pausa il film per ascoltarmi meglio.

"Beʼ, certo. Potrebbe." Mi prese in giro. "Sai di avere un sorriso che ti va neanche da un orecchio allʼaltro, ma ti fa direttamente il giro della testa? Vuoi dirmi che hai fatto fino a questʼora?" Gli cadde lʼocchio sulle mie mani sporche, e sembrò capire da solo. "Certo, eri ad imbrattare i muri, però non ti ho visto lo zainetto."

"Lʼho lasciato allʼingresso." Risposi, per poi sprofondare sul divano accanto a lui. "Lè, non mi sono mai sentito... così, con una persona che non fosse uno di voi."

"Deduco che fossi con Luce." Fece quasi cadere la sua mandibola a terra, voltandosi lentamente nella mia direzione. "Oh mio Dio. Eri con lei. A fare i graffiti." Elaborò, scioccato. "Tu non lasci mai venire nessuno, te lʼho chiesto decine di volte e mi hai sempre risposto nemmeno per sogno, mi deconcentreresti e basta."

"È così, sei troppo logorroico. Lei è stata semplicemente in silenzio ad ammirarmi."

"Ad ammirare te, ovviamente. Non il tuo lavoro."

"Entrambi." Feci spallucce. "Sono bravino, sai, e credo anche discretamente figo, mentre lo faccio." Lele roteò gli occhi, ormai rassegnato. "Comunque, prima di iniziare le ho parlato, ed è stato così bello. Sai, della mia passione per il disegno, intendo, e lei era participe, mi ascoltava, voleva sapere di più, cioè sembrava estremamente interessata. Non so perché questo mi faccia stare così bene, è una cazzata. Mi sono rincoglionito, secondo te?"

"No." Rise, scuotendo la testa. "Credo solo che iniziare ad aprirti ti stia facendo bene, per questo stai così. Non lasci mai che nessuno distrugga totalmente la tua corazza, ma forse una volta tanto sta succedendo, e per questo ti senti più leggero."

Corazza.

Accarezzai quella parola con la mente, mentre quasi riuscivo a riascoltare ciò che Luce mi aveva detto.

Le avevo dato libero arbitrio, consegnandole il mio preziosissimo quadernino degli schizzi, per poi chiederle di sceglierne uno.
Volevo ritrarre qualcosa che le suscitasse emozione, e perciò che fosse in qualche modo nostro.
Aveva scelto un disegno particolare, diverso dai miei soliti mostri macabri o doodles.

Era un astronauta che teneva una rosa in pugno, e lʼavevo buttato giù una notte, totalmente a caso, senza una vera motivazione, senza dargli una particolare interpretazione.

Ma a quello aveva pensato lei.

"Siamo noi, rinchiusi nelle nostre tute per proteggerci, in questo caso non dallʼatmosfera, ma dagli altri. Portiamo il casco e le imbottiture, perché ci terrorizza lʼidea di farci male. E le rose rosse sono la rappresentazione dellʼamore, no? Non sono dei fiori che mi fanno impazzire, onestamente, li trovo un po' banali, però in questo contesto funzionano. Abbiamo la nostra corazza ma comunque vogliamo essere amati, perciò stringiamo tra le mani il simbolo dellʼamore."

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