Testa rotta

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"E vorrei dirti tante cose
Dirti che hai ragione, che ho paura dellʼamore,
Me lo vuoi insegnare?
Vorrei essere normale,
Per darti delle rose"



"Sei tornato?"

Mi sfilai le scarpe e mi buttai sul letto, portandomi un braccio sugli occhi.

"Evidentemente." Risposi, con un tono ovvio. "Tu che fai qui?"

Sentii Lele muoversi, e percepii dalla sua voce che doveva essersi alzato a sedere. "Gian è uscito, e Valerio si è preso il mio posto. Niente di nuovo."

"Si è preso il tuo posto? Sei tu piuttosto che vuoi farglielo prendere, perché adori dormire con me."

"Tu sei piccolo e mi lasci quasi tutto il letto." Confessò, come se non lo sapessi già. "Il mio invece è minuscolo."

"Mh. Non mi chiedi com'è andata?"

"Aspettavo che me lo dicessi tu. Ma comunque vedo che, al contrario delle tue sciocche previsioni, sei vivo."

Sospirai, tirandomi su per essere alla sua stessa altezza così da poterlo finalmente guardare in faccia.
"Per un soffio. Credevo che il fratellino mi avrebbe messo il cianuro nel bicchiere. Si ricordava anche di te."

"Di me?"

"Sì! Di quando gli hai scritto perché Luce non ci rispondeva, ricordi? Capisci quanto è psicopatico?"

"Ma no." Ridacchiò il mio amico. "Non è psicopatico, solo deve tenerci molto, ecco tutto. E poi?"

"E poi nulla, si è calmato quando abbiamo giocato alla Play, invece a calmare il papà ci ha pensato sua madre. È così carina, mi ha dato delle lasagne da portare a casa."

"Come hai fatto a tornare in skate se avevi un busta con dentro le lasagne?"

"Le, ma sei stupido?" Domandai, stringendomi il ponte del naso. "È tardi, e appunto, avevo la busta. Perciò è ovvio che io abbia preso un taxi, che dici?"

"Oh." Sgranò gli occhi, come se stesse realizzando in quell'istante. Che mongolo.

"Già, oh." Gli feci il verso. "Ma dov'è Gianni? Non mi aveva detto che sarebbe uscito."

Sbadigliò, facendomi segno con la mano di aspettare, e una volta che ebbe finito si degnò finalmente a parlare. "Ha deciso all'ultimo momento di organizzare una sorpresa a Marta, non ho ben capito. Le ha stampato delle foto, preso delle rose e l'ha portata fuori a cena, poi si fermavano in hotel da soli." Mi spiegò, sfregandosi gli occhi. "Tu piuttosto, vai a farti una doccia oppure ti caccio dal tuo stesso letto. Circolare."

"Cosa? Ma non puzzo." Frignai, stanco. "Non posso dormire così? Per favore, Le."

"Niente Le e niente labbruccio. Lavati e infilati degli altri vestiti, altrimenti te ne vai sul divano, le lenzuola sono pulite."

Lo ascoltai sbuffando, buttai i miei capi in lavatrice, dopodiché mi diressi sotto il getto dell'acqua calda.

Appoggiai la fronte al muro, pensando di nuovo a quanto sarebbe stato semplice schiudere le labbra e sussurrare un misero ti amo, Luce.

A quanto fossi codardo e spaventato all'idea di essere vulnerabile.

Pensai a Gianmarco, a come dovesse essere non avere paura di esprimere le proprie emozioni e compiere gesti romantici quasi da film.

Perché per quanto mi facessero vomitare, agli altri, sembravano piacere.

Forse, dopotutto, nonostante avesse imparato ad accettarmi per quello che ero, a Luce mancava essere corteggiata in quel modo.
Forse dovevo smettere di amarla nella maniera che più mi faceva comodo, e andarle in contro, sorprendendola.
Forse ero un pessimo ragazzo e non me la meritavo.

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