Defenceless

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“Un tempo gli uomini erano esseri perfetti, non mancavano di nulla e non v’era la distinzione tra uomini e donne.
Erano uniti in un solo corpo proprio come una mela, si bastavano ed insieme erano forti e potenti.
Ma Zeus, invidioso di tale perfezione, li spaccò in due: da allora ognuno di noi è in perenne ricerca della propria metà, trovando la quale sarà in grado di tornare all’antica perfezione.

-Platone, Il mito della metà

Ma per quanto tenti di ricomporre la sua mela,
l’uomo non riesce quasi mai a ricongiungersi con la sua metà perfetta.
Forse, la maggior parte 
di noi non sarà mai in grado di incontrarla, ma chi puo’ dire che anche con quella metà non perfetta, non si possa essere felici?
L’amore forse è proprio l’incontro di due metà imperfette, che insieme sanno dare vita a qualcosa di meraviglioso.






Perché voi donne ci mettete così tanto?”

“Io sono una donna, stronzo. Eppure me ne sto qui seduta con te.” Mi rimbeccò Clarissa, tirandomi uno schiaffettto sul collo. “E poi, tu e Luce siete arrivati con la valigia già fatta, credo che lei stia semplicemente aiutando Berenice a scegliere cosa portare.”

“Anche io ho una marea di vestiti, ma faccio i bagagli nella metà del tempo che ci mette nostra sorella.” Proseguii, sbuffando.  “È sempre il solito fottuto posto in Sardegna da tutta la vita, non incontreremo né Shawn Mendes né Johnny Depp laggiù.”

“La speranza è l’ultima a morire, fratellino.” Rise, allungando le gambe su di me anziché sul divano sul quale stavamo ormai da un poʼ.

“Clarì, per favore.” Mi lamentai, mentre lei metteva il muso. “Si muore di caldo.”

“Non cambi proprio mai. Nemmeno ora che hai quella ragazza meravigliosa riesci ad ammorbidirti un pochino. Mi domando davvero come faccia.”

“Chiedilo a lei.” Sorrisi involontariamente, perché proprio non lo sapevo. Non avevo idea di come avesse fatto in quei mesi a tollerarmi, a starmi sempre vicino e ad imparare a comprendermi come forse nemmeno i miei familiari erano riusciti a fare.

“Che le hai regalato per il compleanno?”

Cambiai posizione, perché per quanto stupido potesse sembrare, mi sentivo a disagio. “Me stesso in tutta la mia perfezione e dei fuochi d’artificio.”

“Non me la bevo.” Mi scoprì all’istante. “So dei fuochi d’artificio, mi avevi accennato di averle organizzato una cosa del genere, ma sono sicura che c’è altro. Sei troppo puntiglioso per non averle fatto un vero e proprio regalo da scartare.”

“Che palle.” Imprecai, colto sul fatto. “Sei così fastidiosa, okay. Quel ciondolo che ha al collo, l’hai visto? Si apre, e dentro c’è un disegno minuscolo di un astronauta con un mazzo di rose in mano. Prima che tu lo chieda, sappi che è una cosa nostra che non ti spiegherò.”

“D’accordo, non insisto.” Alzó le mani. “Però è carino che tu le abbia fatto qualcosa di personalizzato. Allora mi sbagliavo, ti sei ammorbidito almeno un po’.”

“Ammorbito un cazzo. Questa conversazione finisce qui.” Mi alzai, dirigendomi al piano di sopra, stanco morto di starmene lì immobile come una pianta grassa, e per di più subendomi lʼinterrogatorio.

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